Franzo G., Legnardi M., Tucciarone C.M. Drigo M. , Martini M., Cecchinato M.

La Bronchite infettiva (BI) è una malattia infettiva di primaria importanza per l’avicoltura, essendo responsabile di rilevanti perdite economiche a livello mondiale.
L’agente eziologico, avian infectious bronchitis virus (IBV) è un membro della specie Avian coronavirus, genere Gammacoronavirus, famiglia Coronaviridae.
Come gli altri membri della famiglia, si caratterizza per una grande variabilità antigenica e fenotipica, conseguente all’alto tasso di mutazione e di ricombinazione. Le conseguenze di questa variabilità sono particolarmente evidenti nel caso dello Spike virale (ed in particolare della sub-unità SI), proteina strutturale implicata nel tropismo cellulare, nel legame recettoriale e nell’induzione dell’immunità cellulare e umorale neutralizzante (Jackwood et al. , 2012). La grande variabilità genetica dell ‘SI è stata inoltre sfruttata per la classificazione di IBV in genotipi e lineage, i quali possono differire significativamente per proprietà biologiche, immunologiche e distribuzione geografica (Valastro et al., 2016).
Le implicazioni per il controllo della malattia sono oramai ben note. Attualmente, il controllo della malattia si basa in massima parte sull’uso della vaccinazione. Tuttavia, le peculiarità fenotipiche dei diversi genotipi o addirittura di specifici ceppi esitano frequentemente in fenomeni di limitata cross-protezione, richiedendo l’uso di combinazioni di vaccini al fine di aumentare lo spettro di protezione e lo sviluppo di nuovi vaccini, per fronteggiare l’emergenza o l’introduzione di nuovi genotipi (Cook et al. , 1999).
Sebbene questo scenario sia ampiamente assodato, le reali forze implicate nell’evoluzione di IBV sono tuttora poco conosciute. Infatti, un elevato tasso di mutazione o ricombinazione non si traduce automaticamente in un’elevata variabilità biologica: acciocché nuove varianti fenotipiche possano persistere e diffondersi queste devono essere favorevolmente selezionate dall’ambiente. E facilmente intuibile come l’immunità dell’ospite, sia essa naturale o di origine vaccinale, possa rappresentare uno dei maggiori fattori in grado di condizionare l’evoluzione virale. Nel caso di IBV sembrano sussistere diverse condizioni affinché l’immunità vaccinale possa condizionare l’evoluzione virale, selezionando specifici ceppi e favorendo l’emergere di nuove varianti. L’applicazione massiva e precoce della vaccinazione e l’elevato turn-over degli animali determinano la replicazione e l’evoluzione virale in un “ambiente” condizionato essenzialmente dall’immunità vaccinale, piuttosto che da quella naturale La protezione solo parziale indotta dai vaccini attualmente disponibili permette con una certa frequenza la circolazione, anche prolungata, di ceppi di campo in allevamenti vaccinati e potrebbe ulteriormente favorire la selezione di vaccine-escape variants. Sebbene teoricamente plausibili, conferme sperimentali a supporto di tale ipotesi nel caso di IBV sono, ad oggi, mancanti (Read and Mackinnon, 2010).
II presente lavoro si propone di studiare l’impatto della vaccinazione sull’evoluzione dei ceppi di campo del genotipo QX (lineage GI-19), beneficiando del particolare scenario determinatosi in Italia. Un radicale cambiamento nelle strategie di controllo ha infatti interessato una parte rilevante delle aziende del Nord Italia, permettendo di dividere chiaramente il periodo dello studio in una fase precedente e successiva all’introduzione della vaccinazione omologa nei confronti di questo genotipo(Franzo et al., 2016).