Franzo G., Tucciarone C.M., Catelli E., Cecchinato M.
La bronchite infettiva rappresenta una delle malattie infettive più rilevanti per l’allevamento avicolo, essendo responsabile di ingenti perdite economiche ascrivibili principalmente a sindromi respiratorie e riproduttive, diminuzione della produttività e aumento della mortalità. Sebbene l’accurata gestione delle misure di biosicurezza e dell’allevamento in generale siano fondamentali per limitare la malattia, il suo controllo è ricercato principalmente tramite la diffusa somministrazione di vaccini.
Sfortunatamente, come altri Coronavirus e virus a RNA+ il virus della bronchite infettiva (IBV) presenta un elevato tasso di mutazioni e di ricombinazione (Duffy et al., 2008,Thor et al., 2011). Ciò ha portato all’emergere di una molteplicità di varianti genetiche e antigeniche la cui cross-protezione è spesso limitata (Sjaak de Wit et al., 2011). IBV in Italia si caratterizza per un elevato impatto economico, elevata prevalenza ed eterogeneità dei genotipi presenti. Sebbene comunemente vengano identificati 5 genotipi (i.e. QX (72%), seguito da 793/B (16%), Mass (8%), Q1 (3%) e D274 (1%)) (Franzo et al., 2014), il QX è di gran lunga quello più frequentemente associato a sintomatologia clinica e, con ogni probabilità, l’unica variante di campo rilevante. Sebbene lo sviluppo di vaccini basati su genotipi omologhi sia spesso impraticabile, è stato dimostrato come l’immunizzazione con vaccini diversi, basati su genotipi differenti, determini significativi benefici in termini di ampliamento dello spettro di protezione nei confronti di altri stipiti (Cook et al., 1999). Anche in Italia i protocolli vaccinali si sono conformati a questa teoria; i polli da carne in passato sono stati vaccinati con un vaccino basato sul genotipo Mass in incubatoio seguito da un richiamo con il genotipo 793B, solitamente a due settimane di vita, somministrato in acqua da bere. Recentemente è emersa una tendenza verso la somministrazione dei 2 vaccini a un giorno di vita. Tuttavia, i costi associati alla vaccinazione e rischi di reazioni vaccinali hanno indotto diversi gruppi a sospendere o modificare i protocolli vaccinali nei confronti di IBV . In un recente studio è stato possibile dimostrare come questo abbia avuto un forte impatto sulla prevalenza dei genotipi circolati, portando alla sostanziale scomparsa del genotipo 793B, di conseguente probabile origine vaccinale (Franzo et al., 2014). Tuttavia, il reale effetto di questi interventi sulle dinamiche della popolazione virale non è stata mai analizzato in dettaglio.
Sebbene diversi studi sperimentali abbiano dimostrato l’efficacia della vaccinazione Mass+793B nel controllare l’infezione da QX (Terregino et al., 2008), la generalizzabilità di questi studi alle condizioni di campo deve essere fatta con cautela. Di contro, la raccolta della mole di dati necessaria per studi epidemiologici accurati è spesso resa impossibile da limiti economici e di fattibilità. Fortunatamente lo sviluppo di un adeguato background teorico e matematico ha permesso lo sviluppo di modelli in grado di ricostruire le caratteristiche evolutive e la storia demografica delle popolazioni di virus ad alto tasso evolutivo a partire dall’analisi delle loro sequenze, un metodo dimostratosi efficace per lo studio di diverse malattie di interesse umano e animale (Rodrigo and Felsenstein, 1999,Nelson et al., 2015,Lemey et al., 2009,Franzo et al., 2016).
Nel presente studio tale approccio è stato utilizzato per valutare l’effetto della sospensione e reintroduzione della vaccinazione con il genotipo 793B sulle dinamiche di popolazione del genotipo QX in Italia e sulla frequenza degli episodi di sintomatologia clinica da esso indotti.