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2014 – FILOGENESI DI CIRCOVIRUS SULLA BASE DELLE SEQUENZE DEL GENOMA COMPLETO IDENTIFICATI IN SPECIE DIVERSE DI PAPPAGALLI

BFDV, Beak and Feather Disease Virus, appartiene alla famiglia Circoviridae e al genere Circovirus (Bassami et al, 1998). A tale genere appartengono virus identiicati in numerose altre specie come il suino, Porcine Circovirus (PCV-1, PCV-2) (Hamel et at, 1998), e virus identiicati nei volatili, nel piccione Pigeon Circovirus (PiCV) (Mankertz et al, 2000), nell’oca Goose Circovirus (GoCV) (Todd et al, 2001b), nel canarino Canary Circovirus (CaCV) (Todd et al, 2001), nell’anatra Duck Circovirus (DuCV) (Todd et al, 2005), nel gabbiano Gull Circovirus (GuCV) (Twentyman et al, 1999), nel Diamante di Gould Finch Circovirus (FiCV) (Shivaprasad et al, 2004), nel corvo australiano Australian raven Circovirus (RaCV) (Stewart et al, 2006), nello storno Starling Circovirus (StCV) (Dayaram et al, 2013), e nel cigno Swan Circovirus (SwCV) (Halami et al, 2008).
BFDV è responsabile nei pappagalli di una la patologia denominata “ Malattia del becco e delle penne” (Psittacine Beak and Feather Disease – PBFD), in virtù della localizzazione tipica delle lesioni riscontrate a livello del becco e delle penne (Gerlach, 1994). La patologia se pur descritta inizialmente in popolazioni di pappagalli selvatici in Australia (Paré et Robert, 2007), attualmente l’infezione è segnalata in tutto il mondo nei pappagalli allevati in cattività a seguito del commercio globale di volatili esotici, ed è stata identiicata in più di 60 specie di psittacidi (Varsani et al, 2011).
Non sempre l’infezione evolve con sintomi speciici evidenti (Circella et al. 2012), ma classicamente la PBFD può manifestarsi in tre diverse forme cliniche, iperacuta, acuta e cronica, in base all’età dei volatili colpiti (Gerlach, 1994). Le lesioni a carico del becco e delle penne appaiono più frequentemente nelle evoluzioni croniche (Todd et Gortazar, 2012). L’infezione è associata ad immunosoppressione che espone i pappagalli all’insorgenza di infezioni secondarie (Todd, 2000).
Le diverse forme con cui la malattia si manifesta sono legate inoltre a numerosi e complessi fattori tra cui la specie colpita, il livello di anticorpi materni, i diversi stipiti coinvolti nell’infezione, la dose infettante e la co-presenza di altri agenti patogeni (de Kloet et de Kloet, 2004).
In questo lavoro sono stati analizzati geneticamente stipiti di circovirus identiicati in pappagalli infetti appartenenti a specie diverse, provenienti da differenti località del centro e sud Italia (tabella 1) ed è stata valutata un’eventuale correlazione tra stipite virale e forma clinica osservata nel soggetto infetto.
Per l’ampliicazione della regione rep sono state allestite due diverse reazioni di PCR, con due differenti coppie di primer, BFDV2/4 (Ypelaar et al., 1999) e DCiVf/r (Todd et al., 2001), che ampliicano due diverse regioni del gene che in parte si sovrappongono. L’intero genoma dei ceppi oggetto di studio è stato ampliicato mediante la tecnica del circolo-rotante (Dean et al., 2001), o mediante primer disegnati sulla base delle regioni conservate del genoma. Per il completamento di tutte le sequenze genomiche secondo la tecnica del cromosome walking, sono stati disegnati e sintetizzati diversi oligonucleotidi.
Le sequenze genomiche ottenute sono state allineate tra loro e con un pannello rappresentativo di genomi di BFDV presenti in GenBank. Il genoma di riferimento di Circovirus del canarino (Todd et al. 2001) è stato utilizzato come radice per le successive analisi ilogenetiche. La dimensione del genoma di tutti i virus identiicati, ampliicati e sequenziati era compresa tra 1.994 pb (IT03) e 2.010 pb (IT213). In tutte le sequenze sono state evidenziate le due ORF, rep e CP. Dall’analisi delle sequenze è emerso che, su tutte, è presente la sequenza altamente conservata TAGTA TTAC, considerata il sito di potenziale origine di replicazione del genoma virale (V arsani et al., 2011), e che alcuni stipiti condividevano altre sequenze ripetute ed invertite soprattutto a monte e a valle dei due geni rep e CP. La struttura di