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Il virus della malattia di Marek o Gallid alphaherpesvirus 2 è un herpesvirus appartenente alla sottofamiglia Alphaherpesvirinae, genere Mardivirus, responsabile nel pollo di una patologia a carattere linfoproliferativo. La malattia può manifestarsi con differenti forme patologiche dipendentemente dalla virulenza del ceppo virale, dalle vaccinazioni eseguite e dalla genetica dell’animale. Le due forme patologiche più rilevanti sono quella classica con sintomatologia neurologica e quella acuta caratterizzata da linfomi viscerali multipli. L’infezione avviene per via aerogena, il virus è linfotropo e replica principalmente nei linfociti T che rappresentano il mezzo di diffusione del virus nell’organismo e gli consentono di raggiungere l’epitelio dei follicoli delle penne. A questo livello avviene l’infezione interamente produttiva, con eliminazione nell’ambiente di virioni completi ed infettanti, mediante desquamazione (Calneck et al., 1970). Nell’ambiente il virus rimane potenzialmente infettante per 4-8 mesi nei residui della desquamazione cutanea, nella lettiera e nella polvere ambientale (Witter et al.,1968).
Il virus riconosce diversi patotipi denominati mild, virulent, very virulent, very virulent plus (Schat e Nair, 2008).
La malattia in Italia è stata segnalata negli ultimi anni sia nel settore industriale (Piccirillo, 2011; Camarda e di Pineto, 2012) che in quello rurale (Mescolini et al., 2015).
Nel contesto industriale i focolai sono sporadici e generalmente si manifestano nella forma acuta, nonostante venga eseguita sistematicamente la vaccinazione di tutti i soggetti in incubatoio o in ovo, al 18° giorno di incubazione, oppure al primo giorno di vita.
Negli allevamenti rurali invece, dove la vaccinazione non viene sempre impiegata, sono state rilevate sia la forma acuta viscerale sia quella classica nervosa.
A tutt’oggi i dati relativi alla caratterizzazione molecolare dei ceppi MDV-1 circolanti in Italia sono carenti. Scopo del presente studio è stato quello di caratterizzare dal punto di vista molecolare ceppi virali evidenziati sia in ambito industriale sia in contesto rurale.
2016 – RUOLO DI DERMANYSSUS GALLINAE NELLA PERSISTENZA DI SALMONELLA GALLINARUM IN ALLEVAMENTO
L’acaro rosso del pollame, Dermanyssus gallinae (De Geer, 1778), è il più diffuso ectoparassita del pollame, in Europa (George et al., 2015) ed in molti paesi extraeuropei (Wang et al., 2010, Sparagano et al., 2009 Roy and Buronfosse, 2011). La presenza del D. gallinae negli allevamenti può avere gravi ripercussioni sulla salute e la produttività degli animali. Nei gruppi infestati si osservano fenomeni di cannibalismo, una diminuzione del tasso di crescita degli animali e perfino un aumento della mortalità in caso di massiva infestazione (Sparagano et al., 2014). Si possono evidenziare, inoltre, gravi ripercussioni sulla qualità delle uova, con riduzione dello spessore del guscio, e calo del peso. Nel complesso, l’infestazione, pertanto, ha un significativo impatto economico per gli allevatori, ulteriormente aggravato dai costi da sostenere per attuare i trattamenti e le misure di controllo contro la diffusione incontrollata degli acari (Sparagano et al., 2009).
All’azione esercitata direttamente dall’acaro, aggiunge il potenziale ruolo di vettore che Dermanyssus gallinae può rivestire nella trasmissione di alcuni agenti patogeni (Valiente Moro et al., 2005), sia batterici che virali, come Newcastle disease virus, Pasteurella multocida, Coxiella burnetii, Listeria Monocytogenes (Valiente Moro et al., 2009), Erysipelothrix rusiopathiae (Chirico et al., 2003) and Chlamydia psittaci (Circella et al., 2011).
Valiente Moro et al. (2007b) hanno anche evidenziato che l’acaro può trasmettere Salmonella Enteritidis, se assunto per via orale dal pulcino.
S. enterica supsp. enterica serovar Gallinarum (S. Gallinarum), invece, sembra sopravvivere all’interno di D. gallinae fino a quattro mesi (Zeman et al., 1982).
