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Il metapneumovirus aviare (aMPV) è un patogeno di grande importanza per l’industria avicola, in quanto in grado di determinare sindromi respiratorie sia nel tacchino che nel pollo che se complicate da infezioni batteriche secondarie possono conseguire in rilevanti perdite economiche (7).
Alla fine degli anni ’80 sono stati messi in commercio vaccini vivi attenuati che hanno permesso il controllo di tali infezioni. Tuttavia in campo si osservano ancora forme respiratorie riferibili ad aMPV (2, 5). Ciò è stato imputato a diverse cause tra cui la vaccinazione mal praticata, scarsa durata dell’immunità e incompleta protezione tra i sottotipi (11, 15).
Diversi studi hanno inoltre dimostrato la possibilità di fenomeni di reversione a virulenza di questi vaccini e riportato, sia per vaccini allestiti con aMPV sottotipo A e sottotipo B, i siti coinvolti in questo fenomeno (3, 4). Sebbene la presenza di sottopopolazioni vaccinali caratterizzate da una diversa virulenza sia stata riporta per il sottotipo A (12), questo non preclude il concomitante ruolo di una progressiva evoluzione con acquisizione di mutazioni dei ceppi vaccinali durante la catena di trasmissione in vivo. Nel presente studio, un vaccino basato su aMPV sottotipo B è stato sottoposto a deep sequencing tramite protocolli di Next Generation Sequencing (NGS) al fine di identificare e studiare la presenza di sottopopolazioni virali potenzialmente implicate nel fenomeno di reversione a virulenza.
2015 – VALUTAZIONE DELLA SENSIBILITÀ ANTIBIOTICA DI CEPPI DI ESCHERICHIA COLI ISOLATI DA SPECIE AVICOLE ALLEVATE E DA A VIFAUNA SELVATICA
L ’antibioticoresistenza è un fenomeno biologico naturale che si verifica per l’emergenza e la diffusione di fattori di resistenza batterica agli antibiotici ed è innescata ed amplificata dalla pressione selettiva esercitata sulle popolazioni microbiche attraverso l’uso di questi farmaci. L’utilizzazione inadeguata di antimicrobici terapeutici in medicina umana e veterinaria, l’impiego di queste molecole per fini non terapeutici (la cosiddetta “chemioprofilassi antibiotica”) e l’inquinamento ambientale da antimicrobici accelerano la comparsa e la propagazione di microrganismi resistenti. Le maggiori criticità al momento riguardano i ceppi di Staphylococcus aureus meticillino-resistenti (MRSA), i ceppi di enterococchi vancomicina-resistenti (VRE) e i ceppi batterici Gram negativi (in particolare Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae) produttori di beta-lattamasi ad ampio spettro (ESBL/AmpC).
Il settore zootecnico è particolarmente coinvolto dal problema. L’Unione Europea e le autorità sanitarie nazionali hanno deciso di fronteggiare il problema attraverso misure restrittive ma soprattutto incentivando un impiego “prudente e ragionato” dell’utilizzo degli antibiotici (1,2). E’ inoltre necessario implementare le misure di biosicurezza e, laddove possibile, di profilassi immunizzante nonché il ricorso a prodotti alternativi.
Tra i paesi europei maggiormente attivi nella riduzione dell’uso degli antibiotici in medicina veterinaria, l’Olanda ha adottato fin dal 2008 un programma che si prefigge un calo del 70% delle vendite di antibiotici nel settore zootecnico alla fine del 2015 (prendendo come riferimento i quantitativi venduti nel 2009) (7). Il programma olandese classifica gli antibiotici nelle seguenti categorie:
- Prima scelta: comprende antibiotici per i quali non si prevede una limitazione all’impiego purchè quest’ultimo sia ovviamente destinato esclusivamente a scopi terapeutici. Vi appartengono alcune beta-lattamine (come ad esempio la penicillina G e la penicillina V), le tetraciline, i sulfamidici (anche associati al trimethoprim), i fenicoli (tiamfenicolo e florfenicolo) alcuni macrolidi (ad esempio la tilosina ma non nel settore avicolo), le pleuromutiline, la rifaximina, la bacitracina e l’avilamicina.