tali regioni ripetute invertite ha i requisiti per originare delle strutture secondarie, pertanto è altamente probabile che si formi una struttura Steam and loop in queste regioni. I ceppi di BFDV nel complesso mostravano una distanza media, in percentuale di posizioni nucleotiche, del 5,9%. Nel particolare è possibile identiicare una sostanziale identità tra i virus identiicati nei cenerini, ad eccezione di mIT60 che mostrava un’identità più elevata con IT24 identiicato nel cacatua. Tale dato risulta molto interessante considerato che i due virus, strettamente correlati ilogeneticamente, venivano identiicati in due volatili appartenenti a due famiglie differenti, Cacatuidae e Psittacidae. Inine i ceppi IT05 e IT06 mostravano un’identità del 100% derivando da due inseparabili che condividevano la stessa gabbia. In base alle percentuali di divergenza nucleotitica (Varsani et al., 2011), è possibile individuare tre diversi ceppi: a (IT05 ed IT06, b comprendente tre varianti: b1 (IT02 ed IT213), b2 (IT24 ed IT60) e b3 (IT30, IT32, IT47 ed IT54), e c (IT03).
Le sequenze genomiche dei virus identiicati sono state comparate con un pannello scelto tra quelle presenti in GenBank. È interessante osservare che i virus riscontrati nei cenerini della variante B3 mostravano un’identità superiore al 98%, con una serie di virus identiicati in Portogallo in cenerini e altri psittaciformi, che ugualmente avevano manifestato un’evoluzione acuta della malattia (Henriques et al., 2010). Dall’analisi dell’albero ilogenetico emerge una parziale speciicità d’ospite di BFDV, dato che alcune varianti sembrano prediligere specie ben precise, anche se le stesse varianti sono state poi identiicate in ospiti di specie piuttosto distanti tra loro. Ad esempio sequenze corrispondenti ad IT03 (identiicato nella cocorita) sono state riscontrate prevalentemente nelle cocorite, ma sono state riportate anche in un cacatua se pur in condizioni di forte promiscuità di specie. Complessivamente l’analisi ilogenetica condotta su un pannello più ampio di virus chiarisce alcuni aspetti critici, come le relazioni clonali tra i ceppi, ma sembra indicare una scarsa specie-speciicità d’ospite, in quanto virus identiicati da specie di pappagalli distanti tra loro entrano a far parte degli stessi clade.
Tuttavia, va considerato che i valori di bootstrap sono piuttosto bassi e quindi le relazioni ilogenetiche tra i virus possono variare notevolmente a seconda della regione genomica di riferimento. Sono state condotte analisi aggiuntive, per chiarire alcuni aspetti delle relazioni ilogenetiche tra gli stipiti oggetto di studio, considerando singolarmente le sequenze dei geni rep e CP e valutando i possibili eventi ricombinativi. Da queste analisi emerge che i ceppi A e B1 abbiano avuto origine da un ancestore comune e che successivamente un evento di ricombinazione che ha coinvolto il gene rep, li abbia separati. Pertanto, la variante b1 può essere riclassiicata come variante A2 del ceppo A. Alla luce di tutte le analisi condotte, i virus analizzati si possono riclassiicare come: ceppo A, variante A1 (IT05 ed IT06); ceppo A, variante A2 (IT02 ed IT213); ceppo B, variante B1 (IT24, IT60 e IT82); ceppo B, variante B2 (IT30, IT32, IT47 e IT54) e ceppo C (IT03).
In conclusione, dalle analisi ilogenetiche si può evincere che sicuramente esiste una certa predisposizione d’ospite di BFDV, ma non è esclusa la possibilità di un passaggio dello stesso stipite ad altre specie, soprattutto in condizioni di forte promiscuità e di contatto ravvicinato. Tali condizioni renderebbero possibile sia l’adattamento di un ceppo a più ospiti, sia la possibilità di coinfezioni nello stesso animale da parte di stipiti diversi, condizione favorevole per l’instaurarsi di eventi di ricombinazione che hanno un ruolo di fondamentale importanza nell’evoluzione di BFDV.
Pertanto per il controllo dell’infezione diventa fondamentale non solo applicare piani di controllo igienico-sanitario, ma anche evitare la stretta promiscuità di specie differenti.
2014 – FILOGENESI DI CIRCOVIRUS SULLA BASE DELLE SEQUENZE DEL GENOMA COMPLETO IDENTIFICATI IN SPECIE DIVERSE DI PAPPAGALLI2023-09-14T17:40:30+02:00