S. Gallinarum è l’agente etiologico della tifosi aviare, una malattia setticemica acuta o cronica, che generalmente colpisce galline adulte ed altri uccelli (Shivaprasad and Barrow, 2008; Barrow and Neto, 2011). È una malattia diffusa in tutto il mondo (Shivaprasad and Barrow, 2008), caratterizzata da alta morbilità e mortalità in fase acuta o subacuta (Davies, 2012). La tifosi aviare è stata dichiarata eradicata nella maggior parte delle nazioni occidentali (Davies, 2012), ma diversi focolai si registrano ancora lungo il bacino del Mar Mediterraneo e nelle nazioni in cui le misure di controllo sono poco efficienti e le condizioni ambientali ne favoriscono la diffusione (Barrow and Neto, 2011). Il controllo della malattia è ulteriormente complicato dalla modalità di trasmissione del batterio, che può avvenire sia per via verticale che orizzontale (Paiva et al., 2009; Cox et al., 1996), ed anche a causa della contaminazione della lettiera e dell’acqua di bevanda (Shivaprasad and Barrow, 2008). L’eliminazione del germe dall’allevamento è particolarmente difficile in quanto il patogeno sembra permanere nell’allevamento anche durante il periodo di vuoto sanitario. Questo potrebbe essere legato ad alcuni fattori, biotici o abiotici che potrebbero fungere da reservoir di infezione. Non è ben chiaro se D. gallinae possa effettivamente giocare tale ruolo. Infatti, se è vero che, come precedentemente riportato, la sopravvivenza in vitro di S. Gallinarum in associazione con D. gallinae è stata accertata (Zeman et al., 1982), non sono ancora disponibili dati che confermino tale condizione in campo.
Il presente lavoro è stato pertanto finalizzato a verificare in allevamento se in corso di focolaio di Tifosi aviare, D. gallinae possa favorire la persistenza e la diffusione del germe tra due diversi cicli produttivi.
- 2016 – CASI AVIARI INTERESSANTI DIAGNOSTICATI AL CALIFORNIA ANIMAL HEALTH AND FOOD SAFETY LABORATORY SYSTEM DI TULARE, NEL PERIODO MAGGIO-GIUGNO 2016 Galleria
2016 – CASI AVIARI INTERESSANTI DIAGNOSTICATI AL CALIFORNIA ANIMAL HEALTH AND FOOD SAFETY LABORATORY SYSTEM DI TULARE, NEL PERIODO MAGGIO-GIUGNO 2016
2016 – CASI AVIARI INTERESSANTI DIAGNOSTICATI AL CALIFORNIA ANIMAL HEALTH AND FOOD SAFETY LABORATORY SYSTEM DI TULARE, NEL PERIODO MAGGIO-GIUGNO 2016
Il California Animal Health and Food Safety Laboratory System (CAHFS) è la spina dorsale del sistema di sorveglianza dello Stato della California negli Stati Uniti d’America per le malattie degli animali da reddito e pollame. Lo scopo principale è quello di migliorare e proteggere la salute e la produttività degli animali da reddito, la salute pubblica e l’alimentazione animale, attraverso un servizio veloce, approfondito e allo stesso modo amichevole. Il servizio territoriale viene garantito attraverso una rete di 4 sedi distribuite lungo tutto lo Stato e grazie alla cooperazione con il California Department of Food and Agriculture (CDFA), University of California in Davis (UC Davis), veterinari liberi professionisti e produttori di animali da reddito e pollame. Il presente lavoro vuole condividere la casistica diagnostica di patologia aviare raccolta durante un periodo di due mesi all’interno del laboratorio nella sede di Tulare.
2016 – PATOGENICITÀ DEL VIRUS DELLA BURSITE INFETTIVA GENOTIPO ITA IN POLLI SPF
La bursite infettiva è un’importante malattia del pollo causata da un avibirnavirus denominato Infectious Bursal Disease Virus (IBDV). I quadri clinici possono variare, a seconda della patogenicità del ceppo virale, da forme molto gravi con mortalità ed immunodepressione a forme subcliniche in cui l’aspetto saliente è esclusivamente la immunodepressione. Indipendentemente dal grado di patogenicità del ceppo coinvolto e dalla gravità del quadro clinico, l’infezione da IBDV si accompagna sempre ad un danno a carico della borsa di Fabrizio. Nel 2011 sono stati isolati in Italia, da gruppi di broiler con scarse performances produttive, alcuni ceppi di IBDV con caratteristiche genetiche uniche, diverse da tutti gli altri ceppi presenti in GenBank. Il nuovo genotipo, denominato ITA, è piuttosto diffuso nel nostro paese (Lupini et al., 2016). Il presente studio prevede la valutazione della patogenicità in polli SPF del genotipo ITA, dopo infezione sperimentale in condizioni d’isolamento biologico.
