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2012 – TIPIZZAZIONE MOLECOLARE DI CEPPI DI MYCOPLASMA GALLLISEPTICUM CIRCOLANTI IN ITALIA TRA IL 2010 ED IL 2012

Mycoplasma gallisepticum  (MG), patogeno a diffusione mondiale, è sicuramente il micoplasma le cui infezioni causano le maggiori ricadute sull’allevamento avicolo. L ’infezione da MG mostra un’ampia varietà di manifestazioni cliniche, variando da  infezioni asintomatiche fino a patologie respiratorie croniche con l’interessamento di patogeni secondari  (Escherichia coli, virus della Bronchite Infettiva Aviare, virus della Malattia di Newcastle) e cospicue perdite economiche dovute principalmente alla gestione delle carcasse, all’aumento dei costi per l’impiego di farmaci  ed alla riduzione della produzione e della qualità delle uova. All’interno della specie MG è stata descritta una marcata eterogeneità  in rapporto alle proprietà biologiche, tropismo tissutale, virulenza e patogenicità.
Attualmente, l’efficacia del controllo da infezione dell’MG si basa da una parte sul mantenimento dei gruppi di riproduttori micoplasma-free insieme all’applicazione di rigorose misure di biosicurezza e dall’altro sull’utilizzo di programmi vaccinali. Nel nostro paese vengono attualmente utilizzati 2 vaccini vivi: il vaccino 6/85 (Merial SAS), originato da un ceppo virulento americano attenuato mediante passaggi seriali (Evans & Hafez, 1992) ed il vaccino ts-11  (Intervet International BV), originato da un ceppo virulento australiano mediante mutagenesi chimica (Whithear et al., 1990). L’utilizzo di vaccini, in aumento negli ultimi anni, ha determinato la necessità di differenziare rapidamente i ceppi di campo dai ceppi vaccinali per una corretta diagnosi della patologia. La rapida identificazione dell’infezione da MG e la diversificazione tra i differenti ceppi di campo è essenziale allo scopo di monitorare efficacemente i focolai, identificare la sorgente di infezione ed improntare efficaci strategie di controllo. Negli ultimi anni stati messi a punto dei protocolli di PCR  (Evans et al., 2008) e PCR RealTime (Raviv et al., 2008) per differenziare i ceppi vaccinali dai ceppi di MG utilizzati per prove sperimentali in vivo (ceppi S6, R, Rlow), la cui efficacia sui ceppi di campo non è del tutto nota.
I metodi di sequenziamento di un gene target sono stati recentemente introdotti per gli studi di epidemiologia molecolare. In particolare, per la tipizzazione molecolare di MG sono stati studiati il gene pvpA (Boguslavsky et al., 2000; Liu et al., 2001), gapA (Goh et al., 1998; Keeler et al., 1996), mgc2 (Hnatow et al., 1998) e la regione 16S-23S rRNA Intergenic Spacer Region Sequence (IGSR) (Raviv et al., 2007).
Obiettivo di questo lavoro è testare i protocolli di PCR e PCR RealTime già sviluppati per differenziare i ceppi vaccinali dai ceppi di MG utilizzati per prove sperimentali in vivo, su campioni di campo raccolti su tutto il territorio nazionale oltre ad indagare la variabilità a livello molecolare dei ceppi di MG mediante sequenziamento della regione 16S-23S rRNA IGSR.
2012 – TIPIZZAZIONE MOLECOLARE DI CEPPI DI MYCOPLASMA GALLLISEPTICUM CIRCOLANTI IN ITALIA TRA IL 2010 ED IL 20122023-09-15T16:58:44+02:00

2012 – CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DI CEPPI DEL VIRUS DELLA BRONCHITE INFETTIVA AVIARE ISOLATI IN ITALIA TRA IL 1963 ED IL 1989

