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Dermanyssus gallinae è oggi la più grave ectoparassitosi degli allevamenti avicoli.
In Europa la spesa per il controllo ed i costi legati ai cali produttivi è stata stimata intorno ai 130 milioni di euro annui. Valori simili si lamentano in molte altre zone del mondo (Stafford et al., 2006). L’infestazione da D. gallinae si conclama nella sua massima gravità nel settore delle galline ovaiole, in quanto il lungo ciclo produttivo fornisce all’acaro un contesto maggiormente favorevole alla sua sopravvivenza e replicazione (Mul et al. 2010, Giangaspero et al., 2012). In Francia, Danimarca, Olanda, Polonia, Romania, Svezia ed Italia la prevalenza nelle aziende avicole raggiunge percentuali superiori al 70%, con picchi di oltre il 90% negli allevamenti di piccola e media estensione (Sparagano et al., 2014). L’effetto più consistente della parassitosi sulla gallina ovaiola è un forte stress dovuto alle ripetute punture da D.gallinae, concentrate soprattutto nelle ore notturne (Kowalski e Sokól, 2009).
A questo seguono marcato nervosismo, aggressività, cannibalismo e scadimento delle condizioni generali dell’animale che esitano in calo dell’ovodeposizione e mortalità secondaria. Oltre a ciò D.gallinae ha dimostrato capacità vettoriali per molti agenti patogeni, sia virali che batterici (Chauve 1998, Sparagano et al. 2012).
Le attuali strategie di controllo sono tipicamente incentrate sul trattamento di locali e attrezzature mediante l’utilizzo di prodotti acaricidi. Tuttavia le caratteristiche biologiche ed etologiche di questo acaro lo rendono altamente invasivo e notoriamente difficile da eradicare (Maurer e Baumgärtner, 1994). Con l’intensificarsi degli scambi commerciali, sia di animali che di uova, D.gallinae ha inoltre trovato un ottimo metodo di diffusione sia su piccola che su larga scala e ha sviluppato recentemente anche alte capacità di resistenza nei confronti delle più diffuse molecole acaricide di origine sintetica (Marangi et al., 2012). La già complessa situazione oggi in Europa si fronteggia anche con la sempre maggiore necessità, anche legislativa, di limitare l’utilizzo di pesticidi di sintesi scarsamente ecocompatibili.
L’approccio qui presentato volge appunto alla creazione di un processo di attenzione che fornisca un approccio olistico e fattivo all’insieme delle problematiche.
2015 – CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DI UN CEPPO MILD DEL VIRUS DELLA MALATTIA DI MAREK EVIDENZIATO IN POLLI RURALI CON FORMA NERVOSA
La malattia di Marek è un’importante malattia linfoproliferativa del pollo a diffusione mondiale causata da un alphaherpesvirus del genere Mardivirus, denominato Gallid Herpesvirus 2 o, più comunemente, sierotipo 1 del virus della malattia di Marek (MDV-1). Questo virus è oncogeno e linfotropo, e può indurre varie forme patologiche fra cui le più comuni sono quelle neoplastica e nervosa.
MDV-1 riconosce diversi patotipi virali denominati mild, virulent, very virulent e very virulent plus (Schat e Nair, 2008).
La malattia è ancora oggi presente in Italia nonostante la vaccinazione sia applicata di routine su larga scala e recentemente sono stati descritti diversi focolai in allevamenti di riproduttori pesanti e di galline ovaiole (Piccirillo, 2011; Camarda e di Pineto, 2012). E’ anche noto che la malattia è presente nell’allevamento rurale dove, di norma, non è attuata la vaccinazione.
Dati sulle caratteristiche molecolari dei ceppi virali circolanti in Italia, sia nel settore industriale sia in quello rurale, sono però attualmente assenti.
Nel presente lavoro sono stati caratterizzati due ceppi di MDV-1: il primo isolato da polli rurali di razza ornamentale Cocincina affetti da malattia di Marek in forma nervosa, il secondo da riproduttori pesanti con forme neoplastiche viscerali. Nei polli rurali è stato anche eseguito esame clinico, necroscopico ed istopatologico. I virus sono stati evidenziati mediante diversi protocolli di PCR da penne e/o organi ed, al fine della caratterizzazione molecolare degli isolati, i prodotti di amplificazione del gene meq sono stati sequenziati e sottoposti ad analisi filogenetica.