- Seconda scelta: il loro impiego va giustificato in funzione della diagnosi e dell’applicazione di test di sensibilità in vitro. Questi ultimi si possono evitare solo per terapie di emergenza. Vi appartengono alcune beta-lattamine (amoxicillina, ampicillina, acido clavulanico) alcune cefalosporine (come cefalexina e cefapirina), alcuni macrolidi (come la tilosina e la tilmicosina per le specie avicole e la tulatromicina), alcuni aminoglicosidi (apramicina, gentamicina, kanamicina, neomicina, streptomicina, spectinomicina) e alcuni fluorochinoloni (flumequina, acido oxolinico).
- Terza scelta: vi appartengono antibiotici considerati di importanza critica per la salute umana. Il loro impiego in ambito veterinario va riservato a terapie individuali come conseguenza di indagini batteriologiche seguite da prove di sensibilità in vitro e in assenza di alternative. Questo gruppo comprende alcune cefalosporine (cefoperazone, ceftiofur e cefquinome) e alcuni fluorochinoloni (tra cui enrofloxacin e marbofloxacin).
- E’ infine vietato l’impiego degli antibiotici non inclusi nelle categorie appena descritte. In particolare il divieto si riferisce agli antibiotici non inclusi nella tabella 1 del Regolamento CE 37/2010 (che stabilisce l’elenco delle sostanze farmacologicamente attive consentite e ne fissa i limiti massimi residuali negli alimenti di origine animale) oppure elencati (come sostanze proibite) nella tabella 2 del medesimo regolamento (8).
A livello diagnostico è fondamentale un’attività costante di studio delle caratteristiche di antibiotico-resistenza dei ceppi batterici isolati al fine di valutare nel tempo l’andamento del fenomeno e di evidenziare tempestivamente la comparsa di nuove problematiche. Questa attività deve comprendere sia le specie allevate che la fauna selvatica.
Il presente studio si è indirizzato sullo studio delle caratteristiche di antibiotico-resistenza dei ceppi di Escherichia coli isolati da specie avicole allevate e da specie appartenenti alla avifauna selvatica.
Escherichia coli è un normale costituente della flora intestinale dell’uomo e della maggior parte delle specie animali, sia domestiche che selvatiche. Può essere facilmente disseminato in svariati ecosistemi attraverso acqua, terreno e alimenti.
Questo microrganismo è frequentemente implicato in patologie enteriche e sistemiche (di interesse umano e veterinario) per la cui terapia è spesso richiesto l’impiego di antibiotici. Di conseguenza non è infrequente la comparsa di fenomeni di antibiotico-resistenza tra cui particolare importanza viene attribuita ai ceppi produttori di beta-lattamasi ad ampio spettro (ESBL/AmpC) resistenti agli antibiotici beta-lattamici e, in particolare, ad alcune penicilline e cefalosporine.
Escherichia coli è considerato il più diffuso tra i batteri patogeni aviari. Colpisce infatti tutte le specie allevate, a qualsiasi età e in tutte le tipologie produttive. E’ solitamente responsabile di infezioni sistemiche (favorite da fattori condizionanti di natura virale e/o ambientale) e, più raramente, di infezioni localizzate (quali ad esempio il coligranuloma o malattia di Hjarre). L’infezione da Escherichia coli è responsabile di gravi perdite economiche legate agli indici di mortalità, alla riduzione delle performance zootecniche e all’aumento degli scarti in fase di macellazione.
L’avifauna selvatica svolge un ruolo importante nella diffusione dell’antibiotico-resistenza in vari modi:
- Come “sentinella” in grado cioè di colonizzare, in funzione dell’habitat di appartenenza, ceppi batterici antibiotico-resistenti provenienti da attività umane o allevamenti zootecnici.
- Come “serbatoio” e potenziale diffusore (in particolare per le specie migratorie) di ceppi antibiotico-resistenti.
- Come possibile fonte di antibiotico-resistenza per l’uomo e le specie animali allevate.
