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L’antibiotico-resistenza è il risultato di un complesso processo multifattoriale supportato da una serie di elementi genetici mobili capaci di veicolare e trasferire determinanti di resistenza. Il trasferimento orizzontale di materiale genetico tra batteri è un fenomeno particolarmente diffuso e piuttosto comune nell’ecologia dei batteri, soprattutto nei gram-negativi (Stokes & Hall, 1989). Esistono diverse strutture genetiche spesso tra loro correlate, in grado di promuovere l’acquisizione e il trasferimento tra batteri di cluster di geni di resistenza agli antimicrobici, in particolare plasmidi, trasposoni e integroni (Carattoli, 2001). Gli integroni sono strutture genetiche in grado di acquisire, integrare ed esprimere geni contenuti in cassette mobili, definiti geni-cassetta. Ad oggi sono state descritte molte cassette geniche codificanti resistenze verso diversi antimicrobici, in particolare aminoglicosidi, β-lattamici, trimethoprim e cloramfenicolo (Mazel, 2006). Queste strutture contengono tre componenti funzionali: i) il gene intI, che codifica per un enzima, l’integrasi, facente parte della famiglia delle tirosinricombinasi sito-specifiche che catalizza l’inserimento delle cassette geniche nel ii) sito di ricombinazione atti, e iii) un promotore responsabile dell’espressione dei geni-cassetta inseriti (Carattoli, 2001). In base alla sequenza del gene intI codificante per l’integrasi, si distinguono diverse classi di integroni, caratterizzate da differenze sia da un punto di vista strutturale che funzionale. Tuttavia, le classi più diffuse e meglio caratterizzate sono le prime due e sembrano essere quelle maggiormente coinvolte nella diffusione dell’antibiotico-resistenza tra batteri, sia gram-positivi, sia gram-negativi (Carattoli, 2001; Mazel, 2006).
Lo scopo del presente studio è di determinare i profili fenotipici e genotipici di antibiotico-resistenza di ceppi di E. coli commensali (AFEC) e patogeni (APEC) isolati da volatili d’allevamento, con particolare riguardo alla ricerca e caratterizzazione degli integroni di classe 1 e 2.
2013 – INFEZIONE DA POLYOMAVIRUS IN NIDIACEI DI DIAMANTE DI GOULD (ERITHRURA GOULDIAE)
Le infezioni da Polyomavirus sono state riscontrate in diverse specie di mammiferi tra cui il cavallo, il bovino, il coniglio, i roditori e l’uomo (Perez-Losada et al. 2006; Renshaw et al. 2012; Wong and Xagoraraki, 2011; Groenewoud et al., 2010). Colpiscono inoltre i volatili (Johne and Müller, 2007). Al contrario di quanto accade nei mammiferi in cui le infezioni vengono riscontrate in soggetti immunodepressi, nei volatili polyomavirus è in grado di indurre in soggetti non immunocompromessi gravi quadri clinici, i cui aspetti posso variare in funzione dello stipite virale coinvolto e della specie colpita. Nei pappagalli, polyomavirus è responsabile della BFD (Budgerigars Fledgling Disease) (Bernier et al. 1981; Bozemann et al., 1981), grave patologia riscontrata inizialmente nei pappagalli ondulati (Melopsittacus undulatus) in cui è ben nota, ma evidenziata nel corso degli anni in numerose altre specie di psittacidi in tutto il mondo (Katoh et al. 2010). Tale patologia è caratterizzata da elevati tassi di mortalità nei giovani e dall’insorgenza di anomalie distroiche del piumaggio (Gerlach, 1994). Tra i volatili di interesse zootecnico, polyomavirus (GHPV – Goose Hemorragic Polyomavirus) è noto come l’agente eziologico della HNEG (Hemorrhagic Nephritis and Enteritis of Geese) (Guerin et al. 2000), malattia caratterizzata da improvvisa ed elevata mortalità dei giovani, con riscontro in sede necroscopica di enterite e nefrite necrotica-emorragica (Lacroux et al. 2004; Palya et al., 2004).
Polyomavirus è stato identificato inoltre nella taccola e, tra i fringillidi, nel cardellino, nel ciuffolotto e nel canarino.