- 2015 – ANALISI MOLECOLARE DI CEPPI DEL VIRUS DELLA BRONCHITE INFETTIVA AVIARE NEGLI ANNI 2013 E 2014 . CONSIDERAZIONI SUI GENOTIPI CIRCOLANTI IN ITALIA E IN ALTRI PAESI EUROPEI ED EXTRA-EUROPEI. Galleria
2015 – ANALISI MOLECOLARE DI CEPPI DEL VIRUS DELLA BRONCHITE INFETTIVA AVIARE NEGLI ANNI 2013 E 2014 . CONSIDERAZIONI SUI GENOTIPI CIRCOLANTI IN ITALIA E IN ALTRI PAESI EUROPEI ED EXTRA-EUROPEI.
2015 – ANALISI MOLECOLARE DI CEPPI DEL VIRUS DELLA BRONCHITE INFETTIVA AVIARE NEGLI ANNI 2013 E 2014 . CONSIDERAZIONI SUI GENOTIPI CIRCOLANTI IN ITALIA E IN ALTRI PAESI EUROPEI ED EXTRA-EUROPEI.
Il virus della Bronchite Infettiva Aviare (IBV) è un coronavirus, prototipo della famiglia Coronaviridae, pleomorfo, di 80-200 nm di diametro, con genoma RNA a singolo filamento e provvisto d’envelope. E’ causa della bronchite infettiva aviare, malattia altamente contagiosa, caratterizzata da sintomi e lesioni respiratorie, che in alcuni casi può interessare anche gli apparati gastrointestinale ed uro-genitale causando nefropatologie con alta mortalità e/o problemi alla deposizione e alla qualità del guscio dell’uovo nelle galline ovaiole. Nel tracciare un quadro epidemiologico della Bronchite Infettiva si può notare come il coronavirus, responsabile della malattia, sia in continua evoluzione, si assiste infatti alla costante comparsa di nuove varianti con caratteristiche peculiari per virulenza, tropismo o patogenesi. Nel corso degli anni sono state innumerevoli le varianti isolate in campo, differenti fra loro dal punto di vista sierologico, genotipico e patogenetico. Alcuni sierotipi, come i ceppi Massachuttes (Mass) ed il 793/B sono stati identificati in molti paesi, ma la maggioranza dei sierotipi sono endemici di ristrette regioni geografiche. Negli ultimi 20 anni nuovi sierotipi di IBV sono stati identificati negli Stati Uniti, in Europa, Cina, Taiwan, Giappone, Colombia, India ed altri paesi. Il sierotipo Massachussets della BI è stato isolato per la prima volta in Europa negli anni ’40 (Cavanagh & Davis, 1993) mentre Petek, Paparella & Catelani, e Galassi descrissero contemporaneamente la BI per la prima volta in Italia nel 1956. L’andamento della malattia nel nostro paese, riguardo la prevalenza e la gravità, è stato fluttuante negli anni. Alla virosi primaria respiratoria inizialmente osservata, a partire dagli anni ’60 si aggiunse la sindrome “nefrite/nefrosi” dovuta a ceppi nefropatogeni (Pascucci et al., 1990). A questo periodo risale infatti la prima segnalazione di un nuovo sierotipo in Italia: il ceppo nefropatogeno 1731PV (Rinaldi et al., 1966). Durante gli anni ’70 la BI si è andata gradualmente attenuando, Zanella segnalava in quegli anni la notevole diffusione del ceppo nefropatogeno AZ23/74 (Zanella, 1976). All’inizio degli anni’80 si assiste invece ad una sensibile ripresa della malattia e durante tutto il decennio si sono moltiplicati gli isolamenti di ceppi differenti, tra i quali il 3794/Fo/83 (Pascucci et al., 1986a) associato a gravi forme respiratorie, ed utilizzato anche nei prodotti vaccinali. Negli anni ‘80 sono state isolate con una certa frequenza le varianti tipizzate in Olanda: il ceppo D207 (anche conosciuto come D274) ed il D212 (meglio conosciuto come D1466). In particolare, il sierotipo D274 risultava essere anche il più diffuso in alcuni paesi dell’Europa occidentale all’inizio e alla metà degli anni ’80 (Cook, 1984; Develaar et al., 1984). Il genotipo 793/B fu identificato per la prima volta in Inghilterra