D. Giovanardi, E. Campagnari, R. L. Sperati, G. Ortali, V. Furlattini, P. Pesente

Parole chiave: APEC, fattori di virulenza, PCR

La colibacillosi è una delle principali cause di mortalità negli allevamenti avicoli con alte perdite economiche. I ceppi patogeni di Escherichia coli aviari (APEC, Avian Pathogenic Escherichia coli) causano una varietà di lesioni come polisierosite, aerosacculite, pericardite, peritonite, salpingite, sinovite, osteomielite e infezioni del sacco vitellino (4). La via di infezione più comune è quella respiratoria frequentemente seguita da setticemia (6). Sebbene E.coli sia presente nella normale microflora ambientale e del tratto intestinale del pollo, certi ceppi esprimono uno o più fattori di virulenza in grado di causare malattia (4).
Storicamente la patogenicità dei ceppi APEC è stata ricercata mediante tipizzazione sierologica del ceppo isolato in quanto, a seconda degli autori, i sierotipi più frequentemente riscontrati (O1, O2, O78) erano presenti nel 15-61% dei casi di colibacillosi (1).
Negli ultimi anni sono state approfondite le conoscenze sui fattori di virulenza degli APEC dimostrando come essi utilizzino differenti meccanismi di azione rispetto agli E.coli responsabili delle forme
enteriche dei mammiferi.
Tra i fattori di virulenza maggiormente studiati e documentati in bibliografia vi sono: le fimbrie di tipo 1 (3), il Tsh (Temperature-sensitive haemoagglutin) (2), le fimbrie di tipo P e il sistema aerobactina (5).
Le fimbrie di tipo 1 e il Tsh sono dei fattori di adesione in grado di permettere la colonizzazione degli APEC alla trachea (fimbrie) ed ai sacchi aerei (Tsh).
La resistenza, nel torrente circolatorio, all’azione del complemento e alla fagocitosi macrofagica, è conferita dalle fimbrie di tipo P e dai lipopolisaccaridi capsulari (LPS). Il sistema aerobactina permette a E.coli di acquisire il ferro libero ematico che altrimenti non sarebbe presente in concentrazione sufficiente per la sua sopravvivenza.
La biologia molecolare ha individuato le sequenze geniche di questi fattori di virulenza e, con il presente lavoro, si intende caratterizzare con PCR (Polimerase Chain Reaction) la loro distribuzione in alcuni allevamenti del nord Italia considerando il loro valore diagnostico a supporto di quello fornito dalla batteriologia tradizionale.