- 2015 – QUALITÀ DELL’ACQUA IN ALLEVAMENTI DI TACCHINI IN VENETO: CONFRONTO CHIMICO-FISICO E MICROBIOLOGICO TRA APPROVVIGIONAMENTO CON POZZO E CON ACQUEDOTTO Galleria
2015 – QUALITÀ DELL’ACQUA IN ALLEVAMENTI DI TACCHINI IN VENETO: CONFRONTO CHIMICO-FISICO E MICROBIOLOGICO TRA APPROVVIGIONAMENTO CON POZZO E CON ACQUEDOTTO
2015 – QUALITÀ DELL’ACQUA IN ALLEVAMENTI DI TACCHINI IN VENETO: CONFRONTO CHIMICO-FISICO E MICROBIOLOGICO TRA APPROVVIGIONAMENTO CON POZZO E CON ACQUEDOTTO
Il regolamento 852/2004/CE stabilisce i requisiti per l’acqua di abbeverata nelle produzioni animali e precisa che deve risultare “potabile o pulita, al fine di prevenire la contaminazione delle specie allevate”, ma non stabilisce alcun limite di accettabilità.
La mancanza di disposizioni specifiche riguardo alla qualità dell’acqua di abbeverata rappresenta a oggi un rilevante punto critico per il benessere e la sanità animale in relazione alle qualità igienico-sanitarie dei prodotti da essi derivati: l’acqua proveniente da pozzi artesiani (comune fonte di approvvigionamento idrico) potrebbe risultare contaminata a causa di infiltrazione da parte di sostanze inorganiche, fertilizzanti, batteri, contaminanti e patogeni (Rossi e Gastaldo, 2005). Inoltre, acque non idonee potrebbero comportare anche riduzione delle prestazioni produttive, alterazione della qualità dei prodotti e danni alle attrezzature (Enne et al., 2006).
Negli ultimi anni è aumentata l’attenzione sulla problematica connessa ai contaminanti chimici e biologici nell’alimentazione animale ed è stato recentemente svolto uno studio sulla qualità dell’acqua di abbeverata negli allevamenti suinicoli del Veneto (Giacomelli et al., 2014), ma resta una sostanziale carenza scientifica riguardo alla qualità dell’acqua nel settore avicolo. L’importanza della quantità e qualità dell’acqua nell’alimentazione zootecnica viene spesso sottovalutata, in realtà l’acqua è essenziale, sia per quantità richieste sia per costanza dei fabbisogni, intimamente coinvolta in tutte le funzioni fisiologiche e metaboliche dell’organismo animale. Studi specifici hanno dimostrato che alcune caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua influenzano negativamente l’efficacia dei farmaci (antibatterici e antielmintici) quando somministrati in veicolo acquoso. In particolare, pH, durezza e salinità non idonei possono diminuire la solubilità dei principi attivi e favorire la precipitazione degli stessi come composti insolubili, causando un sottodosaggio del farmaco (Enne et al., 2006), con la possibile comparsa di fenomeni di antibiotico-resistenza nelle popolazioni batteriche.
Per quanto riguarda invece la qualità microbiologica, l’EFSA ha recentemente indicato l’acqua di abbeverata come una delle cause di contaminazione diretta da Campylobacter spp. per animali e uomo (EFSA, 2011), e studi sul settore avicolo hanno riportato che la somministrazione di acqua di pozzo contaminata può essere il veicolo di introduzione di Campylobacter in allevamenti (Zimmer et al., 2003; Pérez-Boto et al., 2010). A questo riguardo sono ancora scarsi i dati disponibili, sebbene Campylobacter rappresenti un importante agente zoonotico, per il quale la direttiva 99/2003/CE raccomanda la definizione di opportuni programmi di sorveglianza.