nel 1990/91 (Gough et al., 1992; Parsons et al., 1992), ma la sua presenza è stata retrospettivamente dimostrata in Francia a partire dal 1985 (Cavanagh et al., 1998), mentre nei primi anni ’90 fu isolato anche in Messico e Tailandia (Cook et al., 1996). Il sierotipo 624/I fu inizialmente descritto nel 1993 associato a forma respiratoria nel broiler (Capua et al., 1994), la successivamente caratterizzazione molecolare ha confermato che si di trattava un nuovo genotipo (Capua et al., 1999). Il genotipo QX per la prima volta descritto in Cina nel 1995, è stato segnalato in Europa a partire dal 2002 ed in Italia a partire dal 2005 associato a gravi forme da nefrite nefrosi in pollastre e broilers. Negli anni 2004-2005 Landman e collaboratori hanno descritto per la prima volta il fenomeno delle “false ovaiole” in riproduttori e ovaiole da consumo di diverse linee genetiche. Tale fenomeno è stato messo in correlazione ad una pregressa infezione con forma nefropatogena da IBV con genotipo sovrapponibile al QX cinese, verificatasi nelle prime due settimane di vita degli animali.
Nel 2011 ( Toffan et al.) è stata segnalata la presenza del genotipo Q1 sul nostro territorio nazionale e per la prima volta in Europa. Il virus è stato isolato da un allevamento di broiler affetti da scarso accrescimento.
Infine nel 2013( Massi) è stata segnalata la presenza del genotipo CK/CH/Guangdong/Xindadi in galline ovaiole del Nord Italia. La circolazione dello stesso genotipo è stata confermata nel 2014 da Moreno et al.
Le problematiche legate al controllo della bronchite infettiva, dovute principalmente alla notevole variabilità antigenica dell’IBV ed alla bassa cross-protezione tra sierotipi differenti, rendono necessario il costante monitoraggio dei ceppi circolanti sul territorio nazionale in modo da poter improntare misure efficaci di profilassi. Conseguentemente, l’isolamento e la tipizzazione dei ceppi di IBV risultano di fondamentale importanza non solo per lo studio dell’evoluzione virale ma anche per l’adattamento dei programmi vaccinali ai ceppi effettivamente circolanti.
Questo lavoro si prefigge di ottenere una visione globale della complessa situazione epidemiologica dell’IBV sul territorio nazionale e in Paesi limitrofi A questo scopo sono stati caratterizzati mediante metodi molecolari i ceppi di IBV provenienti da differenti Regioni geografiche e tipologie di allevamento, allo scopo di monitorare i ceppi attualmente circolanti ed evidenziare eventuali genotipi nuovi e/o emergenti in Italia e Paesi limitrofi.
2015 – RESPONSE TO ROAD TRANSPORTATION IN TURKEY (MELEAGRIS GALLOPAVO): THE ACUTE PHASE PROTEIN EXPRESSION IN LIVER AND ADIPOSE TISSUE.
Road transportation is one of the most stressful events during the turkeys’ lifetime and is associated with economic losses. Beside their use as biomarkers of inflammation, acute phase proteins (APP) have been also used as biomarkers of animal welfare, including stress due to transport, but no information is available in turkey species.
The aim of the present study was to evaluate whether the gene expression of four APP, namely α1-acid glycoprotein (AGP), C-Reactive Protein (CRP), Serum Amyloid A (SAA) and PIT54, as potential indicators of transport stress in turkey (Meleagris gal-lopavo), by qualitative and quantitative real time (qPCR) in liver and adipose tissue. Fourteen healthy animals were divided into two groups: a group subject to road transport and a control group not subject to road transport.