2014 – CONTAMINAZIONI MICROBICHE DEL SACCO VITELLINO DI PULCINI DI UN GIORNO E VALUTAZIONE DELLA FARMACOSENSIBILITÀ DI CEPPI DI ENTEROCOCCUS SPP.

Durante il secondo giorno d’incubazione dell’uovo, il tuorlo viene circondato da membrane extraembrionali dando origine al sacco vitellino che, attraverso una ricca vascolarizzazione, provvederà a fornire all’embrione i nutrienti necessari al suo sviluppo. Due giorni prima della schiusa il sacco vitellino viene inglobato all’interno della cavità celomatica garantendo una riserva energetica per il pulcino nelle prime 24 ore di vita. La completa scomparsa del residuo del sacco vitellino avverrà tra il 10° e il 14° giorno di vita, a seconda di molteplici fattori tra i quali riveste una particolare importanza la rapidità con la quale il pulcino acquisisce la funzionalità digestiva (Buhr et al. 2006). Grazie alla ricchezza di sostanze nutritive, il contenuto del sacco vitellino rappresenta un ottimo substrato per lo sviluppo di molteplici specie microbiche. Tra queste le più comunemente isolate sono Escherichia coli ed Enterococcus spp. anche se non mancano segnalazioni di contaminazioni del sacco vitellino ad opera di Bacillus cereus, Pseudomonas aeruginosa, Staphylococcus spp., Proteus spp., Salmonella spp., Enterobacter spp., Campylobacter spp., Aspergillus spp. (Buhr et al. 2006; Listera and Barrow, 2008; Cortes et al., 2005; Khan et al., 2004). L’iniammazione dell’ombelico prende il nome di “onfalite” ed è accompagnata da infezione microbica del sacco vitellino. L’onfalite è tra le prime cause di mortalità neonatale e viene solitamente contenuta attraverso la somministrazione di antibatterici nei primi giorni di vita del pulcino (Terregino et al. 2000; Listera and Barrow, 2008). Tra i fattori che possono inluenzare un’incompleta cicatrizzazione ombelicale e l’insorgenza di onfalite si segnalano condizioni ambientali non ottimali quali bassa concentrazione atmosferica d’ossigeno, elevata temperatura e umidità relativa.
Sebbene siano molteplici le informazioni presenti in letteratura circa le specie microbiche contaminanti i sacchi vitellini di soggetti deceduti in seguito ad onfalite, sono scarsi i dati che riguardano lo stato di contaminazione microbica di questi importanti residui embrionali in soggetti sani. Di seguito vengono riportati i risultati di un’indagine batteriologica eseguita su gruppi di pulcini sani di 1 giorno di vita, destinati alla produzione della carne, e i risultati di farmacosensibilità di ceppi di Enterococcus spp. isolati dal sacco vitellino.
2014 – CONTAMINAZIONI MICROBICHE DEL SACCO VITELLINO DI PULCINI DI UN GIORNO E VALUTAZIONE DELLA FARMACOSENSIBILITÀ DI CEPPI DI ENTEROCOCCUS SPP.2023-09-14T16:01:36+02:00

2012 – 1992 – 2012 PROBIOSI: STORIA O SFIDA?