Il virus della Bronchite Infettiva A viare (IBV) è un coronavirus, prototipo della famiglia Coronaviridae, con genoma RNA a singolo filamento e provvisto d’envelope. E’ causa della  bronchite infettiva aviare (BI), patologia largamente diffusa e responsabile di elevate perdite economiche nell’allevamento intensivo del pollo. Si tratta di una malattia altamente contagiosa, caratterizzata da sintomi e lesioni respiratorie, che in alcuni casi può interessare anche gli apparati gastrointestinale ed uro-genitale causando nefropatologie con alta mortalità e/o problemi alla deposizione e alla qualità del guscio dell’uovo nelle galline ovaiole. Il genoma del virus codifica per 4 proteine strutturali tra le quali la proteina S, ed in particolare il frammento S1, è la parte più esposta del virus che interviene nell’attacco alla cellula ospite, comprende la maggior parte dei determinanti antigenici ed è pertanto responsabile della formazione di nuove varianti. Il sequenziamento nucleotidico e l’analisi genetica di questa regione forniscono un metodo veloce ed accurato per la genotipizzazione di IBV , oltre ad uno strumento efficace per lo studio dell’epidemiologia molecolare del virus.
Il sierotipo Massachussets della BI è stato isolato per la prima volta in Europa negli anni ’40 (Cavanagh & Davis, 1993) mentre Petek, Paparella & Catelani, e Galassi descrissero contemporaneamente la BI per la prima volta in Italia nel 1956.
L ’andamento della malattia nel nostro paese, riguardo la prevalenza e la gravità, è stato fluttuante negli anni. Alla virosi primaria respiratoria inizialmente osservata, a partire dagli anni ’60 si aggiunse la sindrome “nefrite/nefrosi” dovuta a ceppi nefropatogeni ( Pascucci et al., 1990). A questo periodo risale infatti la prima segnalazione di un nuovo sierotipo in Italia: il ceppo nefropatogeno 1731PV (Rinaldi et al., 1966). Durante gli anni ’70 la BI si è andata gradualmente attenuando,  Zanella segnalava in quegli anni la notevole diffusione del ceppo nefropatogeno AZ23/74 ( Zanella, 1976). All’inizio degli anni’80 si assiste invece ad una sensibile ripresa della malattia e durante tutto il decennio si sono moltiplicati gli isolamenti di ceppi differenti, tra i quali il 3794/Fo/83 (Pascucci et al., 1986a) associato a gravi forme respiratorie, ed utilizzato anche nei prodotti vaccinali. Negli anni ‘80 sono state isolate con una certa frequenza le varianti tipizzate in Olanda: il ceppo D207 (anche conosciuto come D274) ed il D212 (meglio conosciuto come D1466). In particolare, il sierotipo D274 risultava essere anche il più diffuso in alcuni paesi dell’Europa occidentale all’inizio e alla metà degli anni ’80 (Cook, 1984; Develaar et al., 1984).
Il genotipo 793/B fu identificato per la prima volta in Inghilterra nel 1990/91 (Gough et al., 1992; Parsons et al., 1992), ma la sua presenza è stata retrospettivamente dimostrata in Francia a partire dal 1985 (Cavanagh et al., 1998), mentre nei primi anni ’90 fu isolato anche in Messico e Tailandia (Cook et al., 1996).
Il sierotipo 624/I fu inizialmente descritto nel 1993 associato a forma respiratoria nel broiler (Capua et al., 1994), la successivamente caratterizzazione molecolare ha confermato che si  di trattava un nuovo genotipo (Capua et al., 1999). Questo lavoro rappresenta uno studio retrospettivo sui ceppi circolanti sul nostro territorio negli anni ’60, ’70 e ’80, per comprendere meglio e per la prima volta in maniera così estesa, la variabilità genetica della popolazione di IBV presente di quegli anni.
2012 – CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DI CEPPI DEL VIRUS DELLA BRONCHITE INFETTIVA AVIARE ISOLATI IN ITALIA TRA IL 1963 ED IL 19892023-09-15T16:57:37+02:00

2012 – ATTIVITÀ ASSISTITE CON GLI ANIMALI E SALUTE PUBBLICA: MONITORAGGIO SANITARIO CONDOTTO NELL’AREA VERDE DI UN OSPEDALE PSICHIATRICO GIUDIZIARIO IN CAMPANIA