In questo lavoro viene riportato un grave caso di infezione da polyomavirus in un allevamento in cui venivano allevate specie diverse di volatili, tutte appartenenti alla famiglia Estrildidae. In particolare, un’elevata mortalità dei novelli è stata osservata in un lock costituito da: 15 coppie di Diamante di Gould (Erythrura gouldiae), 15 coppie di Diamante codarossa (Neochmia ruicauda), 5 coppie di Diamante di Tanimbar (Erythrura tricolor), 2 coppie di Diamante guttato (Stagonopleura guttata), 2 coppie di Diamante variopinto (Emblema picta), 2 coppie di Diamante codalunga (Poephila acuticauda), 2 coppie di Diamante di Kittliz (Erythrura trichroa), 8 coppie di Diamante pappagallo (Erythrura psittacea). Inoltre, erano presenti 50 coppie di Passeri del Giappone (Lonchura striata domestica), utilizzate come balie per allevare i piccoli di Diamante.
Durante un’intera stagione riproduttiva 120 nidiacei (88.8%) sono morti a circa 25 giorni di età, quando erano prossimi allo svezzamento, dopo aver manifestato negli ultimi 2-3 giorni di vita apatia, anoressia e, in alcuni casi, diarrea ricca di urati. La patologia ha interessato inizialmente i Diamanti di Gould e solo nelle settimane successive le altre specie allevate. Nessun segno clinico è stato evidenziato negli adulti di Diamante e nei Passeri del Giappone. Il gruppo è stato trattato in acqua da bere senza alcun esito con amoxicillina/acido (500 mg/L) e successivamente con enroloxacina (200 mg/L).
9 nidiacei (5 D. Gould, 2 D. guttati e 2 D. variopinti), morti a distanza di almeno 7 giorni dai trattamenti antibiotici, sono stati utilizzati per le indagini diagnostiche. Alla necroscopia, sono state osservate le seguenti lesioni: decolorazione del cuore e del fegato (Figure 1a), aumento di volume della milza, deposito di urati a livello renale (Figure 1b and 1c). Gli esami batteriologici a partire da fegato, milza, e sangue del cuore hanno escluso un’infezione batterica. Analogamente, gli esami parassitologici dal contenuto intestinale hanno escluso una parassitosi intestinale. Gli esami istologici effettuati su sezioni di fegato di 4 soggetti diversi (2 D. Gould, 1 D. guttato e 1 D. variopinto) hanno invece evidenziato la presenza di una elevata quantità di corpi inclusi intranucleari di tipo Cowdry B (igure 2), indice in questa sede di una attività replicativa di virus a DNA. Pertanto, i campioni di fegato sono stati sottoposti a PCR per Circovirus e Polyomavirus. Le indagini volte alla ricerca di Circovirus sono risultate costantemente negative; al contrario le PCR per Polyomavirus hanno consentito di ottenere un amplificato dell’ampiezza attesa (266 bp). Tale positività è stata confermata anche nei campioni di milza e contenuto intestinale. Tre amplificati ottenuti da campioni di fegato (rispettivamente di Diamante di Gould, di Diamante guttato e Diamante variopinto) sono stati clonati e sequenziati. Le sequenze analizzate mediante BLAST sono risultate tra loro identiche. Queste, inoltre, presentavano un’identità del 100% con la sequenza di Finch Polyomavirus (GenBank accession number DQ192571) identiicato nel ciuffolotto (Pyrrhula pyrrhula griseiventris). Pertanto, il virus identificato è stato confermato come membro del genere Avipolyomavirus.
Quest’infezione tra gli Estrildidi era stata precedentemente segnalata solo una volta in un Diamante di Gould adulto, affetto da tumore delle cellule del Sertoli (Rossi et al. 2003). Pertanto, questo caso rappresenta la prima segnalazione di infezione associata ad elevata mortalità dei nidiacei in questa famiglia di volatili.
L’evoluzione del focolaio nel gruppo colpito ha mostrato similitudini con quanto riportato in caso di BFD nei pappagalli. Analogamente a quanto osservato nel caso descritto, in corso di BFD si osservano tassi di mortalità elevata e che possono raggiungere il 100% dei giovani, mentre gli adulti non presentano alcuna sintomatologia apparente. Inoltre, l’elevato accumulo di urati osservato nei nidiacei di Diamante esaminati richiama le glomerulonefriti che si riscontrano in corso di BFD nei pappagalli (Phalen et al. 1996; Gerlach et al. 1998).