La microflora gastrointestinale di animali adulti e sani varia enormemente in funzione di numerose e complesse interazioni in grado di inibire la colonizzazione di patogeni invasivi.
Squilibri in tale ecosistema riducono l’effetto di protezione della microflora autoctona fornendo una valida opportunità ai microrganismi patogeni enterici di colonizzare l’intestino.
Questa patologica situazione si può facilmente osservare negli animali durante i periodi di stress o in seguito a somministrazione di antibiotici.
Non è tuttavia da sottovalutare che, anche in situazioni cosiddette normali, i nostri polli da carne, allevati secondo rigide norme di igiene e prevenzione, vivono in modo ben diverso dal fisiologico modo di nascere e crescere naturale.
Solo in un ambito naturale, infatti, i pulcini ricevono quella flora microbica che è parte integrante e inscindibile dall’apparato digerente.
Non è questa la sede per dilungarci in disquisizioni e spiegazioni sulla necessaria presenza di una flora microbica fisiologica per dare quel giusto equilibrio e corretta funzionalità all’apparato digerente. La letteratura, a tal proposito, ci fornisce dettagliato ed abbondante materiale esplicativo  e ad essa rimandiamo.
L’esclusione competitiva e l’apporto diretto di flora microbica, rappresentano quell’intervento di profilassi indiretta operato al fine di migliorare l’equilibrio microbico intestinale.
Durante 20 anni di lavoro di campo si è avuta la possibilità di raccogliere e documentare la potenzialità di tale metodo sul miglioramento dei risultati zoo economici, sul miglioramento del benessere degli animali allevati e sulla possibilità di ridurre l’uso di farmaci antibiotici nell’allevamento (argomento di estrema attualità).
Con il seguente lavoro si intende evidenziare e mettere a disposizione di tutti come la somministrazione  in acqua di bevanda di una flora costituita da cellule vive di specie batteriche selezionate produttrici di acido lattico, specifiche per specie avicole, abbia influito sul miglioramento delle performance produttive di una azienda di produzione broiler.
In pratica vogliamo evidenziare le potenzialità di tale metodo senza false illusioni nè affrettate disillusioni.
Il numero degli animali ed il consolidamento della pratica attraverso la durata della sua applicazione sono garanti della realisticità dei dati mostrati.
Sarà compito di ciascun zoognosta trovare l’eventuale utilità ed i vantaggi che tale metodo potrebbe apportare in ogni singola realtà produttiva e decidere, di conseguenza e secondo i casi, se possa essere conveniente o meno accettare ed utilizzare tale metodo.
2012 – 1992 – 2012 PROBIOSI: STORIA O SFIDA?2023-09-15T14:31:17+02:00

2012 – VARIAZIONE NEL TEMPO DELLA SENSIBILITÀ DI DERMANYSSUS GALLINAE NEI CONFRONTI DI MOLECOLE ACARICIDE UTILIZZATE IN CAMPO