L’utilizzo degli animali a fini terapeutici ha radici molto antiche e nel corso del tempo ha assunto un’importanza crescente. Il moderno termine di Pet Therapy si riferisce alla strutturazione metodologica del coinvolgimento di animali finalizzata al trattamento di specifiche patologie. Tali attività sono caratterizzate da una grande eterogeneità, sia per quanto riguarda il percorso formativo degli operatori, sia per la tipologia degli utenti e le modalità d’azione(Rapporti ISTISAN 07/35). La validità della Pet Therapy è stata sostenuta e riportata in diversi lavori scientifici condotti in contesti diversi, con soggetti depressi (Redefer e Goodman, 1989; Jessen et al, 1996), bambini autistici (Redefer e Goodman, 1989;. Meluzzi et al, 2000), pazienti psichiatrici (Corson et al, 1975;. McCandless et al, 1985. , Beck e Rosemberg, 1986; Bardill e Hutchinson, 1997; Hall e Malpus, 2000), disturbi della comunicazione (Lundgren e Ugalde, 2004) e soggetti con disturbi organici, come le patologie cardiovascolari (Friedmann et al, 1980; Odendaal, 2000).
Da un punto di vista operativo, va scoraggiato l’utilizzo del termine Pet Therapy perché troppo generico e usato per raggruppare tipologie di attività assai diverse, mentre si preferisce distinguere tra Animal Assisted Activities e Animal Assisted Therapies:
– Animal-Assisted Activities: “Attività svolte con gli Animali” (AAA), che hanno lo scopo di migliorare la qualità della vita di alcune categorie di persone (per esempio ciechi o portatori di handicap psico-fisici). Le AAA vengono effettuate in una vasta gamma di contesti ambientali da professionisti abilitati e para-professionisti e/o volontari di associazioni con specifiche caratteristiche che lavorano con animali.
– Animal-Assisted Therapies: “Terapie assistite con gli Animali” (TAA) o “Uso Terapeutico degli Animali da Compagnia” (UTAC), che affiancano alle terapie tradizionali l’utilizzo di animali con specifiche caratteristiche. Le TAA vengono utilizzate per migliorare lo stato fisico, sociale, emotivo e cognitivo di pazienti. Sono effettuate in ampi e differenti contesti e possono coinvolgere gruppi o singoli individui. Il procedimento viene inoltre documentato e valutato (Rapporti ISTISAN 07/35).
Recentemente, in Italia, la Pet Therapy è stata proposta e utilizzata anche negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) (AA.VV. 2012). Questi rappresentano una vera e propria comunità di persone che per vari motivi vivono in condizioni di frustrazione, abusi, malattie mentali associate a malattie infettive come l’AIDS, che compromettono il sistema immunitario. Nell’ambito di un OPG, le attività di Pet Therapy di solito si svolgono in una zona verde dove vengono eseguiti anche altri tipi di attività per migliorare le condizioni di vita dei detenuti quali il giardinaggio e la cura degli animali. Se è vero che la presenza di animali domestici in strutture sanitarie è stata associata ad un coinvolgimento emotivo positivo di tutta la comunità, compreso il personale medico e paramedico, il contatto con essi potrebbe essere una fonte di infezioni zoonosiche, soprattutto quando gli animali non sono sottoposti a periodici controlli sanitari e, in particolare, quando le persone coinvolte sono immunodepresse e/o immunocompromesse. Pertanto, il presente studio è stato effettuato con lo scopo di valutare la presenza di Campylobacter termotolleranti, Salmonella spp. ed Escherichia coli O157 nel pollame allevato nell’OPG Aversa, nel Sud Italia considerando soprattutto il potenziale rischio zoonosico per gli operatori, i medici e gli stessi detenuti.
2012 – ATTIVITÀ ASSISTITE CON GLI ANIMALI E SALUTE PUBBLICA: MONITORAGGIO SANITARIO CONDOTTO NELL’AREA VERDE DI UN OSPEDALE PSICHIATRICO GIUDIZIARIO IN CAMPANIA2023-09-15T16:55:48+02:00

2012 – INNOCUITÀ ED EFFICACIA PROTETTIVA DEL CEPPO ATTENUATO SALMONELLA GALLINARUM SGP695AV NEL POLLO.