The expression of AGP and CRP mRNA was found to be increased in animals slaughtered after road transport. AGP mRNA expression was increased in both liver and adipose tissue, and identified as one of the major stress indicators . The presence of AGP protein in liver and adipose tissue was also confirmed by immunohistochemistry. CRP mRNA expression was found to be increased in liver alone. The results of this study suggest that AGP may serve as biomarker of stress to evaluate the transporting conditions in turkeys.
2015 – NUOVO PROTOCOLLO DI QPCR PER LA DIAGNOSI DI SALMONELLA ENTERICA SEROVAR GALLINARUM
Salmonella enterica subsp. enterica serovar Gallinarum (S. Gallinarum) è un batterio Gram negativo, anaerobio facoltativo, immobile, ed è l’agente eziologico della tifosi aviare. La malattia può causare, nei volatili, diarrea, anoressia, calo della ovodeposizione e mortalità elevata, con conseguenti gravi perdite economiche per gli allevatori. (Shivaprasad, 2003).
La tifosi aviare è una malattia soggetta a denuncia. L ’organizzazione internazionale della sanità animale, inoltre, ha emesso specifiche direttive per la prevenzione e il trattamento della malattia (OIE, 2010b), ed ha stabilito i criteri per la diagnosi differenziale tra Salmonelle mobili e immobili.
Attualmente, le metodiche standard sono basate sulle tecniche di isolamento ed identificazione colturali, esplicitate dalla norma ISO6579:2002, che consiste nel prearricchimento non selettivo seguito da una fase di arricchimento selettivo e successive colture su terreni selettivi, a cui segue l’identificazione basata su test biochimici e la sierotipizzazione (Popoff et al., 1997) (ISO 6579:2002).
Tuttavia, tale metodica è laboriosa e generalmente necessita di almeno cinque giorni per giungere all’individuazione del germe.
Per ridurre i tempi di identificazione della S. Gallinarum, sono stati sviluppati diversi saggi molecolari tra cui un protocollo di seminested PCR validato per l’identificazione di S. Gallinarum che si è dimostrato particolarmente sensibile, oltre a ridurre notevolmente i tempi di analisi rispetto alle procedure standard batteriologiche (Pugliese et al., 2011).
Queste metodiche molecolari, tuttavia, consentono solo di valutare la positività di un campione al germe ma non permettono la quantificazione del DNA bersaglio eventualmente presente nei campioni analizzati.
In tal senso, la Real Time PCR, o PCR quantitativa (qPCR) rappresenta un valido approccio sperimentale utile per ottenere informazioni qualitative e quantitative.
Scopo di questo studio, pertanto, è stato quello di mettere a punto una strategia di qPCR sensibile e specifica, utile non solo ad identificare ma anche quantificare la carica batterica di S. Gallinarum presente nei campioni sottoposti ad analisi.
2015 – DATI EPIDEMIOLOGICI SULLA CIRCOLAZIONE IN ITALIA DEL NUOVO GENOTIPO IBDV ITA
Le Bursite infettiva (IBD) è una malattia immunosoppressiva del pollo caratterizzata dall’interessamento dei linfociti B e della borsa di Fabrizio dove causa necrosi e deplezione linfocitaria (Eterradossi e Saif, 2013). L’impatto economico di questa malattia è notevole, legato alla mortalità, alle perdite produttive ed all’immunosoppressione che rende gli animali più sensibili a un gran numero di patologie, fra cui le colisetticemie, e riduce l’efficacia delle vaccinazioni (Van Den Berg, 2000). L’agente eziologico è un Avibirnavirus (IBDV), virus a RNA a doppia elica, caratterizzato da una notevole variabilità sia in termini antigenici sia di virulenza. Esistono, infatti, sia ceppi in grado di dare forme cliniche gravi, accompagnate da notevole mortalità ed immunosoppressione che ceppi causa di forme subcliniche, dove l’esito unico dell’infezione è l’immunosoppressione. L’insorgenza di nuove varianti è un evento comune per questo virus, esito dell’occorrenza e dell’accumularsi nel genoma di mutazioni in punti chiave per la virulenza o per l’antigenicità, anche a seguito della pressione selettiva esercitata dalla vaccinazione di massa (Eterradossi e Saif, 2013). La proteina del capside VP2 è considerata la sede principale sia dei siti antigenici riconosciuti dagli anticorpi neutralizzanti che di quelli fondamentali per la virulenza ed il tropismo cellulare. Dopo la sua prima comparsa negli anni ’60 negli USA (Cosgrove, 1962), la Bursite Infettiva si è diffusa a livello mondiale ed è stata adeguatamente controllata con vaccini classici sino alla fine degli anni ‘80, quando il panorama mondiale si è modificato sia per la comparsa di varianti antigeniche subcliniche negli USA (Rosenbeger e Cloud, 1986), che per la diffusione di ceppi a elevata virulenza in Europa (vvIBDV) (Van Den Berg et al., 1991). In Italia i ceppi vvIBDV hanno causato negli ultimi anni gravi danni al patrimonio avicolo (Moreno et al., 2007, Moreno et al., 2010), e solo l’introduzione sul mercato di vaccini di nuova generazione (ricombinanti o ad immunocomplessi) ne ha permesso il controllo.