Dermanyssus gallinae (De Geer, 1978) (Mesostigmata: Dermanyssidae) rappresenta uno dei problemi parassitologici più rilevanti ma anche più sottovalutati che l’avicoltura moderna si trova ad affrontare. Questo acaro, infesta prevalentemente il pollo ed il tacchino, ma è segnalato anche in numerose specie di uccelli selvatici e d’affezione.  È diffuso sia negli allevamenti avicoli a terra sia in quelli in batteria, prediligendo particolarmente le galline ovaiole e i riproduttori (Chauve, 1998).  La sua importanza è evidente se si esaminano le statistiche sulla prevalenza negli allevamenti di vari paesi Europei ed extraeuropei: le prevalenze di D. gallinae, infatti, in numerosi paesi, possono raggiungere valori dell’80-90% (Sparagano et al., 2009), con punte del 100% in alcune aree della Polonia (Cencek, 2003).
D. gallinae è un parassita ematofago obbligato, non permanente in quanto rimane sull’ospite solo il tempo necessario ad effettuare il pasto di sangue (Baker, 1999). Il livello di infestazione sull’animale può essere molto elevato (si stimano popolazioni di acari anche fino a 30.000 per soggetto), e si traduce frequentemente in sintomi clinici e cali della produzione che difficilmente l’allevatore attribuisce all’azione del parassita (Nordenfors et al., 2000).
Questa parassitosi è da considerare senz’altro una patologia professionale; gli acari, infatti, frequentemente infestano gli operatori addetti alla cura degli animali, che riportano rush cutaneo, prurito e dermatite (Cafiero et al., 2011).
D. gallinae è stato anche riconosciuto quale potenziale vettore di vari agenti patogeni (ad es. Salmonella gallinarum, Salmonella enteritidis, Chlamidia psittaci, Erysipe-lothrix rhusiopathiae) per l’uomo o per gli animali (Chirico et al., 2003; Valiente Moro et al., 2009; Circella et al., 2011; Camarda et al., 2012). Questa abilità renderebbe possibile la diffusione e la persistenza di patologie all’interno degli allevamenti anche dopo periodi di vuoto sanitario (Camarda et al., 2012).
Per il controllo delle infestazioni da D. gallinae sono impiegate numerose molecole: carbammati, organofosforici, piretrine e piretroidi, amidine (amitraz) (Chauve, 1998).
Alcune di queste, in particolare Amitraz, Piretrine e Piretroidi sono comunemente e dichiaratamente impiegate negli allevamenti avicoli italiani (Cafiero et al., 2010).
Un fattore limitante all’uso degli acaricidi negli allevamenti consiste nel loro divieto di utilizzazione in presenza di animali. Da pochi anni, è stata introdotta sul mercato una molecola appartenente alla classe degli organofosforici (phoxim) (ByeMite, Bayer®) caratterizzata da un periodo di sospensione di sole 12 ore e pertanto impiegabile anche in capannoni in cui siano accasati animali.
La riduzione dell’efficacia degli acaricidi segnalata in campo dagli operatori del settore, ma anche da recenti risultanze sperimentali (Marangi et al., 2009) ha ispirato il presente lavoro in cui tre diverse molecole acaricide, appartenenti alle classi più frequentemente impiegate negli allevamenti, sono state testate in vitro su popolazioni di D. gallinae provenienti da aziende avicole distribuite sul territorio italiano. La ricerca, condotta in un arco di tempo di circa 5 anni, ha inteso valutare l’evoluzione della sensibilità manifestata dalle popolazioni di acari nel tempo.
2012 – VARIAZIONE NEL TEMPO DELLA SENSIBILITÀ DI DERMANYSSUS GALLINAE NEI CONFRONTI DI MOLECOLE ACARICIDE UTILIZZATE IN CAMPO2023-09-15T14:28:40+02:00

2013 – VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DI FITOCSC® NEI CONFRONTI DI CEPPI DI E. COLI E SALMONELLA SPP. ANTIBIOTICO-RESISTENTI ISOLATI DAL POLLAME

Numerosi studi hanno evidenziato, negli ultimi anni, le potenzialità dell’utilizzo degli estratti vegetali e degli oli essenziali quali sostitutivi dell’uso di antibiotici quali promotori di crescita e regolatori della microlora intestinale nel settore zootecnico.
Tra gli effetti principali risulta particolarmente interessante l’attività inibitoria nei confronti di microrganismi patogeni antibiotico-resistenti vista la diffusione crescente di questo fenomeno.
Questo studio preliminare è stato svolto allo scopo di valutare l’eficacia antibatterica in vitro del prodotto Fito CSC®, formulato per l’aggiunta all’acqua di bevanda negli allevamenti avicoli, nei confronti di ceppi di batteri antibiotico-resistenti di provenienza avicola. Il prodotto contiene prodotti naturali botanicamente deiniti:  Cassia (Cinnamomum aromaticum; contenuto in trans-cinnamaldeide pari al 4.60%), Origano (Origanum vulgare) e Timo (Thymus vulgaris) (titolo totale 100.000 mg/kg), additivi organolettici, sostanze aromatiche e acido citrico (11.000 mg/kg) con funzione conservante. L’analisi preliminare del prodotto ha dato i seguenti risultati: sostanza secca 13%, ibra grezza 0.5%, proteina grezza < 0.5%, grassi 0%, ceneri 5%, Na 1,9%, Cl 3%, pH 4.89.
Per il test sono stati utilizzati 6 ceppi di Escherichia coli e 1 ceppo di Salmonella Typhimurium isolati da avicoli e selezionati per la presenza di resistenza antibiotica, come riportato nella tabella.
2013 – VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DI FITOCSC® NEI CONFRONTI DI CEPPI DI E. COLI E SALMONELLA SPP. ANTIBIOTICO-RESISTENTI ISOLATI DAL POLLAME2023-09-15T14:20:47+02:00

2013 – EFFETTI DELLA VACCINAZIONE CON BIO-VAC SGP695 IN GALLINE OVAIOLE INFETTATE SPERIMENTALMENTE CON S. ENTERICA SUBSP. ENTERICA SEROVAR ENTERITIDIS