Sulla base di queste motivazioni è stato attuato un progetto di ricerca per il monitoraggio della qualità dell’acqua di abbeverata in un campione di allevamenti di tacchini con approvvigionamento a pozzo e ad acquedotto, omogeneamente distribuiti nel territorio della Regione Veneto. Sono stati valutati durezza, pH, salinità, ferro, rame, indici di inquinamento agricolo quali ammoniaca, nitrati e solfati, quella di cationi indicatori di inquinamento industriale quali il cromo. È stata valutata anche la qualità microbiologica dell’acqua analizzando i seguenti parametri: cariche batteriche totali a 22 °C e 37 °C e presenza e conteggio di E. coli ed enterococchi, quali indicatori di inquinamento fecale. Il conteggio delle colonie batteriche a 22 °C è un indicatore di scarso significato sanitario, ma è utile per valutare l’efficacia del trattamento dell’acqua, o per valutare la pulizia e l’integrità del sistema idrico di distribuzione. Un incremento nel conteggio delle colonie batteriche a 37 °C può rappresentare un segnale precoce d’inquinamento antropico e una loro presenza elevata può essere causa di malattie come gastroenteriti e infezioni della cute e delle mucose, particolarmente in animali con compromissione del sistema immunitario (Bonato, 2007). Infine, è stato valutato il ruolo dell’acqua di abbeverata quale potenziale fonte di infezione da Campylobacter spp.
2015 – UN CASO DI OSTEOSARCOMA NEL GHEPPIO (FALCO TINNUNCULUS)
Un giovane esemplare di gheppio veniva ricoverato presso il Centro di Recupero Animali Selvatici (CRAS) di Napoli. L’animale era incapace di volare e presentava difficoltà locomotorie. All’esame clinico appariva disidratato, denutrito e anemico. Era presente, inoltre, una frattura consolidata a livello tibiotarsico sinistro con deviazione dell’arto. Il gheppio veniva trattato con una soluzione salina standard e un complesso vitaminico. L’esame radiografico della zampa sinistra, eseguito in proiezione craniocaudale, mostrava gravi lesioni morfostrutturali dell’epifisi distale del femore, della fibula, del tibiotarso e della porzione prossimale del tarsometatarso. Le lesioni erano caratterizzate da lisi permeativa diffusa e lievi reazioni periostali con ispessimento dei tessuti molli. Erano presenti, inoltre, una frattura patologica della diafisi distale dell’osso tibiotarsico sinistro e una frattura patologica della diafisi tarsometatarsica della zampa destra. Venivano effettuate delle biopsie nel sito delle lesioni, fissate in metanolo e colorate con il metodo Diff-Quik per la valutazione citologica.
All’esame citologico si osservavano rare e atipiche cellule fusiformi e cellule giganti multinucleate. Tali aspetti permettevano la diagnosi di osteosarcoma. A causa delle gravi condizioni, il volatile veniva sottoposto ad eutanasia. Successivamente, si eseguiva un esame necroscopico nel corso del quale non si osservavano metastasi a carico degli organi celomatici. Si raccoglievano, quindi, campioni dalle lesioni alle zampe che venivano posti in formalina al 10% per l’esame istopatologico. Le lesioni venivano sezionate e demineralizzate in acido tricloroacetico al 5%, incluse in paraffina e colorate con ematossilina-eosina e alcian blue-PAS.
A livello istologico, le lesioni erano rappresentate da proliferazione di cellule neoplastiche con coinvolgimento della cavità midollare e invasione della corteccia sovrastante. Le cellule neoplastiche variavano da fusiformi a pleomorfe con citoplasma basofilo, nuclei ipercromatici e nucleoli multipli. Erano presenti rare figure mitotiche.
Le cellule giganti multinucleate erano simili agli osteoclasti ed erano sparse in tutto il tumore; inoltre, filamenti ialini, eosinofili e tessuto osteoide erano disposti come trabecole irregolari separate da cellule maligne. Il tessuto osteoide era frammisto a matrice cartilaginea azzurra (alcian blue–PAS) ed era disposto irregolarmente come spicole tra piccole cellule fusiformi simili a cellule neoplastiche reticolari dello stroma del midollo osseo. Erano, inoltre, associati alla proliferazione neoplastica, lieve infiammazione ed emorragia. Pertanto, l’esame istopatologico evidenziava la presenza di osteosarcoma condroblastico.
2015 – THE TURKEY INTESTINAL MICROBIOME: A NEXT GENERATION SEQUENCING APPROACH
The diversity and functions of microbes in the gastrointestinal tract is a field of ongoing research, aiming to establish the correlation between them and different genetic changes, diseases, relationship with therapy and the influence on metabolism or immune system of the host (Moura-Alvarez et al. 2014, Danzeisen et al. 2013). The distribution of bacterial population depends on the environment, the different zones of the organism in which microbes grow, the age and the diet of the host.