2016 – STUDIO PRELIMINARE PER L’INDIVIDUAZIONE DI UN EARLY WARNING SYSTEM PER LA COCCIDIOSI NEL BROILER
Il controllo dell’instaurarsi della coccidiosi è essenziale per l’ottimizzazione dell’allevamento del pollo da carne in quanto, dal punto di vista economico, questa patologia è una tra le più impattanti sull’allevamento del broiler.
Negli allevamenti intensivi il fattore ambiente e l’alta densità animale possono favorire lo sviluppo della coccidiosi. L’infestazione avviene attraverso la via digerente e la sintomatologia è caratterizzata da perdita di appetito e calo delle performance, scarsa uniformità nei gruppi, diarrea e, nei casi gravi, morte del soggetto colpito.
Le forme subcliniche, dove non si evidenzia mortalità, possono avere effetti negativi economicamente rilevanti in quanto le rese zootecniche sono inferiori, la qualità del prodotto finale non è ottimale e si assiste anche ad un incremento degli scarti al macello.
Per evitare tali perdite economiche, è di grande interesse individuare dei sistemi di controllo alternativi a quelli classici che permettano di evidenziare precocemente l’instaurarsi della patologia. In quest’ottica l’utilizzo di un sistema basato su sensori in grado di rilevare e caratterizzare i cambiamenti nella composizione dei composti volatili presenti in ambiente, può rappresentare una soluzione efficace, in grado di abbinare la semplicità d’uso con un controllo accurato del processo.
L’obiettivo di questo studio è quello di valutare il possibile utilizzo di un naso elettronico dotato di sensori Metal Oxide Semiconductors (MOS) per rilevare precocemente variazioni nella tipologia di composti volatili presenti nell’ambiente in cui vivono gli animali, in seguito ad infezione coccidica prima dell’evidenziazione di sintomatologia.
2016 – POSSIBILE STRATEGIA DI CONTENIMENTO DEL MYCOPLASMA SYNOVIAE IN UN GRUPPO DI RIPRODUTTORI PESANTI
Mycoplasma synoviae (MS) è considerato un patogeno della specie pollo, tacchino e delle specie minori allevate a fini industriali. La sua prevalenza nel territorio comunitario e nazionale è elevata, con conseguenti importanti ricadute economiche nei vari settori produttivi. Per tale motivo abbiamo assistito negli anni ad una maggiore consapevolezza delle problematica con conseguente maggiore attenzione nella prevenzione e controllo di questo patogeno. La trasmissione di MS, come per altri importanti micoplasmi del settore avicolo industriale (Mycoplasma gallisepticum, meleagridis e iowae), può avvenire sia per via verticale che orizzontale. Storicamente il controllo di questi patogeni nel sistema avicolo si basava sulla formazione ed il mantenimento di gruppi PPLO-free (Pleuropneumoniae like organism). Tali misure si sono dimostrate efficaci nella riduzione della prevalenza per MI ed MM ed anche seppur con differenze geografiche per MG. Mentre sembrerebbe almeno sulla base delle prevalenze attuali, che per MS tali misure non siano state totalmente efficaci.
Tale discrepanza potrebbe essere ascritta ad alcune particolarità del patogeno (biologiche ed epidemiologiche) ma con molta probabilità la causa è da ricercare in un approccio meno attento alla problematica del settore produttivo, dato che per diversi decenni è stato considerato un patogeno minore almeno per il settore ovaiola ed il pollo da carne. Negli ultimi anni il suo impatto zootecnico è stato rivalutato anche in funzione del fatto di una nuova forma clinica nel settore della gallina ovaiola.
La scelta della strategia di controllo delle micoplasmosi respiratorie può includere diversi approcci: eradicazione, depopolamento, compartimentalizzazione, biosicurezza, profilassi indiretta (vaccinazione), terapia antibiotica mirata, ma anche un insieme coordinato e strutturato dei diversi sistemi appena riportati. Non esiste una regola su quale misura adottare e tale decisione dovrebbe essere presa in funzione della situazione epidemiologica, della realtà produttiva o di altri fattori di natura commerciale. Nel presente studio si riportano i risultati dell’approccio antibiotico, tramite trattamento pulsatile con il macrolide tilosina, in un gruppo di riproduttori pesanti positivi per Mycoplasma synoviae.
