Franzo G., Legnardi M., Grassi L., Houta M. H., Hassan K. E., Tucciarone C.M., Abdel-Moneim A.S., El-Sawah A.A., Ali A., Cecchinato M.
Il virus della bronchite infettiva (IBV) è attualmente classificato nella specie Avian coronavirus, genere Gammacoronavirus, famiglia Coronaviridae [1]. Presenta un genoma a singolo filamento di RNA a polarità positiva di circa 27kb con la seguente organizzazione: 5’UTR-ORF1a/b-S-3a-3b-E-M-4b-4c-5a-5b-N-6b-3’UTR. Il gene S, codificante per la proteina Spike, è largamente il più studiato. Tale proteina infatti gioca un ruolo fondamentale nella biologia del virus, mediandone l’adesione e la fusione alle cellule dell’ospite, oltre a rappresentare il principale target della risposta anticorpale neutralizzante. In aggiunta, in funzione della sua notevole variabilità genetica, si presta all’esecuzione di studi di epidemiologia molecolare nonché alla classificazione dei diversi ceppi [2,3].
A partire dalla sua prima identificazione negli anni 30, IBV è stato identificato a livello mondiale, rivelando una ragguardevole variabilità genetica e fenotipica, dovuta al rapido tasso di mutazione (10^-3-10^-5 sostituzioni/sito/anno) e ricombinazione che lo caratterizza [2,4,5]. Ciò ha portato all’emergere di diversi stipiti contraddistinti da differenti caratteristiche biologiche e spesso scarsa cross-protezione. Tra i criteri di classificazione introdotti nel tempo, quello attualmente più utilizzato si basa sull’analisi filogenetica e delle distanze genetiche della porzione S1 del gene S. Sulla base di questo schema sono attualmente riconosciuti 8 genotipi (da GI a GIII), a loro volta suddivisi in lineaggi [3]. Il lineaggio GI-23, anche noto come Variante2, è attualmente uno dei più diffusi e rilevanti. Inizialmente descritto in Medioriente circa 2 decadi fa, si è diffuso in diverse altre regioni inclusa dell’Africa, Asia ed Europa [6]. Nonostante la rilevanza di questa variante e le preoccupazioni che ha suscitato fra allevatori e veterinari, non sono ad oggi disponibili analisi formali volte a ricostruirne l’origine, l’evoluzione e i pattern di diffusione. Le analisi filodinamiche, combinando diversi approcci statistici, possono essere utilizzate per comprendere come la storia, l’evoluzione e l’epidemiologia di un virus ne plasmino, di fatto, il genoma e quindi la filogenesi. In questo modo, dallo studio delle sequenze virali è possibile ricostruire diversi parametri e aspetti che hanno caratterizzato la popolazione virale nel corso del tempo. In particolare, in questo studio è stata effettuata un’approfondita analisi mirata a studiare l’epidemiologia, i pattern di evoluzione e ricombinazione, le dinamiche di popolazione e le vie di diffusione del GI-23. Il ruolo della gestione degli animali, delle strategie di controllo e fattori socio-economici sono stati inoltre considerati per valutarne il potenziale impatto nella storia di questo virus.