For our study, samples from four parts of the intestine of turkeys (duodenum, jejunum, ileum and cecum) were collected to obtain a characterisation of intestinal microbiome. Four abundant phyla were found: Actinobacteria, Bacteroidetes, Firmicutes and Proteobacteria. For these phyla analysis at family level were performed, and results shown that Lactobacillaceae family has the higher percentage in samples, while at genus level Lactobacillus (phylum Firmicutes), is the most abundant and homogeneously distributed bacterial genus presented in the gut of turkeys, except in cecum zone.
2015 – TRASMISSIONE VERTICALE: UNA POSSIBILE VIA DI INFEZIONE PER I CIRCOVIRUS?
La famiglia Circoviridae comprende attualmente due generi, Gyrovirus e Circovirus (International Committee on Taxonomy of Viruses). I virus appartenenti al genere Circovirus sono di ridotte dimensioni, non presentano envelope e possiedono un genoma circolare a DNA a doppio filamento delle dimensioni approssivamente di 2 kb (Niagro et al., 1998, Todd et al. 2004; Varsani et al., 2010).
Tra i mammiferi, le infezioni da Circovirus sono state associate a manifestazioni cliniche nel suino (Allan and Ellis, 2000; Ellis et al. 1999), nei cani (Li et al. 2013; De Caro et al. 2014) e, recentemente, in visoni affetti da patologia enterica (Lian et al. 2014). Tra i volatili, il circovirus più noto è il responsabile della malattia del becco e delle penne (Beak and Feather Disease Virus – BFDV) dei pappagalli, caratterizzata da immunodepressione e da tipiche alterazioni del becco e del piumaggio (Todd, 2000).
Circovirus è stato identificato in numerose altre specie di volatili non psittaciformi, tra cui i piccioni (Duchatel et al., 2006; Todd et al. 2008), lo struzzo (Shivaprasad et al. 1993; Eisenberg et al. 2003), l’oca (Chen et al. 2003; Yu et al. 2007), il cigno (Halami et al. 2008), l’anatra (Smyth et al., 2005; Zhang et al. 2013), il gabbiano (Twentyman et al, 1999), il corvo australiano (Stewart et al, 2006), lo storno (Dayaram et al, 2013), il canarino (Todd et al., 2001; Phenix et al., 2001; Rampin et al., 2006), ed il diamante di Gould (Shivaprasad et al., 2004). Le manifestazioni cliniche e le lesioni indotte dal virus non sono tuttavia costanti e sovrapponibili nelle diverse specie. D’altro canto anche nei pappagalli, in cui circovirus è di solito associato alla Malattia del becco e delle penne, l’infezione può evolvere a volte senza sintomi specifici evidenti (Circella et al. 2012; Todd et Gortazar, 2012). Le diverse evoluzioni dell’infezione così come la gravità sembrano poter essere influenzate da numerosi fattori tra cui la specie colpita, l’età degli animali, il livello di anticorpi materni, i diversi stipiti virali coinvolti nell’infezione, la dose infettante e la copresenza di altri agenti patogeni (de Kloet et de Kloet, 2004).
Analogamente, anche alcuni aspetti epidemiologici dell’infezione non sono del tutto chiari. E’ noto che l’infezione si trasmetta per via orizzontale attraverso l’assunzione, sia in maniera diretta che indiretta, del virus diffuso dagli animali infetti con le desquamazioni cutanee, le penne, le feci e il rigurgito, il quale può favorire infezioni molto precoci dei soggetti recettivi, già in fase di nidiacei (Gerlach, 1994; Todd 2004).
Tuttavia, l’evenienza di una trasmissione verticale dell’infezione è stata ipotizzata già diversi anni fa, in seguito a prove sperimentali che hanno portato ad evidenziare l’insorgenza dell’infezione in nidiacei di pappagallo nati in incubatrice, e pertanto senza aver avuto un contatto diretto con i riproduttori positivi al virus (Gerlah, 1994).
Gli studi in proposito ad oggi sono ancora scarsi e frammentari.