- 2016 – IMPATTO DI DIFFERENTI STRATEGIE VACCINALI SULLE DINAMICHE DI POPOLAZIONE DEL GENOTIPO QX DI BRONCHITE INFETTIVA E SULLA FREQUENZA DEI FOCOLAI Galleria
2016 – IMPATTO DI DIFFERENTI STRATEGIE VACCINALI SULLE DINAMICHE DI POPOLAZIONE DEL GENOTIPO QX DI BRONCHITE INFETTIVA E SULLA FREQUENZA DEI FOCOLAI
2016 – IMPATTO DI DIFFERENTI STRATEGIE VACCINALI SULLE DINAMICHE DI POPOLAZIONE DEL GENOTIPO QX DI BRONCHITE INFETTIVA E SULLA FREQUENZA DEI FOCOLAI
La bronchite infettiva rappresenta una delle malattie infettive più rilevanti per l’allevamento avicolo, essendo responsabile di ingenti perdite economiche ascrivibili principalmente a sindromi respiratorie e riproduttive, diminuzione della produttività e aumento della mortalità. Sebbene l’accurata gestione delle misure di biosicurezza e dell’allevamento in generale siano fondamentali per limitare la malattia, il suo controllo è ricercato principalmente tramite la diffusa somministrazione di vaccini.
Sfortunatamente, come altri Coronavirus e virus a RNA+ il virus della bronchite infettiva (IBV) presenta un elevato tasso di mutazioni e di ricombinazione (Duffy et al., 2008,Thor et al., 2011). Ciò ha portato all’emergere di una molteplicità di varianti genetiche e antigeniche la cui cross-protezione è spesso limitata (Sjaak de Wit et al., 2011). IBV in Italia si caratterizza per un elevato impatto economico, elevata prevalenza ed eterogeneità dei genotipi presenti. Sebbene comunemente vengano identificati 5 genotipi (i.e. QX (72%), seguito da 793/B (16%), Mass (8%), Q1 (3%) e D274 (1%)) (Franzo et al., 2014), il QX è di gran lunga quello più frequentemente associato a sintomatologia clinica e, con ogni probabilità, l’unica variante di campo rilevante. Sebbene lo sviluppo di vaccini basati su genotipi omologhi sia spesso impraticabile, è stato dimostrato come l’immunizzazione con vaccini diversi, basati su genotipi differenti, determini significativi benefici in termini di ampliamento dello spettro di protezione nei confronti di altri stipiti (Cook et al., 1999). Anche in Italia i protocolli vaccinali si sono conformati a questa teoria; i polli da carne in passato sono stati vaccinati con un vaccino basato sul genotipo Mass in incubatoio seguito da un richiamo con il genotipo 793B, solitamente a due settimane di vita, somministrato in acqua da bere. Recentemente è emersa una tendenza verso la somministrazione dei 2 vaccini a un giorno di vita. Tuttavia, i costi associati alla vaccinazione e rischi di reazioni vaccinali hanno indotto diversi gruppi a sospendere o modificare i protocolli vaccinali nei confronti di IBV . In un recente studio è stato possibile dimostrare come questo abbia avuto un forte impatto sulla prevalenza dei genotipi circolati, portando alla sostanziale scomparsa del genotipo 793B, di conseguente probabile origine vaccinale (Franzo et al., 2014). Tuttavia, il reale effetto di questi interventi sulle dinamiche della popolazione virale non è stata mai analizzato in dettaglio.
Sebbene diversi studi sperimentali abbiano dimostrato l’efficacia della vaccinazione Mass+793B nel controllare l’infezione da QX (Terregino et al., 2008), la generalizzabilità di questi studi alle condizioni di campo deve essere fatta con cautela. Di contro, la raccolta della mole di dati necessaria per studi epidemiologici accurati è spesso resa impossibile da limiti economici e di fattibilità. Fortunatamente lo sviluppo di un adeguato background teorico e matematico ha permesso lo sviluppo di modelli in grado di ricostruire le caratteristiche evolutive e la storia demografica delle popolazioni di virus ad alto tasso evolutivo a partire dall’analisi delle loro sequenze, un metodo dimostratosi efficace per lo studio di diverse malattie di interesse umano e animale (Rodrigo and Felsenstein, 1999,Nelson et al., 2015,Lemey et al., 2009,Franzo et al., 2016).
