Taddei R., Tosi G., Boniotti M.B., Casadio M., Fiorentini L., Fabbi M., Massi P.

Il virus della Bronchite Infettiva A viare (IBV) è un coronavirus, prototipo della famiglia Coronaviridae, con genoma RNA a singolo filamento e provvisto d’envelope. E’ causa della  bronchite infettiva aviare (BI), patologia largamente diffusa e responsabile di elevate perdite economiche nell’allevamento intensivo del pollo. Si tratta di una malattia altamente contagiosa, caratterizzata da sintomi e lesioni respiratorie, che in alcuni casi può interessare anche gli apparati gastrointestinale ed uro-genitale causando nefropatologie con alta mortalità e/o problemi alla deposizione e alla qualità del guscio dell’uovo nelle galline ovaiole. Il genoma del virus codifica per 4 proteine strutturali tra le quali la proteina S, ed in particolare il frammento S1, è la parte più esposta del virus che interviene nell’attacco alla cellula ospite, comprende la maggior parte dei determinanti antigenici ed è pertanto responsabile della formazione di nuove varianti. Il sequenziamento nucleotidico e l’analisi genetica di questa regione forniscono un metodo veloce ed accurato per la genotipizzazione di IBV , oltre ad uno strumento efficace per lo studio dell’epidemiologia molecolare del virus.
Il sierotipo Massachussets della BI è stato isolato per la prima volta in Europa negli anni ’40 (Cavanagh & Davis, 1993) mentre Petek, Paparella & Catelani, e Galassi descrissero contemporaneamente la BI per la prima volta in Italia nel 1956.
L ’andamento della malattia nel nostro paese, riguardo la prevalenza e la gravità, è stato fluttuante negli anni. Alla virosi primaria respiratoria inizialmente osservata, a partire dagli anni ’60 si aggiunse la sindrome “nefrite/nefrosi” dovuta a ceppi nefropatogeni ( Pascucci et al., 1990). A questo periodo risale infatti la prima segnalazione di un nuovo sierotipo in Italia: il ceppo nefropatogeno 1731PV (Rinaldi et al., 1966). Durante gli anni ’70 la BI si è andata gradualmente attenuando,  Zanella segnalava in quegli anni la notevole diffusione del ceppo nefropatogeno AZ23/74 ( Zanella, 1976). All’inizio degli anni’80 si assiste invece ad una sensibile ripresa della malattia e durante tutto il decennio si sono moltiplicati gli isolamenti di ceppi differenti, tra i quali il 3794/Fo/83 (Pascucci et al., 1986a) associato a gravi forme respiratorie, ed utilizzato anche nei prodotti vaccinali. Negli anni ‘80 sono state isolate con una certa frequenza le varianti tipizzate in Olanda: il ceppo D207 (anche conosciuto come D274) ed il D212 (meglio conosciuto come D1466). In particolare, il sierotipo D274 risultava essere anche il più diffuso in alcuni paesi dell’Europa occidentale all’inizio e alla metà degli anni ’80 (Cook, 1984; Develaar et al., 1984).
Il genotipo 793/B fu identificato per la prima volta in Inghilterra nel 1990/91 (Gough et al., 1992; Parsons et al., 1992), ma la sua presenza è stata retrospettivamente dimostrata in Francia a partire dal 1985 (Cavanagh et al., 1998), mentre nei primi anni ’90 fu isolato anche in Messico e Tailandia (Cook et al., 1996).
Il sierotipo 624/I fu inizialmente descritto nel 1993 associato a forma respiratoria nel broiler (Capua et al., 1994), la successivamente caratterizzazione molecolare ha confermato che si  di trattava un nuovo genotipo (Capua et al., 1999). Questo lavoro rappresenta uno studio retrospettivo sui ceppi circolanti sul nostro territorio negli anni ’60, ’70 e ’80, per comprendere meglio e per la prima volta in maniera così estesa, la variabilità genetica della popolazione di IBV presente di quegli anni.