La Pullurosi/Tifosi aviare rappresenta fin dalle origini dell’industria avicola moderna una delle cause più frequenti e più temute di riduzione della redditività aziendale (Barrow and Neto, 2011). La malattia una volta comparsa, tende a radicarsi in allevamento, ripresentandosi nei cicli successivi specie nel momento di massima produzione.
Le perdite economiche, legate ai costi per le cure necessarie al controllo della malattia, alla riduzione della produttività del gruppo, alla mortalità, alle misure di polizia veterinaria previste ed implementate dalle Autorità sanitarie e al calo d’immagine per l’azienda, incidono pesantemente sul bilancio dell’allevamento.
In molte Nazioni, il ricorso alla profilassi di stato, volta ad individuare ed eliminare i gruppi portatori, ha consentito di ottenere una consistente riduzione della diffusione della malattia senza giungere all’obiettivo definivo della sua eradicazione (Shivaprasad, 2000). La Tifosi, pertanto, è ancora frequentemente segnalata in Africa, Asia e Centro-Sud America (Kang et al., 2012), mentre in Europa resta diffusa nelle regioni mediterranee del continente (Pugliese et. al, 2011).
Uno dei mezzi utilizzati per combattere questa salmonellosi, consiste nel ricorso al monitoraggio sistematico dei riproduttori, nonché all’effettuazione di profonde e radicali disinfezioni di ambienti e attrezzature, associate ad un vuoto sanitario durevole (Shivaprasad, 2000). Tuttavia, molto spesso, per motivi di carattere economico, quest’ultimo appare difficile da realizzare sul campo, dove è comune il riscontro di allevamenti o gruppi di galline ovaiole multietà. La possibilità di individuare ed eliminare tutti i fomiti di infezione è praticamente irrealizzabile.
Da alcuni anni in molti Paesi, ai citati provvedimenti di profilassi igienico-sanitaria è stata aggiunta la vaccinazione; questo soprattutto negli allevamenti commerciali, specie quelli a vita produttiva lunga, come ad esempio le galline ovaiole.
Nel passato, la profilassi immunitaria è stata affidata a vaccini spenti, i quali, somministrati per via parenterale non hanno però sortito gli effetti sperati (Lee et al., 2005).
Più recentemente vengono utilizzati in molte aree del mondo vaccini vivi,  basati su  ceppi di Salmonella gallinarum in fase rugosa, con risultati migliori rispetto ai vaccini spenti nel ridurre l’impatto   della forma clinica della malattia (Kwon et Cho, 2011, Lee, et al., 2005, 2007, Silva, et al, 1981) .Questi risultati hanno incoraggiato la ricerca di ceppi attenuati di S. pullorum/gallinarum, più efficaci per via non parenterale, che potessero mostrare i requisiti idonei per essere impiegati come  principi attivi per vaccini vivi contro la Tifosi aviare.
La selezione sequenziale di Salmonelle fagocitate da granulociti neutrofili di mammiferi (Roof et al, 1992) o da eterofili di pollo (Kramer, 1998, Kramer et Hirl, 2001), si è dimostrata un metodo efficace di attenuazione  di ceppi di Salmonelle patogene per diverse specie animali.
In questo contesto si inquadrano le attività riportate in questo lavoro volte a testare, in trials preliminari di laboratorio, l’innocuità e l’efficacia protettiva di un ceppo di S. gallinarum (SGP695AV), attenuato per adattamento ad  eterofili di pollo, somministrato per os a polli di 37 giorni di vita.
2012 – INNOCUITÀ ED EFFICACIA PROTETTIVA DEL CEPPO ATTENUATO SALMONELLA GALLINARUM SGP695AV NEL POLLO.2023-09-19T11:26:55+02:00

2012 – CONFRONTO TRA DIVERSE TIPOLOGIE DI ALLEVAMENTO DELLA GALLINA OVAIOLA COMMERCIALE

L’adozione di sistemi alternativi di allevamento della gallina ovaiola voluta dalla UE ha generato perplessità, quando non disapprovazione, da parte di alcuni addetti del settore, che temevano un decadimento generale della produzione. Con questa ricerca, da ritenersi ancora preliminare, ci siamo prefissi di analizzare le diverse tipologie di allevamento oggi presenti in Italia, per un  confronto delle prestazioni zoo-sanitarie fornite dalle galline e più precisamente: numero e peso delle uova prodotte, consumo di mangime, mortalità.
Mediante sopralluoghi diretti presso le aziende oggetto di studio sono stati effettuati anche controlli sui sistemi di gestione relativi alla stabulazione, comprendenti in modo particolare: il numero degli animali allevati, il numero di capannoni, il tipo di illuminazione e il sistema di ventilazione.
2012 – CONFRONTO TRA DIVERSE TIPOLOGIE DI ALLEVAMENTO DELLA GALLINA OVAIOLA COMMERCIALE2023-09-15T16:52:39+02:00

2012 – MYCOPLASMA SYNOVIAE E CONCENTRAZIONE MINIMA INIBENTE (MIC): VALUTAZIONE DELL’ANTIBIOTICOSUSCETTIBILITÀ IN FUNZIONE DELLA CATEGORIA PRODUTTIVA E DEL GENOTIPO (VLHA).

