A. Baiano, L. Dipineto, G. Matteoli, A. Argenio, A. Piccirillo, L.F. Menna, A. Fioretti
Parole chiave: Reperti autoptici, CRAS, uccelli selvatici, uccelli rapaci
Gli uccelli rapaci, in quanto predatori e quindi al vertice della catena alimentare, sono importanti indicatori, nonché vittime, della degradazione ambientale, degli abusi e degli errori commessi nella gestione di aree un tempo incontaminate. Considerati da molti, erroneamente, nocivi e pericolosi sono stati sottoposti ad una caccia indiscriminata. Inoltre, con l’avanzare dell’urbanizzazione, si sono persi i loro abituali luoghi di nidificazione, come nel caso del falco di palude (Circus aeruginosus) per il progressivo prosciugamento delle aree umide. Ad aggravare la situazione, contribuisce spesso la triste e recidiva insensatezza di alcuni cacciatori e bracconieri che non esitano a sparare su questi animali protetti favorendone l’estinzione (3). Fortunatamente, nel tentativo di controbilanciare la situazione generale, operano in Italia numerosi Centri di Recupero per Animali Selvatici (CRAS), i quali, assieme ad altre associazioni volontarie (LIPU, WWF) contribuiscono alla cura ed alla riabilitazione degli uccelli selvatici feriti. Purtroppo, il futuro e le sorti di tali volatili, come dei centri di recupero e delle altre strutture protezionistiche, sono strettamente dipendenti dall’evoluzione e dallo sviluppo delle ricerche scientifiche su queste specie. Tale indagine vuole fornire un quadro delle lesioni anatomo-patologiche di più frequente riscontro e valutare la presenza di agenti patogeni in carcasse di uccelli selvatici, al fine di evidenziare le cause di malattia e decesso nell’avifauna selvatica. Inoltre si vuole fornire utili indicazioni ai Centri di Recupero per ottenere una valutazione prognostica più precisa ed evitare così inutili sofferenze agli animali irrecuperabili.