Nel presente studio tale approccio è stato utilizzato per valutare l’effetto della sospensione e reintroduzione della vaccinazione con il genotipo 793B sulle dinamiche di popolazione del genotipo QX in Italia e sulla frequenza degli episodi di sintomatologia clinica da esso indotti.
- 2016 – SVILUPPO E APPLICAZIONE DI TEST DIAGNOSTICI MOLECOLARI PER L’IDENTIFICAZIONE E LA CARATTERIZZAZIONE DEI VIRUS DELLA MALATTIA DI MAREK CIRCOLANTI IN ITALIA Galleria
2016 – SVILUPPO E APPLICAZIONE DI TEST DIAGNOSTICI MOLECOLARI PER L’IDENTIFICAZIONE E LA CARATTERIZZAZIONE DEI VIRUS DELLA MALATTIA DI MAREK CIRCOLANTI IN ITALIA
2016 – SVILUPPO E APPLICAZIONE DI TEST DIAGNOSTICI MOLECOLARI PER L’IDENTIFICAZIONE E LA CARATTERIZZAZIONE DEI VIRUS DELLA MALATTIA DI MAREK CIRCOLANTI IN ITALIA
La malattia di Marek (MD) è una malattia linfoproliferativa e nervosa del pollo domestico a diffusione mondiale causata da un Alphaherpesvirus, denominato MDV o Gallid Herpesvirus 2 (GaHV-2), strettamente cellulo-associato. Le lesioni causate da questo virus sono caratterizzate da un’infiltrazione di cellule mononucleate di tipo linfocitario nei nervi periferici e in altri tessuti e organi, compresa iride e cute.
La MD ha un impatto economico enorme sull’industria avicola in tutti i paesi del Mondo non solo per le differenti sindromi che provoca, alcune delle quali molto difficili da diagnosticare per assenza di sintomatologia manifesta, ma anche per i suoi effetti immunodepressivi che possono favorire infezioni secondarie causate da patogeni opportunisti o ridurre l’efficacia delle vaccinazioni per le diverse malattie.
Sebbene la MD sia stata ampiamente studiata in tutti i suoi aspetti dai primi anni ’60 e sebbene i vaccini siano ormai utilizzati dappertutto, molte problematiche legate a questa malattia rimangono ancora irrisolte a causa della complessità della malattia stessa.
Al fine di attivare specifiche indagini conoscitive in campo, l’IZSVe ha voluto sviluppare una serie di metodiche diagnostiche rapide per la MD. Allo stesso tempo, sono stati sviluppati anche test diagnostici rapidi per l’Anemia infettiva, un’altra malattia immunodepressiva del pollo per la quale è attualmente sconosciuta la situazione epidemiologica nel nostro Paese.
2016 – ANALISI DELLA SEQUENZA COMPLETA DEL VIRUS DELLA BURSITE INFETTIVA GENOTIPO ITA
Infectious bursal disease virus (IBDV) è l’agente eziologico della Bursite infettiva, malattia cosmopolita immunosoppressiva del pollo, ad alta contagiosità e impatto socio-economico elevato, a causa dell’aumentata sensibilità alle infezioni secondarie e alla risposta sub-ottimale alle vaccinazioni di routine. Si conoscono due sierotipi di IBDV , dei quali solo il sierotipo 1 è patogeno e distinto, in base al diverso grado di patogenicità e alle caratteristiche antigeniche, nei seguenti patotipi: classici, varianti, very virulent (vv), attenuati (Eterradossi & Saif, 2013). Dal punto di vista tassonomico, IBDV si inquadra nella famiglia Birnaviridae, genere Avibirnavirus.
È caratterizzato da simmetria icosaedrica e privo di envelope, presenta un diametro variabile di 55-65 nm. Il genoma di IBDV è costituito da due segmenti di RNA a doppio filamento, il segmento A (3300 bp) e il segmento B (2800 bp). Il segmento A comprende due open reading frames (ORFs) parzialmente sovrapposte: ORF1 codifica la proteina non strutturale VP5 di 145 amminoacidi (aa) potenzialmente coinvolta nel processo di apoptosi virale (Carballeda et al., 2015), ORF2 codifica una poliproteina (1012 aa), autoclivata nelle due principali proteine strutturali VP2 (1-512 aa) e VP3 (756-1012 aa) e nella proteasi VP4 (513-755 aa). La proteina VP2 è responsabile della produzione di anticorpi neutralizzanti, in quanto principale immunogeno. La proteina VP3 forma lo strato più interno del capside, interagisce con VP1 e con il genoma ed è coinvolta nella replicazione e nell’assemblaggio virale (Deng et al., 2007). La proteina non strutturale VP4 è una proteasi responsabile dell’autoprocessazione della poliproteina in VP2, VP4 e VP3 (Li et al., 2012). Il segmento B codifica la polimerasi virale VP1 (1-879 aa), implicata in diversi eventi, quali replicazione virale, sintesi dell’RNA messaggero e incapsidamento, conseguente all’interazione con VP3 (Lombardo et al., 1999).