Le specie appartenenti al genere Mycoplasma spp. includono microrganismi considerati opportunisti e patogeni del Regno Animale e Vegetale e la loro coltivazione in vitro risulta “fastidiosa”; sono organismi unicellulari privi di parete cellulare e tale caratteristica limita l’utilizzo di alcune famiglie antibiotiche nel trattamento delle micoplasmosi.
Nel settore avicolo industriale rivestono un ruolo particolarmente importante il Mycoplasma gallisepticum (MG), il Mycoplasma synoviae (MS) e recentemente nel settore del tacchino da carne il Mycoplasma iowae (4).
In particolare il Mycoplasma synoviae può causare, nel settore da carne, forme respiratorie ed articolari con conseguente incremento degli scarti al macello, mentre nel settore della gallina ovaiola è stato recentemente associato a lesioni apicali del guscio con importanti implicazioni economiche (1, 2). Inoltre la diffusione di questo patogeno sembra essere in aumento sia nel territorio nazionale che in quello comunitario (5, 6). Tale evidenza sottolinea che le misure applicate fino ad oggi, basate essenzialmente sulla gestione di gruppi di riproduttori Mycoplasma-free, sulla attuazione di rigide misure di biosicurezza e di profilassi indiretta, non siano più efficaci nella gestione del controllo di questo patogeno.
Sulla base di queste considerazioni l’approccio terapeutico rimane spesso l’unico mezzo per la gestione del focolaio, ma spesso non è accompagnato dall’isolamento del ceppo e da prove di farmaco-suscettibilità in vitro.
La concentrazione minima inibente MIC (Minimum Inhibitory Concentration) è la più bassa concentrazione di una sostanza antibiotica in grado di inibire la crescita visibile o il metabolismo di un microrganismo in vitro e tale metodo è considerato il “gold standard” tra tutti gli AST (Antimicrobical Susceptibility Tests) poiché fornisce indicazioni di natura quantitativa, consentendo al clinico una migliore gestione della scelta del farmaco e del regime terapeutico da applicare ad ogni singolo focolaio.
Inoltre, recentemente la Commissione Europea richiede una rivisitazione dell’utilizzo del farmaco a causa delle sempre più frequenti segnalazioni di farmaco-resistenza acquisita in seguito a pressione selettiva, soprattutto per antibiotici “criticamente importanti”per la salute umana (fluoroquinoloni, cefalosporine e macrolidi). La MIC è uno strumento capace di ottemperare a tali richieste promuovendo un più coscienzioso utilizzo del farmaco e permettendo il monitoraggio dello sviluppo di farmaco-resistenze.
Sfortunatamente pochi sono gli studi di natura epidemiologica sui micoplasmi di interesse veterinario, non consentendo di avere una panoramica dei ceppi circolanti in determinate micro-e macroaree e una correlazione tra forme cliniche (patotipi), antibiotico suscettibilità e categoria avicola di provenienza. Attualmente in letteratura il Mycoplasma synoviae è distinto in gruppi sulla base della sequenza nucleotidica di una specifica regione del gene vlhA che codifica per una PRR (Proline Rich Region) (3, 7) appartenente ad una proteina di superficie correlata alla cito-aderenza ed emoagglutinazione. Diversi fenotipi (emoagglutinazione +/-) si sono dimostrati in sede sperimentale responsabili di una diversa patogenicità nello sviluppo di lesioni articolari nel pollo (8). Ad oggi i genotipi riportati sono 6 (A, B, C, D, E, F), per il tipo C è stata fatta un’ulteriore suddivisione in sottotipi (C1, C2, C3, C4, C5 e C6) in base all’identità di sequenza nucleotidica di un’altra regione del medesimo gene (RIII) (7).
Sulla base di tali considerazioni ci siamo proposti di analizzare la MIC di 20 ceppi di campo di Mycoplasma synoviae, provenienti da differenti categorie produttive industriali e cercando una possibile correlazione tra genotipo (vlhA), categoria produttiva e suscettibilità antimicrobica.
2012 – MYCOPLASMA SYNOVIAE E CONCENTRAZIONE MINIMA INIBENTE (MIC): VALUTAZIONE DELL’ANTIBIOTICOSUSCETTIBILITÀ IN FUNZIONE DELLA CATEGORIA PRODUTTIVA E DEL GENOTIPO (VLHA).2023-09-15T16:50:33+02:00

2012 – STUDIO DELLA CONCENTRAZIONE MINIMA INIBENTE (MIC) IN CEPPI DI MYCOPLASMA GALLISEPTICUM ISOLATI NEL TRIENNIO 2010-2012