In altre specie di volatili non psittacidi, l’infezione è stata riscontrata in corso di coinfezione da Salmonella spp. nella taccola (Corvus monedula) (Johne et al. 2006) e da Mycobacterium genavense nel cardellino (Carduelis carduelis) (Manarolla et al., 2007). In questi casi, pertanto, il potenziale di patogenicità del virus risulta poco chiaro.
Al contrario, polyomavirus è stato associato ad elevata mortalità dei nidiacei osservata per tre anni consecutivi in un lock di ciuffolotti (Pyrrula pyrrula griseiventris) (Johne et al., 2006) e ad elevata mortalità dei novelli intorno ai 40 giorni di vita nel canarino (Serinus canaria) (Halami et al., 2010).
Considerato il grave impatto che l’infezione può avere in un gruppo colpito e la mancanza di specifiche terapie, l’applicazione di corrette misure di profilassi diventa di estrema importanza. Tuttavia il vaccino, non disponibile in Italia, è registrato solo per i pappagalli e non vi sono dati relativi alla sua efficacia in specie diverse. Pertanto, una misura eficace per ridurre il rischio di introduzione dell’infezione in un gruppo potrebbe essere lo screening in PCR di tutti i soggetti di nuova introduzione e dei riproduttori, considerando che gli adulti possono veicolare il virus asintomaticamente, eliminandolo nel gruppo attraverso le feci, gli urati, i secreti e per via verticale.
2013 – CARATTERIZZAZIONE BIOMOLECOLARE DELL’ACQUISIZIONE DI RESISTENZA NEI CONFRONTI DI ENROFLOXACINA IN CEPPI DI MYCOPLASMA SYNOVIAE.
Il Mycoplasma synoviae (MS) risulta essere uno dei micoplasmi aviari considerati importanti per il settore avicolo. La sua prevalenza nel settore avicolo europeo (1) e italiano risulta elevata, a fronte di un evidente contenimento delle problematiche relative al Mycoplasma gallisepticum. La sua elevata presenza nel settore produttivo determina non poche problematiche principalmente connesse a problemi articolari, respiratori e recentemente alla produzione di uova con guscio anomalo.
Sulla base di tale dati l’esigenza di trovarsi nelle condizioni di trattare un gruppo infetto, al ine di contenere le perdite economiche, non risulta così remota. I luorochinoloni ed in particolare enroloxacina, sono stati considerati un gruppo di farmaci di primo intervento in corso di micoplasmosi. Recentemente alcuni Autori hanno riportato un incremento della resistenza del Mycoplasma synoviae nei confronti di tale molecola (2, 3), ancor più recentemente abbiamo potuto verificare l’elevata resistenza di ceppi di MS isolati sia dal territorio italiano che da altri stati europei (4).
L’acquisizione di resistenza nei confronti dei luorochinoloni avviene principalmente attraverso la mutazione della regione denominata “Quinolone Resistance-Determining Regions” (QRDRs) del gene parC o gyrA (che codiicano per la subunità A della DNA-girasi e per la topoisomerasi IV) e/o in alternativa dei geni gyrB o parE (che codificano per la subunità B della DNA-girasi e per la topoisomerasi IV). In particolare è stato riportato che a seguito di selezione in vivo la topoisomerasi IV (gene parC) sia target specifico per MS (5).
Sulle basi di tali dati abbiamo deciso di valutare in ceppi di Mycoplasma synoviae isolati in diverse regioni europee la presenza di particolari correlazioni tra le mutazioni nelle regioni “QRDRs” del gene parC e la concentrazione minima inibente rilevata in vitro secondo il calcolo della Minima Concentrazione Inibente attraverso il metodo delle microdiluizioni in brodo.