Scarsi o addirittura assenti sono invece nel nostro Paese i dati sulla diffusione e sull’impatto economico delle forme subcliniche di IBD. Recentemente è stata svolta un’indagine mediante RT-PCR per IBDV in alcuni allevamenti di polli da carne affetti da ripetuti casi di colisetticemia, vaccinati per IBDV (Bonci et al., 2013).
L’indagine ha permesso di evidenziare 4 ceppi di IBDV (denominati ITA01, ITA02, ITA03, ITA04) la cui analisi di sequenza a livello della proteina VP2, ha evidenziato un genotipo dalle caratteristiche uniche, diverse da tutti i ceppi presenti in GenBank.
Con ogni probabilità si tratta di una variante nuova, in grado di eludere la protezione dei vaccini in uso. Il rinvenimento della variante in allevamenti affetti da infezioni batteriche ripetute fa pensare che essa causi forme subcliniche immunosoppressive, analoghe a quelle osservate negli USA.
Allo scopo di delineare un quadro della situazione di campo il più possibile aderente alla realtà, è stata svolta sul territorio nazionale, in particolare nelle aree a rischio d’infezione, un’indagine sulla diffusione del genotipo ITA nell’allevamento del broiler. Il progetto ha previsto studi longitudinali e campionamenti singoli, per la ricerca di IBDV mediante RT-PCR. I ceppi evidenziati sono stati caratterizzati mediante analisi di sequenza della regione ipervariabile della proteina VP2. Dove possibile i risultati sono stati integrati con i dati produttivi d’allevamento ed i piani vaccinali applicati.
2015 – SEQUENZIAMENTO DELL’INTERO GENOMA DI UN CEPPO DI IBV GENOTIPO Q1-LIKE ISOLATO IN ITALIA NEL 2013
Il virus della Bronchite Infettiva (IBV) è un virus a polarità positiva, a singolo filamento di RNA appartenente alla famiglia delle Coronaviridae, genere Coronavirus. Presenta un genoma di circa 27.6 Kb (5-UTR-1a/1ab-S-3a-3b-E-M-5a-5b-N-3 UTR). IBV è responsabile di gravi perdite economiche nel settore avicolo (Jackwood e de Wit, 2013) dovute a infezioni del tratto respiratorio superiore, associate anche a infezioni batteriche secondarie, e dei reni. Nei riproduttori può colpire anche l’apparato riproduttore influenzando negativamente l’ovodeposizione e la qualità delle uova prodotte.
Le strategie di controllo della malattia sono principalmente basate sul largo utilizzo della vaccinazione sebbene l’immunità indotta dai vaccini è a volte poco protettiva a causa della limitata cross-protezione esistente tra i diversi genotipi (de Wit et al., 2011; Cook et al., 2012). Infatti, il genoma virale di IBV è incline a mutazioni puntiformi (sostituzioni, inserzioni e delezioni) e a più estensivi fenomeni di ricombinazione, che risultano nell’origine di un gran numero di varianti di IBV (Thor et al., 2011; Jackwood et al., 2012).