I micoplasmi sono piccoli procarioti appartenenti alla classe dei Mollicutes, delimitati soltanto da membrana plasmatica, in quanto mancano di parete cellulare. Essi sono ampiamente diffusi nel mondo, e sono in grado di infettare una vasta gamma di ospiti, inclusi uomo, animali, piante ed insetti.
In particolare, Mycoplasma gallisepticum è considerato un patogeno molto importante nel settore avicolo, in grado di dar luogo a sintomatologia clinica di notevole entità, con conseguenti gravi perdite economiche. Esso è responsabile nel pollo e nel tacchino di una grave sindrome respiratoria caratterizzata nel tacchino da tumefazione dei seni infraorbitali e aerosacculite, e può anche provocare nei riporduttori calo dell’ovodeposizione e mortalità embrionale, essendo dunque causa di notevoli perdite economiche.
Appare dunque chiaro come il controllo di questo patogeno a livello industriale sia fondamentale: l’applicazione di alti livelli di biosicurezza in allevamento e il mantenimento di animali Mycoplasma-free possono in alcuni casi però non essere misure sufficienti, e di conseguenza la terapia antibiotica rimane uno strumento importante in possesso del medico veterinario per contenere le infezioni. La scelta del chemioterapico più opportuno va compiuta in modo oculato, allo scopo sia di ottenere una buona risposta terapeutica che di evitare l’insorgenza di fenomeni di antibiotico-resistenza.
A tal fine, per avere una stima della suscettibilità o della resistenza di un determinato microrganismo agli antimicrobici, si può utilizzare il calcolo della MIC (Minima Concentrazione Inibente), cioè la determinazione della più bassa concentrazione di un antibiotico in grado di inibire la crescita e/o il metabolismo di un microrganismo in vitro. In aggiunta, integrando i valori di MIC calcolati con i brekpoints di sensibilità (ossia le concentrazioni, espresse in μg/ml, definite da organizzazioni internazionali come soglia per esprimere la sensibilità o la resistenza dei microrganismi agli antibiotici), si può avere una valutazione dei dati in vitro sulla possibile sensibilità o resistenza del ceppo nei confronti della molecola testata.
In base a quanto esposto, è stato deciso di testare la suscettibilità alle principali molecole antibiotiche di alcuni ceppi di Mycoplasma gallisepticum appartenenti a differenti categorie produttive di avicoli industriali isolati nel triennio 2010-2012.
2012 – STUDIO DELLA CONCENTRAZIONE MINIMA INIBENTE (MIC) IN CEPPI DI MYCOPLASMA GALLISEPTICUM ISOLATI NEL TRIENNIO 2010-20122023-09-15T16:48:59+02:00

2012 – PREVALENZA DEI PORTATORI ASINTOMATICI DI LISTERIA MONOCYTOGENES NEI POLLI REGOLARMENTE MACELLATI, VALUTAZIONE DELL’ANTIBIOTICORESISTENZA DEI CEPPI ISOLATI: RISULTATI PRELIMINARI

La direttiva 2003/99/CE prevede la raccolta di dati rilevanti e confrontabili su zoonosi, agenti zoonotici, antibiotico-resistenza e casi di tossinfezione alimentare.
Sulla base di alcuni studi epidemiologici (European Food Safety Authority – EFSA- 2005, 2006, 2007) i dati relativi al livello di contaminazione degli alimenti da Listeria monocytogenes oscillano tra 0-48% in prodotti a base di carne e tra 0-40% in prodotti a base di carne di origine avicola (9). Il rapporto EFSA 2008 segnala, rispetto al 2007, un calo del 11% dei casi di infezione da Listeria spp. con 1381 casi confermati.
Anche se meno frequenti nell’uomo rispetto a Campylobacter e Salmonella, Listeria è nota per causare un alto tasso di mortalità, che colpisce in particolar modo i gruppi vulnerabili come gli anziani. Per quanto riguarda gli alimenti, per la Listeria vengono riscontrati livelli superiori ai limiti di sicurezza previsti per legge in alcuni alimenti pronti al consumo, soprattutto nel pesce affumicato, nei prodotti a base di carne sottoposti a trattamento termico e nei formaggi (4,11).
Sono pochi i dati pubblicati sulla prevalenza dell’infezione nelle specie avicole.
Com’è noto i casi di listeriosi aviare (intesa come malattia clinicamente manifesta) sono estremamente rari. Tuttavia le specie avicole possono fungere da portatori asintomatici di Listeria spp. a livello intestinale e rappresentare una fonte di contaminazione delle carcasse e degli ambienti di lavorazione durante il processo di macellazione (5). Il primo scopo di questo studio è la valutazione della prevalenza dell’infezione intestinale da Listeria spp. nel pollo da carne. Lo studio si prefigge inoltre la valutazione in vitro della sensibilità agli antibiotici dei ceppi batterici isolati, includendo quelle classi farmaceutiche utilizzate come terapia d’elezione per la listeriosi umana.
L’area d’indagine è rappresentata da  popolazioni di broiler macellati in Emilia Romagna.
2012 – PREVALENZA DEI PORTATORI ASINTOMATICI DI LISTERIA MONOCYTOGENES NEI POLLI REGOLARMENTE MACELLATI, VALUTAZIONE DELL’ANTIBIOTICORESISTENZA DEI CEPPI ISOLATI: RISULTATI PRELIMINARI2023-09-15T16:48:02+02:00

2012 – IMPIEGO DI METAPNEUMOVIRUS AVIARE (AMPV) COME POSSIBILE VACCINO VIVO RICOMBINANTE PER L’ESPRESSIONE DI PROTEINE IMMUNOGENE DEL CORONA VIRUS DELLA BRONCHITE INFETTIVA