2013 – SYNANTHROPIC BIRDS AND PARASITES
Il recente e progressivo inurbamento di alcune specie ornitiche che si riscontra sia in piccoli centri urbani che in metropoli è il risultato di una colonizzazione di spazi – del tutto simili a quelli naturali – dovuta a caratteristiche funzionali alle loro esigenze. Ogni specie tende a colonizzare un’area urbana attraverso un processo di adattamento quando le caratteristiche biotiche e abiotiche di quest’ultima lo richiedono (1). Il continuo rapporto con l’uomo di queste specie in ambiente urbano, risulta estremamente interessante dal punto di vista zooantropologico e per questo risulta inevitabile focalizzare l’attenzione anche sulle problematiche igienico-sanitarie che da esse ne derivano (1). I volatili sinantropici, infatti, dovrebbero essere considerati come dei possibili “serbatoi” di varie patologie, spesso a carattere zoonotico. Lo scopo del presente studio è quello di tracciare un quadro sulle principali infezioni parassitarie in uccelli sinantropici nella città di Napoli.
2013 – CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DI CEPPI DEL VIRUS DELLA BURSITE INFETTIVA ISOLATI RECENTEMENTE IN ITALIA
Il virus della bursite infettiva (IBDV) appartiene alla famiglia Birnaviridae, all’interno del genere Avibirnavirus. E’ un virus privo di envelope, a simmetria icosaedrica, con diametro compreso tra 55 e 65 nm. Si conoscono due sierotipi di IBDV: il sierotipo 1, che comprende ceppi classici, varianti e very virulent (vvIBDV), e il sierotipo 2, che raggruppa esclusivamente ceppi apatogeni. I ceppi varianti sono comparsi negli Stati Uniti a metà degli anni ˈ80, eludono l’immunità di origine materna indotta da vaccini contenenti ceppi classici e provocano lesioni bursali non apprezzabili macroscopicamente.
Indipendentemente dal grado di patogenicità del ceppo coinvolto e dalla gravità del quadro clinico, l’infezione da IBDV si accompagna sempre ad un danno a carico del tessuto bursale, e quindi ad immunosoppressione, più grave se gli animali sono colpiti nelle prime tre settimane di vita. Il genoma di IBDV è costituito da due segmenti di RNA a doppio ilamento, rispettivamente di circa 3.300 (segmento A) e 2.900 (segmento B) pb. Il segmento A codiica per tre proteine strutturali (VP2, VP3 e VP4), prodotte sottoforma di un precursore unico che va incontro a clivaggio per dare origine alle tre singole proteine, e per una proteina non strutturale (VP5) che si ritiene abbia un ruolo importante nella patogenesi. Il segmento B codiica per la polimerasi virale (VP1) (Eterradossi e Saif, 2008).
Tra le proteine strutturali la VP2, componente del capside virale, è quella maggiormente studiata in quanto principale immunogeno di IBDV . La regione della VP2 compresa tra gli aminoacidi (aa) 206 e 350 del segmento A, deinita “ipervariabile”, comprende due picchi idroilici maggiori (P(BC), tra gli aa 212 e 224 e P(HI), tra gli aa 314 e 324) e due picchi idroilici minori (P(DE),
tra gli aa 249 e 254 e P(FG), tra gli aa 279 e 289); i primi rappresentano gli epitopi neutralizzanti, mentre negli altri si localizzano aminoacidi che inluenzano l’adattamento alle colture cellulari e la virulenza (Bayliss et al., 1990; Coulibaly et al., 2005). E’ stato dimostrato che mutazioni di singoli aminoacidi della regione ipervariabile possono, a seconda della loro localizzazione, determinare l’elusione della risposta anticorpale indotta dalla vaccinazione, come accade per le varianti, o modiicare il tropismo cellulare (Jackwood et al., 1997; Brandt et al., 2001; Jackwood et
al., 2008; Jackwood e Sommer-Wagner, 2011).
In Italia nell’ultimo decennio si è registrata la prevalente circolazione di vvIBDV, seguita dai ceppi classici. E’ stata inoltre evidenziata la presenza di ceppi correlati a virus vaccinali e di ceppi che, pur essendo correlati coi ceppi classici, si distinguono chiaramente da questi (Moreno et al. 2007; Moreno et al., 2010).