BIO-V AC SGP695 è un vaccino vivo attenuato contro la tifosi aviare avente come principio attivo il ceppo Salmonella gallinarum/pullorum SGP695AV(è) (Salmonella enterica subsp. enterica serovar Gallinarum o S. Gallinarum), capace di conferire protezione verso Salmonella Gallinarum (1).
Assieme alla tifosi aviare un’altra infezione di particolare importanza per l’allevamento avicolo ed in particolare per quello dell’ovaiola è l’infezione da S. Enteritidis (S.  enterica subsp. enterica serovar Enteritidis) soprattutto per le implicazioni di sanità pubblica connesse alla peculiarità di questo sierotipo di infettare l’ovario e di conseguenza contaminare l’uovo.
Questo sierotipo rappresenta la maggior causa di salmonellosi di origine alimentare nell’uomo a livello mondiale da 20 anni e in questo periodo il più importante veicolo di infezione risulta appunto l’uovo di gallina infetta (2).
S. Gallinarum e S. Enteritidis appartengono entrambi al sierogruppo O D1 avendo formula antigenica rispettivamente 1,9,12:-:- e 1,9,12:g,m:- pertanto è possibile la protezione crociata fra i due serovars.
In passato, diversi studi hanno valutato la cross-protezione di vaccini per salmonella verso i serovar correlati, dimostrando che vaccini vivi per salmonella sono capaci di conferire un certo grado di cross-immunità verso serovars appartenenti allo stesso sierogruppo (3, 4, 5, 6).
Scopo del presente lavoro è stato la valutazione della protezione crociata indotta dalla vaccinazione con BIO-V AC SGP695 nei confronti dell’infezione sperimentale da S. Enteritidis in ovaiole, valutando in particolare la capacità di ridurre la colonizzazione dell’ovario, per prevenire la contaminazione dell’uovo per uso alimentare.
2013 – EFFETTI DELLA VACCINAZIONE CON BIO-VAC SGP695 IN GALLINE OVAIOLE INFETTATE SPERIMENTALMENTE CON S. ENTERICA SUBSP. ENTERICA SEROVAR ENTERITIDIS2023-09-15T14:19:29+02:00

2013 – NUOVE SPECIE DI MALLOFAGI (INSECTA: PHTHIRAPTERA) PER L’AVIFAUNA ITALIANA.

Gli Phthiraptera (comunemente chiamati pidocchi) sono insetti privi di ali, ectoparassiti obbligati che completano tutto il loro ciclo vitale sul corpo di un organismo ospite dove si nutrono principalmente di frammenti di penne, epidermide desquamata, sangue o secreti (Johnson & Clayton 2003).
L’infestazione avviene in maniera opportunista soprattutto quando gli ospiti sono in stretto contatto, come ad esempio durante l’accoppiamento.
Anche per questa ragione essi dimostrano un grado di ospite-specificità di gran lunga superiore alla maggior parte di altri parassiti metazoi (Marshall, 1981).
Attualmente, in Italia, è stata riscontrata e segnalata la presenza di 267 specie di Phthiraptera (Manilla 2003), associate soprattutto ad uccelli ed in particolar modo a passeriformi.
In questo articolo si desidera rendere note sei specie di mallofagi, non ancora segnalate in Italia, rilevate su uccelli consegnati a un centro di recupero animali selvatici (C.R.A.S.) o catturati tramite reti in centri di inanellamento autorizzati dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) nel periodo dal 2006 al 2012.
Gli ectozoi sono stati raccolti grazie alla nebulizzazione di spray antiparassitario a base di piretroidi, attraverso una tecnica standardizzata.
Il campione risulta quindi composto da 362 uccelli, di cui 38 positivi ad ectoparassiti della classe Insecta per un totale di 189 ectozoi raccolti appartenenti all’ordine Phthiraptera (62 Amblycera, 127 Ischnoera).
Oltre ad altri parassiti già precedentemente segnalati nella checklist della fauna italiana (Manilla 2003) sono stati da noi raccolti:
  • Bruelia jacobi (1 ninfa) da merlo (Turdus merula);
  • Coloceras piageti (9 femmine, 8 maschi, 2 ninfe) da tortora dal collare orientale (Streptopelia decaocto);
  • Columbicola bacillus (20 femmine, 23 maschi, 8 ninfe) da tortora dal collare orientale (Streptopelia decaocto);
  • Hohorstiella  modesta (1 ninfa) da tortora dal collare orientale (Streptopelia decaocto);
  • Menacanthus sinuatus (3 ninfe) da cinciallegra (Parus major);
  • Ricinus serratus (3 femmine) da allodola (Alauda arvensis).
È stata inoltre riscontrata la presenza di una larva appartenente al genere Menacanthus su di un esemplare di pettirosso (Erithacus rubecula), associazione non ancora nota a livello mondiale (Price et al. 2003). Quest’ultima segnalazione necessita però di ulteriori approfondimenti poiché, al momento, non è possibile escludere una crossinfestazione accidentale (ad esempio attraverso i contenitori utilizzati per il trasporto dalle reti di cattura al centro di inanellamento).
La presente pubblicazione vuole dare un piccolo contributo allo studio degli Phthiraptera in Italia, ampliando le conoscenze acquisite da importanti studi precedenti (Simonetta 1882; Picaglia 1885 a-b; Berlese 1894-1895; Conci 1940 a-b-c; Manilla & Cicolani 1983; Martin-Mateo & Manilla 1988) riguardo a un ordine di ectoparassiti che può di certo essere sfruttato per la sua peculiare valenza ecologica.
2013 – NUOVE SPECIE DI MALLOFAGI (INSECTA: PHTHIRAPTERA) PER L’AVIFAUNA ITALIANA.2023-09-15T14:17:16+02:00