IBDV è soggetto a mutazioni, quali sostituzioni, inserzioni, delezioni e/o riassortimento genico che hanno portato all’evidenza di nuove varianti. A questo proposito, un emergente genotipo, denominato ITA, è stato recentemente segnalato in Italia. L’analisi filogenetica della regione ipervariabile della proteina VP2, ha mostrato che il ceppo ITA clusterizza separatamente, rispetto ai ceppi IBDV di referenza (Lupini et al., 2016).
La sequenza parziale di un isolato non sempre risulta sufficientemente esaustiva ai fini della sua classificazione (Petkov et al., 2007). Scopo del presente studio è stato quello di sequenziare l’intero genoma del ceppo ITA, al fine di completare la sua caratterizzazione molecolare e formulare ipotesi relative alla sua origine.
2016 – IMPIEGO DELL’ENDOPEP-MS PER LA DIAGNOSI DEL BOTULISMO A VIARE: RISULTATI PRELIMINARI
Le neurotossine botuliniche (BoNT) sono tra le sostanze biologiche più tossiche conosciute e per questo motivo sono anche considerate una possibile arma bioterroristica (1). Le BoNT sono prodotte da alcuni batteri del genere Clostridium in particolare C. botulinum, C. baratii, C. butyricum e C. argentinense e sono suddivise in sette sierotipi, da A a G, in base alla loro attività antigenica. I casi di botulismo animale sono da ricondurre prevalentemente ai sierotipi C e D o a tossine definite “mosaico” in quanto presentano antigeni riferibili sia al tipo “D” che al tipo “C”. Queste ultime forme si definiscono C/D quando i determinanti antigenici del tipo C prevalgono su quelli del tipo D, oppure D/C in caso contrario (5). Attualmente il gold test per la conferma dei casi di botulismo è rappresentato dalla prova biologica su topo: si tratta di un saggio di letalità che risulta essere molto sensibile (LoD stimata per la tossina A pari a 1 mDL(50) topo) ed in grado di valutare contemporaneamente la presenza di tossine biologicamente attive e, mediante l’utilizzo di antisieri specifici, anche di definire il sierotipo della tossina coinvolta.
Tuttavia, il mouse bioassay richiede il sacrificio di numerosi animali e almeno 4 giorni di tempo per la conferma dei campioni negativi (8). Molti sforzi sono stati fatti negli ultimi anni con l’intento di sviluppare metodi alternativi alla prova di letalità su topo ma con scarsi risultati. Recentemente un gruppo di ricerca del Centers for Disease and Control di Atlanta (USA) ha messo a punto un metodo basato sulla tecnologia MALDI-TOF per la rilevazione e la differenziazione in sierotipi delle tossine botuliniche più frequentemente coinvolte in episodi di malattia dell’uomo. Questo metodo, denominato Endopep-MS, permette d’individuare la presenza ed il sierotipo di BoNTs attive, attraverso la rilevazione dei prodotti di clivaggio di peptidi sintetici che mimano i naturali substrati di queste tossine ad attività metallo-proteasica. L’EndoPep-MS è stato applicato con successo su campioni di siero e feci per la rilevazione delle tossine A, B, E ed F e promettenti risultati sono stati ottenuti anche con le tossine C e D (2, 3, 6, 7). Lo sviluppo di metodi basati sulla tecnologia MALDI-TOF MS per l’identificazione batterica hanno avuto un rapido sviluppo negli ultimi anni e questa rapida diffusione in un numero crescente di laboratori diagnostici è dovuta alla sua versatilità, rapidità di analisi, alla riduzione dei costi dei materiali di consumo ed alla possibilità di testare un numero elevato di campioni in poco tempo. Il principale obiettivo di questo lavoro è quello di mettere a punto e validare un test Endopep-MS che permetta di rilevare e caratterizzare rapidamente la presenza delle BoNT di tipo C in campioni clinici utilizzando lo strumento MALDI Biotyper (Bruker Daltonics).