Avian metapneumovirus (AMPV) è un virus ad RNA appartenente alla famiglia delle Paramyxoviridae ed al genere Metapneumovirus. E’ causa nel tacchino di un’infezione delle prime vie respiratorie, mentre nel pollo è responsabile di forme respiratorie più lievi. Sono stati sino ad ora individuati 4 sottotipi di AMPV (A, B, C e D), diversi tra loro dal punto di vista genetico, biologico e sierologico. Il genoma di AMPV comprende 8 geni (3’-N-P-M-F-M2-SH-G-L-5’) ed ha una lunghezza di circa 13.5 kb (Easton et al., 2004). Tecniche di reverse genetics (RG), recentemente messe a punto per AMPV sottotipo A ( Naylor et al., 2004) e C (Govindarajan et al., 2006) hanno fornito uno strumento prezioso per la modifica in vitro del genoma virale e sono state sino ad ora utilizzate per vari scopi. Utilizzando la RG sono stati prodotti in vitro AMPV ricombinanti con mutazioni puntiformi, delezioni o inserzioni di geni reporter; di questi virus é stata inoltre valutata la capacità replicativa in vivo (Govindarajan et al., 2006; Ling et al., 2008;  Naylor et al., 2010; Brown et al., 2011). Al momento non sono però ancora disponibili informazioni sulla capacità del genoma di AMPV di accettare geni eterologhi appartenenti ad altri agenti virali, né sulla stabilità genetica del genoma di AMPV in tal modo modificato.
Il presente studio riporta l’inserzione nel genoma di AMPV di due diversi geni del Coronavirus agente eziologico della Bronchite infettiva (IBV). Si tratta di uno dei principali patogeni del pollo che, come AMPV, primariamente colpisce il tratto respiratorio, anche se è in grado di causare malattia anche a livello dell’apparato renale e riproduttivo. Il ceppo di IBV utilizzato in questo studio appartiene al genotipo QX, variante di recente emergenza in Europa (Worthington and Jones, 2008) e causa di notevoli perdite economiche per la sua capacità di eludere la risposta immunitaria stimolata dai vaccini attualmente in uso. In particolare sono stati scelti il gene S1 che codifica per l’omonima proteina di superficie, principale determinante antigenico di IBV (Cavanagh, 2007), ed il gene N che codifica per la proteina del nucleocapside. Di quest’ultima è stata già dimostrata la capacità d’indurre immunità protettiva (Seo et al., 1997; Y u et al., 2010).
Per verificare in quale posizione del genoma l’espressione di proteine eterologhe sia maggiore, inizialmente sono stati prodotti AMPV ricombinanti codificanti la Green Fluorescent Protein (GFP), che è stata inserita nelle diverse regioni intergeniche disponibili. Successivamente sono stati preparati diversi AMPV ricombinanti codificanti per le proteine S1 e/o N di IBV. I virus ricombinanti ottenuti sono stati inoculati in polli SPF in due diversi esperimenti per valutare la loro capacità d’indurre una risposta immunitaria protettiva in seguito ad infezione sperimentale con IBV mediante il test della motilità ciliare. La replicazione virale è stata valutata mediante real time RT-PCR (qRT -PCR) e la risposta immunitaria umorale specifica per IBV ed AMPV mediante test ELISA ed inibizione dell’emoagglutinazione (HI).
2012 – IMPIEGO DI METAPNEUMOVIRUS AVIARE (AMPV) COME POSSIBILE VACCINO VIVO RICOMBINANTE PER L’ESPRESSIONE DI PROTEINE IMMUNOGENE DEL CORONA VIRUS DELLA BRONCHITE INFETTIVA2023-09-15T16:47:00+02:00

2012 – VALUTAZIONE ZOO-ECONOMICA DELL’USO DI UN VACCINO VIVO ANTICOCCIDICO IN ROTAZIONE AI COCCIDIOSTATICI NEI POLLI DA CARNE: RISULTATI DI UNA SERIE DI PROVE DI CAMPO IN BELGIO E IN OLANDA