Obiettivi del presente studio sono stati: 1) valutare, mediante RT-PCR, la presenza di IBDV in gruppi di polli da carne che, pur non presentando un quadro clinico ed anatomopatologico palesemente riconducibile a bursite infettiva, erano caratterizzati da uno stato sanitario scadente e da prestazioni produttive inferiori a quelle attese, in allevamenti in cui tali problemi si ripresentavano da svariati cicli produttivi; 2) discriminare i ceppi riconducibili a vvIBDV dai non vvIBDV mediante Restriction Enzyme Analysis (REA); 3) sequenziare, nei soli ceppi non risultati vvIBDV, la regione ipervariabile della VP2, analizzarne la sequenza nucleotidica e la sequenza aminoacidica e confrontarle con le sequenze di IBDV pubblicate in GenBank e con quelle di ceppi italiani presenti in letteratura.
- 2013 – APPLICAZIONE DELLA PRINCIPAL COMPONENT ANALYSIS (PCA) PER LA CARATTERIZZAZIONE DI CEPPI DI ENTEROCOCCUS CECORUM ISOLATI IN CORSO DI SPONDILITE VERTEBRALE DEL BROILER Galleria
2013 – APPLICAZIONE DELLA PRINCIPAL COMPONENT ANALYSIS (PCA) PER LA CARATTERIZZAZIONE DI CEPPI DI ENTEROCOCCUS CECORUM ISOLATI IN CORSO DI SPONDILITE VERTEBRALE DEL BROILER
2013 – APPLICAZIONE DELLA PRINCIPAL COMPONENT ANALYSIS (PCA) PER LA CARATTERIZZAZIONE DI CEPPI DI ENTEROCOCCUS CECORUM ISOLATI IN CORSO DI SPONDILITE VERTEBRALE DEL BROILER
Enterococcus cecorum, precedentemente denominato Streptococcus cecorum, è un cocco Gram-positivo, anaerobio facoltativo, catalasi-negativo, in grado di idrolizzare l’esculina (7).
Conosciuto come commensale intestinale del pollo adulto, negli ultimi anni è stato segnalato come causa di spondilite, con sempre maggiore frequenza, in diversi paesi, Italia compresa, risultando ormai un patogeno emergente e significativo del pollo da carne (1, 3, 4, 6, 7, 8, 10).
L’infezione si osserva più frequentemente in polli da carne d’età superiore a 28 gg, prevalentemente nel maschio, con possibilità di casi subclinici ed una mortalità che può raggiungere il 15% (1, 4, 5, 6, 8). La malattia è stata riprodotta con maggior successo attraverso somministrazione del patogeno per via orale rispetto a quella intravenosa (5).
Le lesioni macroscopiche risultano eterogenee e comprendono: ostemielite del femore (“necrosi della testa del femore”), artrite e tenosinovite e, meno frequentemente, pericardite/idropericardio (4, 6, 7). Tuttavia la lesione principale e caratteristica è la spondilite a carico della vertebra toracica mobile (T4) che causa stenosi del canale vertebrale e compressione midollare secondaria. Tale lesione è associata ad una tipica sintomatologia clinica caratterizzata da cifosi, stazione sui tarsi e paralisi degli arti.
Microscopicamente si osserva un’ostemielite necrotizzante del corpo vertebrale di tipo ibrinoeteroilico, con presenza di cocchi Gram-positivi (6, 8).
Nonostante la rilevanza clinica e commerciale di questa patologia, il ciclo d’infezione e la sua patogenesi risultano ancora largamente sconosciuti (6).
Per questa ragione studi recenti hanno indagato tramite genotipizzazione la possibile emergenza di un nuovo clone patogeno e le sue vie di trasmissione (2, 3, 4, 6, 9).
I risultati ottenuti tramite PFGE su ceppi isolati nel corso di malattia, hanno evidenziato come questi siano tra loro strettamente correlati, tanto da ipotizzare l’emergenza di un clone dotato di peculiare patogenicità (2, 3, 6). Inoltre i ceppi isolati da lesioni e quelli isolati dall’intestino dei rispettivi riproduttori sono risultati geneticamente distinti portando ad escludere una possibile trasmissione verticale (6).
In nessuno studio sono state prese in esame possibili correlazioni genetiche tra ceppi isolati da diversi siti di lesione in un medesimo soggetto infetto.