2013 – INDAGINE SULLA COLONIZZAZIONE DA CAMPYLOBACTER TERMOFILI IN ALLEVAMENTI DI TACCHINI DA CARNE: RISULTATI PRELIMINARI

L’infezione umana da Campylobacter termoili (soprattutto C. jejuni e C. coli) costituisce un problema di Sanità Pubblica di notevole rilevanza, essendo ormai da anni la zoonosi più frequentemente riportata nell’Unione Europea (EFSA & ECDC, 2012) e una delle principali cause di gastroenterite batterica umana a livello mondiale (Humphrey et al., 2007). Le specie avicole domestiche sono il principale reservoir di Campylobacter termoili, che albergano nel loro tratto gastroenterico senza manifestare sintomatologia. La maggior parte degli studi svolti ino ad oggi sull’infezione da Campylobacter spp. negli avicoli riguarda il pollo, al quale viene riconosciuto un ruolo di rilievo quale fonte d’infezione per l’uomo. Infatti, la manipolazione, la preparazione e il consumo di carne di pollo rappresentano la causa principale di campilobatteriosi umana (EFSA, 2010). Al contrario, sebbene il tacchino da carne sia considerato una potenziale fonte di trasmissione di Campylobacter spp. all’uomo e nonostante la sua carne sia di largo consumo, la colonizzazione da parte di Campylobacter spp. di questa specie avicola commerciale è stata scarsamente indagata. Da indagini svolte negli scorsi anni in Nord Italia dal nostro gruppo di ricerca è emersa una notevole diffusione di C. jejuni e C. coli sia in allevamenti intensivi di polli, sia in allevamenti intensivi di tacchini da carne, e la persistenza di questi microrganismi durante tutto il ciclo produttivo nei gruppi di tacchini (Giacomelli et al., 2012a, 2012b). Alla luce di questi riscontri, abbiamo ritenuto necessario approfondire le dinamiche epidemiologiche dell’infezione da Campylobacter termofili nel tacchino da carne, in particolare per individuare le possibili fonti d’introduzione e le vie di diffusione del microrganismo negli allevamenti intensivi, aspetto che non è stato ancora chiarito. A questo scopo è stato intrapreso un monitoraggio longitudinale in due allevamenti intensivi di tacchini da carne che ospitavano la progenie di riproduttori colonizzati da Campylobacter termofili. Il monitoraggio si è svolto per due cicli produttivi consecutivi, durante i quali sono stati presi in esame sia gli animali, sia campioni ambientali e possibili vettori di Campylobacter spp.
2013 – INDAGINE SULLA COLONIZZAZIONE DA CAMPYLOBACTER TERMOFILI IN ALLEVAMENTI DI TACCHINI DA CARNE: RISULTATI PRELIMINARI2023-09-15T14:15:02+02:00