Lo scopo di questo lavoro è stato quello di investigare la trasmissione verticale del virus in un gruppo di volatili in corso di infezione naturale da circovirus.
- 2015 – STUDIO SPERIMENTALE PRELIMINARE DELL’EFFETTO DELL’ADDIZIONE ALL’ACQUA DI BEVANDA DI LACTOBACILLUS ACIDOPHILUS D2/CSL SULLE PERFORMANCE PRODUTTIVE E SULLA MICROFLORA INTESTINALE DEL POLLO DA CARNE Galleria
2015 – STUDIO SPERIMENTALE PRELIMINARE DELL’EFFETTO DELL’ADDIZIONE ALL’ACQUA DI BEVANDA DI LACTOBACILLUS ACIDOPHILUS D2/CSL SULLE PERFORMANCE PRODUTTIVE E SULLA MICROFLORA INTESTINALE DEL POLLO DA CARNE
2015 – STUDIO SPERIMENTALE PRELIMINARE DELL’EFFETTO DELL’ADDIZIONE ALL’ACQUA DI BEVANDA DI LACTOBACILLUS ACIDOPHILUS D2/CSL SULLE PERFORMANCE PRODUTTIVE E SULLA MICROFLORA INTESTINALE DEL POLLO DA CARNE
I probiotici sono microrganismi vivi che, somministrati in quantità adeguate, conferiscono benefici di varia natura alla salute dell’ospite.
Lactobacillus acidophilus, in particolare, è una delle principali specie che alberga nell’intestino dell’uomo e degli animali domestici e presenta una elevata capacità di aderire alle cellule epiteliali del digerente del pollo. Numerosi studi hanno evidenziato effetti positivi della somministrazione di lattobacilli sulle performance del pollo da carne e questi sono stati spesso correlati al riequilibrio del microbiota gastrointestinale, ovvero all’incremento delle popolazioni microbiche commensali e saccarolitiche a discapito di quelle potenzialmente patogene e putrefattive.Lo scopo del presente studio è stato quello di valutare l’effetto dell’addizione all’acqua di bevanda di L. acidophilus D2/CSL sulle performance produttive e su alcune popolazioni microbiche del digerente del pollo da carne.
2015 – VACCINAZIONE CON CEPPO TERMOSENSIBILE DI MYCOPLASMA SYNOVIAE IN UN GRUPPO DI POLLI RIPRODUTTORI PESANTI: DATI PRELIMINARI
Il Mycoplasma synoviae (MS) è uno dei micoplasmi considerati patogeni per le specie avicole di interesse industriale, con importanti ripercussioni in termini produttivi. La trasmissione del patogeno può avvenire sia orizzontalmente (diffusione del patogeno tra animali/gruppi infetti) che verticalmente (trasmissione alla progenie attraverso l’uovo). Come per tutti i patogeni che hanno ripercussioni negative sulle performances zootecniche, diverse e svariate sono le misure che possono permettere un contenimento o mitigamento della problematica; tra queste possiamo ricordare la costituzione e il mantenimento dei gruppi di riproduttori MS-free, il trattamento antibiotico mirato in caso di infezione e recentemente anche la vaccinazione mediante un vaccino vivo allestito con un ceppo termosensibile.
La recente introduzione del vaccino ha naturalmente stimolato alcune domande sia dal punto di vista laboratoristico, che sul suo comportamento in campo. In particolare dal punto di vista diagnostico la differenziazione tra ceppi di campo “wild” e ceppi vaccinali rappresenta una sfida interessante, mentre conoscere un po’ più in dettaglio i comportamenti del ceppo vaccinale in campo risulta essere molto utile per l’interpretazione dei dati analitici e quindi anche per la definizione dello stato sanitario del gruppo.
Negli ultimi anni la possibilità di differenziare genotipicamente i ceppi di MS è stata applicata da differenti laboratori attraverso una metodica di PCR per il gene denominato vlhA (Variable Lipoprotein Hemagglutinin A ), inoltre recentemente altri geni del patogeno sono stati indagati per meglio differenziare i ceppi vaccinali.
Scopo del presente lavoro è stato quello di monitorare un allevamento di riproduttori pesanti vaccinati con il ceppo termosensibile (MS-H) tramite indagine laboratoristiche sulla progenie ed eventualmente confermare che tale ceppo non è soggetto a trasmissione verticale.