Scopo del presente lavoro è indagare, tramite principal component analysis (PCA), se esistono delle similitudini tra i profili spettrometrici di E. cecorum, tali da far ritenere che sussistano connessioni epidemiologiche tra ceppi isolati da soggetti distinti, affetti da spondilite vertebrale (come già confermato dagli studi di PFGE citati) o isolati da organi/distretti diversi dello stesso soggetto.
2013 – EPISODI DI MENINGITE DA RIEMERELLA ANATIPESTIFER NEL POLLO DA CARNE: ASPETTI CLINICI E DIAGNOSTICI
Riemerella anatipestifer è un bacillo Gram-negativo, asporigeno, immobile, catalasi ed ossidasi positivo, causa di una grave malattia contagiosa tipica dell’anatra domestica che prende il nome di setticemia essudativa (1). In tale specie l’intervallo di maggiore suscettibilità all’infezione varia da 1 a 6 settimane di vita, mentre risulta rara nei riproduttori. Provoca ingenti perdite economiche nei sistemi di allevamento intensivo di anatidi, con elevata morbilità e mortalità variabile tra 5 e 50%. L’infezione può inoltre sporadicamente interessare l’oca, il tacchino ed il pollo (1). In quest’ultima specie le segnalazioni sono estremamente scarse tanto che negli ultimi 40 anni se ne contano solo 2: una in Australia e l’altra in Asia (2, 3).
Nell’anatra si ritiene che il patogeno, presente nell’ambiente, penetri nell’ospite attraverso le vie respiratorie o tramite lesioni traumatiche cutanee, soprattutto a carico del piede. Una volta entrata in allevamento, la patologia diventa endemica con andamento stagionale a trasmissione orizzontale (1). Dopo un’incubazione di 2-5 giorni si manifestano i segni clinici che comprendono depressione e atassia, scolo oculo-nasale, sintomatologia respiratoria, diarrea verdastra e sintomatologia nervosa terminale caratterizzata da tremori del capo e del collo che precedono il coma (1).
La lesione tipica negli anatidi è una diffusa poliserosite, maggiormente evidente su pericardio e fegato. Possono essere inoltre presenti meningite, necrosi del tessuto linfoide, frequente salpingite mucopurulenta o caseosa ed una forma d’infezione cronica localizzata che si manifesta a carico delle articolazioni o come dermatite necrotica del dorso ed in sede pericloacale (1).
In questo lavoro vengono descritti gli aspetti clinici e diagnostici di due episodi d’infezione da Riemerella anatipestifer del pollo da carne osservati in Italia nel corso del 2012 e 2013.
- 2013 – INFLUENZA DELLA COLONIZZAZIONE INTESTINALE DA BRACHYSPIRA SPP. SULLO STATO SANITARIO E SULLE PERFORMANCE PRODUTTIVE DI OVAIOLE COMMERCIALI Galleria
2013 – INFLUENZA DELLA COLONIZZAZIONE INTESTINALE DA BRACHYSPIRA SPP. SULLO STATO SANITARIO E SULLE PERFORMANCE PRODUTTIVE DI OVAIOLE COMMERCIALI
2013 – INFLUENZA DELLA COLONIZZAZIONE INTESTINALE DA BRACHYSPIRA SPP. SULLO STATO SANITARIO E SULLE PERFORMANCE PRODUTTIVE DI OVAIOLE COMMERCIALI
La spirochetosi intestinale aviare (AIS) è una patologia causata da batteri Gram negativi, spiraliformi, appartenenti al genere Brachyspira. Nel pollame sono state segnalate 7 diverse specie di Brachyspira spp., ma attualmente solo tre sono ritenute in grado di causare la malattia: B. intermedia, B. pilosicoli, B. alvinipulli (McLaren et al., 1997). Tra il pollame allevato la malattia è stata descritta in galline ovaiole, polli riproduttori (Swine e McLaren, 1997), tacchini da carne (Shivaprasad e Duhamel, 2005), faraone (Bano 2007, osservazione personale) e oche (Names et al., 2006). AIS è associata alla comparsa di sintomi enterici e a problemi produttivi la cui gravità varia a seconda della specie di Brachyspira implicata e del grado di colonizzazione. In gruppi di galline ovaiole affette da AIS è stata riportata diarrea cronica, aumento del contenuto idrico e lipidico nelle feci, ritardo dell’inizio della deposizione, riduzione della produzione d’uova e aumento della percentuale d’uova con guscio imbrattato da feci (Grifiths et al., 1987, Dwars et al., 1989, Dwars et al., 1992, Swayne et al., 1992, Trampel et al., 1994). L’aumento del contenuto idrico nelle feci si ripercuote sullo stato della pollina (galline in gabbia) o della lettiera (galline a terra) con problematiche legate all’emissione di odori, pulizia dell’ambiente e aumento di mosche in allevamento (Phillips et al., 2005).
