Pugliese N., Samarelli R., Dimuccio M.M., Bozzo G., Ceci E., Schiavone A., Circella E., Saleh M., Siddique I., Crescenzo G., Camarda A.
Le micotossine sono prodotti secondari del metabolismo di molte specie di funghi, tra cui quelli appartenenti ai generi Aspergillus, Penicillium e Fusarium [1]. Essi sono contaminanti naturali di granaglie, frutta secca e foraggi [2], ma il loro sviluppo è favorito da temperature tra i 20 e i 35 °C (a seconda delle specie) e valori di attività dell’acqua (a w) solitamente superiori a 0,92, con differenze specie-specifiche [3].
Gli animali da reddito destinati alla produzione di alimenti assumono le micotossine attraverso il mangime contaminato o preparato con materie prime contaminate. Quindi le micotossine, che sono lipofile, si accumulano nei tessuti e vengono escrete con il latte e le uova [2, 4]. Se per gli animali è possibile pensare a forme acute di intossicazione, in realtà sempre più rare, il consumo di alimenti contaminati porta nel tempo a fenomeni tossici di tipo cronico che possono coinvolgere anche l’uomo. Non è certamente di importanza secondaria la potenziale cancerogenicità delle micotossine [5], le quali, peraltro, non hanno tutte lo stesso grado di tossicità. Le aflatossine (AF), prodotte principalmente da Aspergillus flavus e Aspergillus parasiticus, sono tra le più pericolose. Infatti, è nota un’importante azione epatotossica a cui si sommano effetti cronici immunosoppressivi che favoriscono l’insorgenza di infezioni secondarie [6].
Inoltre, le aflatossine B1 (AFB1) ed M1 (AFM1) sono state rispettivamente inserite tra i carcinogeni di tipo I e 2B dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul cancro (IARC) [7]. Gli uccelli domestici sono particolarmente sensibili alle AF, che causano steatosi epatica, disturbi renali, deformità ossee e immunosoppressione, oltre a riduzione dell’accrescimento e riduzione della qualità delle uova deposte [4].
Le ocratossine (OT) sono invece considerate meno tossiche delle AF ma non per questo destano minore preoccupazione. In particolare, l’ocratossina A (OTA) è considerata nefrotossica, epatotossica, neurotossica, immunotossica ed è stata inserita tra i carcinogeni di classe 2B. Il pollame è particolarmente sensibile anche all’OTA, che causa anemia, alta concentrazione di urati, diarrea, calo di deposizione e riduzione della qualità delle uova [8]. L’elevata lipofilia dell’OTA, insieme con l’alta affinità per le proteine sieriche, ne determina il bioaccumulo nei tessuti, raggiungendo concentrazioni non compatibili con il consumo umano [9].
Per ridurre i rischi del consumatore e tutelare la salute degli animali da reddito, sono stati stabiliti dei limiti ben precisi per le AF e le OT nei mangimi destinati all’alimentazione degli animali. In particolare, il regolamento EU 574/2011 ha stabilito in 20 mg/kg la concentrazione massima di AFB1 nei mangimi per il pollame, e in 5 mg/kg quella nei mangimi per pulcini e pollastre. La concentrazione limite per l’OTA è stata invece stabilita dalle raccomandazioni UE 576/2006 in 100 mg/kg.
Alla luce di quanto sopra descritto, questo studio riporta le cause e gli effetti di un episodio di intossicazione da AFB1 e OTA osservato in un allevamento di galline ovaiole allevate senza antibiotici per la produzione di uova arricchite in acidi grassi v-3 (O3).