Nella produzione industriale di pollame, l’organizzazione di un programma di prevenzione per il controllo della coccidiosi è una delle decisioni più importanti da prendere per salvaguardare o migliorare i risultati zootecnici ed economici. I vaccini anticoccidici stanno diventando sempre più popolari perché molto spesso forniscono una soluzione laddove i coccidiostatici nel mangime hanno presumibilmente perso di efficacia a seguito dell’instaurarsi di fenomeni di resistenza nei ceppi di Eimeria di campo (Williams, 2002; Mathis & Broussard, 2006; Peek & Landman 2011). Lo scopo dello studio è stato quello di valutare l’efficacia di un vaccino anticoccidico (Hipracox Broilers®), somministrato mediante spray a goccia grossa il primo giorno di vita all’arrivo in allevamento, per prevenire e controllare le coccidiosi cliniche in polli da carne in condizioni di produzione standard. Inoltre, è stato stimato l’impatto zootecnico dei cicli prima, durante e dopo la vaccinazione, con il ritorno ai coccidiostatici nel mangime. In totale  sono stati valutati i dati zootecnici relativi a circa 450.000 animali per l’allevamento 1, mentre per l’allevamento 2 di circa 960.000 animali. La mortalità media prima della vaccinazione era del 3,13%. Durante la vaccinazione è scesa al 2,67%, con un miglioramento del 14,7%, mentre dopo la vaccinazione la mortalità è salita al 2,91%, ma rappresenta ancora un miglioramento del 7,03% rispetto alla situazione presente prima della vaccinazione. Dal momento che le età di macellazione finale hanno presentato delle differenze, i pesi medi finali sono stati corretti alla stessa età (41 giorni). Il peso vivo medio prima della vaccinazione era di 2409 grammi, mentre dopo la vaccinazione era di 2491 grammi: un aumento di 82 grammi. L’indice di conversione alimentare (ICA) è stato corretto per un peso di 2000 grammi per poter mettere a confronto l’ICA di gruppi con pesi finali diversi.
L’ICA(2000) durante la vaccinazione migliora di 2 punti e dopo la vaccinazione di un miglioramento di 8 punti. Analizzando i dati della media dell’ ICA(2000) rispettivamente dei cicli prima, durante e dopo la vaccinazione usando l’analisi di varianza a una via (ANOV A), sono state riscontrate differenze statisticamente significative con P ≤ 0,05.
Nei cicli prima della vaccinazione si è riscontrato un IPG medio di 58,39 grammi, mentre nei cicli durante la vaccinazione era inferiore: 58,04 grammi. Nei cicli dopo la vaccinazione si è riscontrato un miglioramento di 2,21 grammi, con un risultato medio di 60,60 grammi. Analizzando i dati della media dell’IPG rispettivamente dei cicli prima, durante e dopo la vaccinazione usando l’analisi di varianza a una via (ANOV A), sono state riscontrate differenze statisticamente significative con P ≤ 0,05. Il valore medio del Fattore europeo di efficienza produttiva (EPEF) prima della vaccinazione era pari a 362, mentre durante la vaccinazione l’EPEF e`passato a 370: il miglioramento è stato di 8 punti. Infine, dopo la vaccinazione l’EPEF è migliorato di 37 punti in confronto ai valori relativi a prima della vaccinazione. Realizzando l’analisi di varianza a una via (ANOV A), è stato riscontrato che la media dell’EPEF rispettivamente dei cicli prima, durante e dopo la vaccinazione avevano differenze statisticamente significative con P ≤ 0,05. L’uso di antibiotici non è stato superiore, in termini di kg di prodotto attivo, durante la vaccinazione rispetto ai cicli realizzati prima della vaccinazione in entrambi gli allevamenti. La differenza principale tra i cicli realizzati prima e durante la vaccinazione è rappresentata dall’età del primo trattamento: circa una settimana prima per i cicli vaccinati, quindi, la quantità totale di antibiotici viene ridotta da trattamenti realizzati in età precoce.
In generale possiamo concludere che non sono state riscontrate differenze statisticamente significative tra i cicli realizzati prima e durante la vaccinazione in nessuno dei parametri produttivi analizzati. Al contrario, i risultati assoluti di mortalità, ICA(2000) ed EPEF sono migliorati durante la vaccinazione. Dopo la vaccinazione, i risultati assoluti sono migliori per tutti i parametri (fatta eccezione per la mortalità, per la quale i risultati migliori si hanno durante la vaccinazione), mentre IPG, ICA(2000) ed EPEF sono statisticamente migliori rispetto a quelli riscontrati prima e durante la vaccinazione. Per questa ragione, sembra chiaro que la vaccinazione contro la coccidiosi promuova il ritorno alla sensibilità dei ceppi di campo di Eimeria verso i coccidiostatici. In conclusione, per il tipo di allevamenti utilizzati durante la prova, la vaccinazione contro la coccidiosi con Hipracox® si è rivelata un approccio economicamente valido sia durante la vaccinazione, ma soprattutto dopo il ritorno ai coccidiostatici somministrati nel mangime.
2012 – VALUTAZIONE ZOO-ECONOMICA DELL’USO DI UN VACCINO VIVO ANTICOCCIDICO IN ROTAZIONE AI COCCIDIOSTATICI NEI POLLI DA CARNE: RISULTATI DI UNA SERIE DI PROVE DI CAMPO IN BELGIO E IN OLANDA2023-09-15T16:45:02+02:00
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