Dato che la sintomatologia clinica e i problemi produttivi legati alla presenza di spirochete intestinali sono aspecifici, questa patologia è spesso sottodiagnosticata negli allevamenti da reddito. Ad oggi è stato condotto solo uno studio sulla prevalenza di spirochete intestinali in Italia ed ha riguardato allevamenti di ovaiole situati in provincia di Treviso. Tale indagine ha evidenziato una prevalenza pari al 34,4% riferita a spirochete intestinali patogene per il pollame (Bano et al., 2008).Nel presente lavoro vengono riportati i risultati di un’indagine sulla diffusione di spirochete intestinali condotta in alcuni allevamenti commerciali di galline ovaiole campionati nelle tre regioni italiane a maggiore vocazione avicola: Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Inoltre sono state indagati anche gruppi di ovaiole free-range situati in provincia di Bolzano.
2013 – FARMACOSENSIBILITÀ DI CEPPI CLINICI DI C. PERFRINGENS ISOLATI DA BROILER, TACCHINI DA CARNE E GALLINE OVAIOLE
Il bando dell’utilizzo dei promotori di crescita con attività antimicrobica e delle fonti proteiche di origine animale quali le farine di pesce, ha determinato negli allevamenti avicoli un aumento delle patologie gastroenteriche e in particolare di quelle che vedono implicato C. perfringens quali l’enterite necrotica e la disbatteriosi (Ven Immersel et al., 2009). C. perfringens è infatti in grado di causare malattia in seguito ad una sua proliferazione nel tubo gastroenterico e alla conseguente produzione di tossine tra le quali la tossina NetB che è stata intimamente associata alla comparsa sia della forma clinica che di quella subclinica di enterite necrotica (Keyburn et al., 2008). Il controllo di queste patologie è affidato all’azione di antimicrobici attivi nei confronti di batteri Gram-positivi, fra i quali i beta-lattamici, i macrolidi, le tetracicline, le pleuromutiline, i lincosamidi e, fuori Europa, la zinco-bacitracina. L’impiego di farmaci dovrebbe essere mirato nei confronti del ceppo di C. perfringens isolato in corso di malattia e possibilmente caratterizzato per quanto riguarda la presenza di alcuni markers genetici di patogenicità, ma tale approccio non è quasi mai attuabile poiché i tempi d’isolamento e di esecuzione di saggi di farmacosensibilità per gli anaerobi sono incompatibili con la necessità di trattare gli animali rapidamente per evitare pesanti perdite zootecniche.
Nasce quindi l’esigenza di periodici report sull’andamento delle farmacoresistenze di questo microrganismo, possibilmente mirati a testare l’efficacia di principi attivi registrati per le specie target, privilegiando ceppi isolati in corso di malattia.
Con il presente studio si è voluto quindi determinare la MIC di alcuni antimicrobici impiegati nel pollame, verso ceppi clinici di C. perfringens isolati da broiler, tacchini da carne e galline ovaiole.
2012 – DESCRIZIONE DI FOCOLAI DI BRONCHITE INFETTIVA SOSTENUTA DAL CEPPO Q1 RECENTEMENTE SEGNALATO IN ITALIA.
Il virus della bronchite infettiva aviare (IBV) è conosciuto per la sua notevole capacità di modificarsi, sia per fenomeni di mutazione che di riassortimento, riuscendo così ad evadere la risposta immunitaria dell’ospite. Nuove varianti di IBV vengono frequentemente individuate, ma non tutte hanno la capacità di diffondersi e causare malattia clinica negli allevamenti avicoli (De Witt et al., 2011).
Lo scopo del presente lavoro è quello di descrivere quanto osservato durante i focolai di bronchite infettiva sostenuta dal ceppo Q1 recentemente segnalato in Italia (Toffan et al., 2011).