Dal 1996 la presenza di un nuovo genotipo del virus di IBV, denominato Q1, è stata evidenziata in Cina (Yu et al., 2001), ed è stato riportato per la prima volta in Italia nel 2011, associato ad un aumento di mortalità preceduto da sintomatologia respiratoria, casi di nefrite e proventricolite (Toffan et al., 2011; Toffan et al., 2013).
Nel 2013, durante un focolaio di malattia respiratoria in un allevamento di broiler localizzato in nord Italia, è stata nuovamente riscontrata la circolazione di un ceppo genotipizzato, sulla base del sequenziamento della regione ipervariabile del gene S1, come Q1-like.
Il virus è stato quindi isolato e denominato γCoV/Ck/Italy/I2022/13, in accordo con la nomenclatura proposta recentemente per IBV (Ducatez et al., 2014).
Nel presente lavoro, l’intero genoma è stato sequenziato e comparato con 130 sequenze di genoma completo di IBV e Turkey Coronavirus (TCoV), scaricate da ViPR. Per identificare eventuali eventi di ricombinazine è stata eseguita un’analisi con l’utilizzo del software SimPlot sull’intero genoma. In aggiunta, la relazione fra il ceppo γCoV/Ck/Italy/I2022/13 e altri stipiti isolati a livello mondiale è stata valutata in modo più approfondito confrontandola, tramite un’analisi filogenetica, con il più ampio database di sequenze complete del gene S1. Infine, sono state discusse le ipotesi sull’origine di questo isolato.
2015 – CONTROLLO INTEGRATO DI DERMANYSSUS GALLINAE CON ELEVATE TEMPERATURE ALL’INTERNO DI ALLEVAMENTI AVICOLI
Erroneamente noto come “pidocchio rosso” – per pidocchio ci si riferisce invece ad un insetto – il Dermanyssus gallinae (De Geer) (Mesostigmata: Dermanyssidae) è un acaro.
Rappresenta uno dei più pericolosi ectoparassiti degli allevamenti avicoli [Fig.1]; la sua presenza massiccia, soprattutto a carico delle galline ovaiole arreca ogni anno pesanti ricadute sulla produttività degli animali. Diffuso in tutto il mondo, è riconosciuto il suo ruolo probabile di vettore di diversi patogeni virali e batterici (Sparangano et al., 2014). In condizioni ottimali compie l’intero ciclo vitale in una settimana. L’acaro si nutre del sangue dei volatili sia nelle forme giovanili, che da adulto, in quanto la femmina necessita di proteine per fare maturare le proprie uova (Chauve, 1998). D. gallinae passa la maggior parte della sua esistenza nascosto in vari pertugi presenti nell’allevamento e solo durante le ore notturne si muove alla ricerca dell’ospite su cui nutrirsi e sul quale non dimora a differenza di altri acari ornitofili come Ornithonyssus sylviarum (Canestrini e Fanzago) che completano il loro ciclo vitale sull’animale di cui si nutrono. Le ovaiole attaccate manifestano insofferenza, irritabilità, diminuzione della produttività e in casi estremi, con pullulazioni massicce dell’acaro, dall’anemia fino alla morte.
Nonostante lo svuotamento degli allevamenti e le operazioni di pulizia e di disinfestazione con acaricidi, l’acaro e le stesse uova possono annidarsi ugualmente negli anfratti dei capannoni e nelle pertinenze manifestandosi in modo massiccio non appena vengono introdotte le galline ovaiole. Per una efficace azione contro gli stadi vitali degli infestanti, all’interno di un allevamento è stato effettuato un trattamento con le elevate temperature con il duplice scopo di determinare la valenza di questo metodo contro D. gallinae e per esaminare l’applicabilità del sistema nell’ambito degli allevamenti. Il metodo delle elevate temperature, quale alternativa all’impiego dei gas tossici è utilizzato in Italia da diversi anni nel settore alimentare (Guerra, 2009) ed è oggi considerato un valido sistema per la disinfestazione, anche ovicida, applicabile nei pastifici (Guerra et al. 2012) e nei molini (Guerra, 2013).
