Grassi L., Legnardi M., Franzo G., Menandro M.L., Tucciarone C.M., Minichino A., Dipineto L., Fioretti A., Cecchinato M.
Il genere Circovirus, appartenente alla famiglia Circoviridae, include più di 40 specie di virus icosaedrici, sprovvisti di envelope e caratterizzati da un genoma a singolo filamento circolare di DNA dalla lunghezza compresa tra 1700 e 2300 basi. Viste le dimensioni particolarmente ridotte, vengono considerati come i virus a DNA più piccoli in grado di infettare mammiferi ed uccelli (1). I circovirus di interesse aviario sono stati isolati da diverse specie e, nonostante le molte similarità, sono solitamente caratterizzati da una spiccata specie-specificità. La via di trasmissione principale è quella orizzontale, strettamente correlata alla notevole resistenza delle particelle virali in ambiente, ma in alcuni casi è stata descritta anche la trasmissione verticale. L’ingresso del virus avviene tipicamente tramite ingestione, a cui fa seguito un’infezione del tratto intestinale con conseguente viremia e diffusione ad altri tessuti e organi. L’escrezione virale avviene soprattutto per via fecale. Lo spiccato epiteliotropismo e linfotropismo fa sì che la sintomatologia si possa manifestare con alterazioni del tegumento e/o stati immunodepressivi (2). La specie di circovirus più studiata in ambito aviare è sicuramente beak and feather disease virus (BFDV), responsabile di una malattia nota già alla fine dell’800 e strettamente associata all’ordine degli Psittaciformi. In una fase iniziale, la malattia si manifesta clinicamente con perdita e alterazione/deformazione delle penne a cui fanno seguito anche possibili deformità del becco, da cui deriva il nome di questo agente eziologico. Una manifestazione clinica meno appariscente, ma ugualmente associata alla presenza di questo virus, si evidenzia in giovani animali con crescita rallentata, deperimento e infezioni batteriche secondarie, conseguenti all’azione immunosoppressiva indotta dal virus (3). Altre specie di circovirus sono causa di malattia in specie aviari non appartenenti all’ordine degli Psittaciformi. Anche in questo caso la principale attività patogena si manifesta a livello immunitario. L’immunosoppressione predispone gli animali alla perdita di peso e al deperimento, a cui tipicamente si associa l’insorgere di infezioni secondarie responsabili delle manifestazioni cliniche più evidenti (2, 3). Ad oggi, diverse specie di circovirus sono state descritte in piccioni (Pigeon Circovirus), canarini (Canary Circovirus), gabbiani (Gull Circovirus), oche (Goose Circovirus), anatre (Duck Circovirus), fringuelli (Finch Circovirus), pinguini (Penguin Circovirus), corvidi (Raven Circovirus), stornelli (Starling Circovirus), cigni (Swan Circovirus) e diamanti mandarini (Zebra Finch Circovirus) (1). I circovirus meglio caratterizzati sono quelli che affliggono specie allevate, come animali da cortile o specie ornamentali/canore, in quanto più frequentemente sottoposte ad esame anatomo-patologico e/o indagini molecolari. Di conseguenza, i dati riguardo la presenza e prevalenza di circovirus nell’avifauna selvatica sono particolarmente scarsi, quantomeno in Europa, dove sono limitati alla segnalazione di alcuni focolai in gabbiani, storni e cigni a seguito del ritrovamento di esemplari deceduti. In particolare, per quanto riguarda i rapaci, le informazioni riguardanti la loro diffusione sono quasi del tutto assenti (2). Nel presente studio, la presenza di circovirus è stata indagata in rapaci sia diurni che notturni provenienti dal Sud Italia.