Bert E., Appino S., Cerruti Sola S.

Parole chiave: malattia del becco e delle penne (PBFD), pappagalli, PCR

La malattia del becco e delle penne degli psittacidi (Psittacine Beak and Feather Disease) è stata descritta per la prima volta nella metà degli anni settanta nei pappagalli del Sud del Pacifico (5). La
patologia ha un andamento cronico ed è caratterizzata da distrofia e perdita delle penne, accrescimento abnorme del becco con fratture e necrosi del palato.
L’esito della malattia è quasi sempre infausto (8).
L’eziologia virale della PBFD è stata dimostrata tramite la trasmissione naturale e sperimentale della patologia (3). Nei preparati istologici delle penne e dell’epitelio dei follicoli delle penne si osservano corpi inclusi intracitoplasmatici e intranucleari basofili che al microscopio elettronico si presentano come strutture paracristalline costituite da particelle virali (3,8).
Il virus appartiene alla famiglia Circoviridae, ha un diametro che va dai 14 ai 17 nm, icosaedrico, senza envelope. Il DNA virale è di 1,7 – 2,0 kb, a catena singola e circolare (1,9). La diagnosi della PBFD non può essere eseguita basandosi sui segni clinici, poiché numerosi altri agenti eziologici possono determinare lesioni simili. Indagini istopatologiche possono essere effettuate per individuare la presenza di corpi inclusi prodotti da PBFD nell’epitelio dei follicoli delle penne, ottenuto da biopsia. Benchè il reperto di corpi inclusi sia considerato diagnostico, alcuni autori hanno verificato che corpi inclusi simili a quelli causati da PBFD si rinvengono anche in caso di infezioni da adenovirus e polyomavirus (7). Altre tecniche diagnostiche sono state sperimentate da diversi autori, quali indagini in microscopia elettronica a trasmissione, metodiche di immunoistochimica, di ibridazione in situ, e ancora tecniche sierologiche quali l’emoagglutinazione e l’inibizione dell’emoagglutinazione (2,6,8). Secondo Ritchie (1995), il metodo che offre maggior sensibilità e specificità per la diangosi della PBFD è rappresentato dalla ricerca del DNA virale tramite sonde o la PCR (polymerase chain reaction).
Il test di PCR è stato sperimentato sia in USA (4) che in Australia (9). L’obiettivo di questo lavoro è mettere a punto, nel nostro laboratorio, un test di PCR che permetta di individuare gli animali colpiti da PBFD.