- 2015 – VALUTAZIONE DELLA SENSIBILITÀ AGLI ANTIBIOTICI DI CEPPI DI ESCHERICHIA COLI ISOLATI DA AVIFAUNA STANZIALE E MIGRATORIA CATTURATA PRESSO L’ISOLA DELL’ASINARA. Galleria
2015 – VALUTAZIONE DELLA SENSIBILITÀ AGLI ANTIBIOTICI DI CEPPI DI ESCHERICHIA COLI ISOLATI DA AVIFAUNA STANZIALE E MIGRATORIA CATTURATA PRESSO L’ISOLA DELL’ASINARA.
2015 – VALUTAZIONE DELLA SENSIBILITÀ AGLI ANTIBIOTICI DI CEPPI DI ESCHERICHIA COLI ISOLATI DA AVIFAUNA STANZIALE E MIGRATORIA CATTURATA PRESSO L’ISOLA DELL’ASINARA.
L’antibiotico resistenza di batteri patogeni e commensali di origine animale è uno dei più grandi problemi di sanità pubblica in tutto il mondo. Questa considerazione è così importante che l’Unione Europea, nell’emanare le varie direttive, ha considerato l’antibiotico resistenza una “zoonosi trasversale” coì come espresso dalla Direttiva 2003/99/CE del 17 novembre 2003. In tale Direttiva, l’articolo 16 cita: “Si rende necessario sorvegliare la preoccupante insorgenza di casi di resistenza agli antibiotici (quali medicinali antimicrobici e additivi antimicrobici nei mangimi). Si dovrebbe disporre che la sorveglianza non riguardi soltanto agenti zoonotici ma anche, nella misura in cui presentano una minaccia per la sanità pubblica, altri agenti. Potrebbe rivelarsi opportuna in particolare la sorveglianza di organismi indicatori, i quali costituiscono una riserva di geni di resistenza che possono trasferire ai batteri patogeni.” Sono numerosi gli studi che hanno indagato su tale argomento, nell’uomo e negli animali d’allevamento, mentre non è ancora chiara come questa si manifesti negli animali selvatici. Infatti, nel caso della fauna selvatica, lo studio dell’antibiotico-resistenza non viene affrontato per stabilire migliori strategie di cura, bensì per valutare se ci sono tali caratteristiche e in quale entità. In particolar modo gli uccelli sono degli ottimi indicatori ambientali in quanto possono, nel loro migrare, acquisire batteri resistenti e distribuirli a seguito di contatto con attività antropiche e di allevamento. Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di monitorare l’antibiotico resistenza di ceppi di Escherichia coli isolati da avifauna stanziale e migratoria catturata presso l’Isola dell’Asinara, parco nazionale dal 1991. La scelta di questo luogo è data dalla particolare ubicazione dell’isola e dal fatto che non esistano stabili insediamenti umani ne allevamenti di animali.
2015 – INFESTAZIONE DA PHTHIRAPTERA NELL’AVIFAUNA ITALIANA
Tra gli ectoparassiti gli Phthiraptera sono quelli che dimostrano il grado di ospitespecificità superiore (13).
Sono insetti privi di ali, parassiti obbligati che completano tutto il loro ciclo vitale sul corpo di un organismo ospite dove si nutrono principalmente di frammenti di penne, epidermide desquamata, sangue o secreti (8).
L’infestazione avviene in maniera opportunista soprattutto quando gli ospiti sono in stretto contatto, come ad esempio durante l’accoppiamento.
I primi lavori scientifici riguardanti lo studio degli Phthirapetra in Italia risalgono al 1882 con gli elenchi ed i cataloghi di Simonetta (19), Picaglia (16 ,17) e Berlese (1, 2) successivamente dalla metà del secolo scorso i lavori di Conci (4, 5, 6), Manilla e colleghi (12, 13, 14) arrivarono a definire 267 specie di Phthiraptera rinvenuti su fauna italiana.
Recentemente, il gruppo di autori scrivente, ha ripreso lo studio di questi ectoparassiti aggiornando ulteriormente la lista e portando il numero di specie a 273 (9).
La presente pubblicazione intende analizzare i dati raccolti su questi parassiti in 9 anni di studio, segnalando inoltre una specie nuova per la fauna italiana aggiornando quindi il numero di Phthiraptera sul territorio nazionale a 274.