2013 – MYELOID LEUKOSIS IN BROILER CHICKEN FARMS LEUCOSI MIELOIDE IN ALLEVAMENTI COMMERCIALI DI BROILER

Il Complesso Leucosi-Sarcoma Aviare (ALS) comprende una varietà di tumori trasmissibili a carattere benigno e maligno dei volatili, causati da membri appartenenti alla famiglia Retroviridae (Fenton et al., 2005). La leucosi linfoide in questo ambito è una delle forme di più frequente riscontro, sebbene negli ultimi anni  siano aumentate le segnalazioni inerenti a forme di mielocitomatosi e mieloblastosi  in riproduttori pesanti (Bagust et al., 2004; Thapa et al., 2004; V enugopal, 1999), in galline commerciali (Xu et al., 2004; Cheng  et al., 2005) e, sebbene più raramente in polli broiler (Fadly e Smith,1999;  Wang e Juan, 2002; Thapa et al., 2004; Fenton et al., 2005). Dei numerosi  sottogruppi  virali ALS, ALV- J, segnalato la prima volta in Inghilterra (Payne et al., 1991),  è ritenuto  il principale responsabile della comparsa di forme di leucosi mieloide  e mielocitomatosi. In questa sede  vengono descritti casi di leucosi mieloide, verificatisi spontaneamente in campo in  2 cicli successivi di broiler di età compresa tra i 40-50 giorni.
2013 – MYELOID LEUKOSIS IN BROILER CHICKEN FARMS LEUCOSI MIELOIDE IN ALLEVAMENTI COMMERCIALI DI BROILER2023-09-15T14:13:38+02:00

2013 – IMPIEGO DEL MALDI-TOF PER L’IDENTIFICAZIONE DI SPECIE BATTERICHE CLINICAMENTE RILEVANTI PER IL POLLAME

La spettrometria di massa basata sulla tecnica MALDI-TOF (Matrix-Assisted Laser Desorption Ionization-Time Of Flight) è stata recentemente introdotta nei laboratori di diagnostica microbiologica e si è dimostrata un valido e veloce strumento per l’identificazione batterica. Numerosi studi in campo umano hanno infatti dimostrato come questa tecnica possa efficacemente sostituire i test fenotipici classici per l’identificazione della maggior parte dei patogeni batterici routinariamente isolati dai campioni clinici (1-4).
Il principio su cui si basa la tecnologia MALDI-TOF è la possibilità di separare una miscela di ioni in funzione del loro rapporto massa/carica (m/z). Il campione opportunamente trattato viene irradiato con un laser pulsato che ne permette il desorbimento e la ionizzazione, gli ioni così prodotti vengono accelerati grazie all’esposizione ad un campo elettrico e separati in base alla loro m/z attraverso la corsa lungo un tubo di volo posto sottovuoto (5). Nel caso specifico dell’identificazione batterica, il materiale di partenza è un estratto proteico del microorganismo mescolato con un’idonea matrice che ne favorisce la ionizzazione.
Il risultato della corsa è costituito da uno spettro proteico che risulta differente tra microorganismi appartenenti a diverse specie e nel quale vengono riportati i valori m/z di tutte le proteine ionizzate. Il passaggio finale che porta all’identificazione è la comparazione di questi ingerprints proteici con un database di spettri di referenza mediante l’uso di specifici algoritmi i quali generano una lista di possibili specie di appartenenza con un valore indicante l’affidabilità di ciascun abbinamento (1, 6).
Numerosi studi hanno valutato e messo in luce l’utilità e l’affidabilità della spettrometria di massa in ambito umano ma i dati sono ancora mancanti per quanto riguarda l’applicazione in campo veterinario (1-4, 7, 8). Lo scopo di questo lavoro preliminare è stato quindi quello di valutarne l’applicazione per l’identificazione di specie batteriche clinicamente rilevanti per il pollame.
2013 – IMPIEGO DEL MALDI-TOF PER L’IDENTIFICAZIONE DI SPECIE BATTERICHE CLINICAMENTE RILEVANTI PER IL POLLAME2023-09-15T14:12:10+02:00
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