A tal fine sono stati valutati diversi parametri come la sua stabilità genotipica e il mantenimento dello stesso all’interno dell’allevamento in funzione del tempo, e la risposta sierologica degli animali.
2015 – VALUTAZIONE DI ANTIBIOTICO RESISTENZA E PROFILO GENETICO DI CAMPYLOBACTER SPP. TERMOFILI ISOLATI DA POLLI BROILER
Campylobacter spp. è considerato, a livello mondiale, tra i principale agenti batterici responsabili di tossinfezioni [14]. Le specie più comunemente associate ad infezione e malattia nell’uomo sono rappresentate da C. jejuni, seguito da C. coli e C. lari [4]. Il consumo di alimenti di origine animale, in particolar modo prodotti avicoli, costituiscono la principale sorgente di infezione umana [1]. Oltre alle potenzialità zoonotiche, l’importanza che tale batterio riveste per la Sanità Pubblica è dovuta alla sua capacità di resistere alla maggior parte di antibiotici impiegati in medicina umana e veterinaria.
Numerosi sono infatti gli episodi di resistenza riportati nei confronti di tetracicline, eritromicina, fluorochinoloni, beta-lattamici [16,12,13]. Obiettivo del lavoro è stato quello di valutare, in ceppi di C. jejuni e C.coli, isolati da polli broiler in allevamento e alla macellazione, il profilo genetico e la suscettibilità nei confronti alcuni antibiotici.
- 2015 – APPLICAZIONE DI MODELLI DI VALUTAZIONE IN VITRO DELL’ATTIVITÀ ANTIBATTERICA DI MONOGLICERIDI DEGLI ACIDI GRASSI A CORTA E MEDIA CATENA NEI CONFRONTI DI SALMONELLA SPP. Galleria
2015 – APPLICAZIONE DI MODELLI DI VALUTAZIONE IN VITRO DELL’ATTIVITÀ ANTIBATTERICA DI MONOGLICERIDI DEGLI ACIDI GRASSI A CORTA E MEDIA CATENA NEI CONFRONTI DI SALMONELLA SPP.
2015 – APPLICAZIONE DI MODELLI DI VALUTAZIONE IN VITRO DELL’ATTIVITÀ ANTIBATTERICA DI MONOGLICERIDI DEGLI ACIDI GRASSI A CORTA E MEDIA CATENA NEI CONFRONTI DI SALMONELLA SPP.
Lo sviluppo dell’antibiotico resistenza, ed in particolare di multi-resistenze di batteri zoonosici, ha evidenziato l’importanza di sviluppare nuove strategie di controllo delle infezioni microbiche. Tali strategie sono state discusse all’OIE/IABS international conference on ‘‘Alternatives to antibiotics’’ (OIE/IABS, 2012) e al 3rd International Conference on Responsible Use of Antibiotics in Animals (BASTIANSEE, 2014). Nell’ambito di queste varie strategie, gli acidi organici a corta e media catena hanno dimostrato sia in vivo che in vitro attività antimicrobica verso diversi agenti microbici, in particolare l’acido butirrico e caprilico (Kabara et al., 1972; Hilmarsson et al., 2006; Thormar et al., 2007). Diversi vantaggi, come l’aumento delle performance, miglioramento della qualità delle carcasse, diminuzione della colonizzazione intestinale, ed effetti trofici sulla mucosa intestinale sono stati riportati (Leeson et al., 2005). Inoltre, effetti secondari sul sistema immunitario hanno evidenziato una down regulation dell’espressione dei geni implicati nella invasione intestinale, in particolare della SPI-1 di Salmonella spp. (Gantois et al., 2006) e sulla espressione di citochine pro-infiammatorie (Zhang et al., 2011). L’obiettivo del presente lavoro è stata la valutazione di uno score di potenza in vitro di questi prodotti nei confronti di ceppi di SE e ST aviari, mediante un sistema integrato basato sulla inibizione della crescita batterica, sulla determinazione dell’invasione di cellule IPEC-J2 e test di killing batterico valutato mediante citofluorimetria a flusso.