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2011 – MONITORAGGIO LONGITUDINALE PER IL RILIEVO DI CAMPYLOBACTER TERMOFILI IN ALLEVAMENTI DI TACCHINI DA CARNE

Le specie termofile di Campylobacter  sono tra i principali responsabili di gastroenterite batterica umana in tutto il mondo e la causa della zoonosi più frequentemente riportata nell’Unione Europea (EFSA, 2010a). Inoltre, è sempre più frequente, e di conseguenza preoccupante, l’isolamento dagli animali, dagli alimenti e dall’uomo, di ceppi di Campylobacter resistenti nei confronti di numerosi antimicrobici, tra cui quelli di prima scelta nella terapia dell’infezione umana. Tutto ciò fa della campilobatteriosi un problema di Sanità Pubblica attuale e di notevole rilevanza.
Il reservoir del microrganismo è rappresentato dal tratto gastroenterico di numerosi mammiferi e uccelli domestici e selvatici, ma soprattutto dei volatili da reddito.
Infatti, la principale fonte di infezione per l’uomo è costituita dal consumo di carne avicola poco cotta o di prodotti contaminati da questa. Nonostante sia stato dimostrato ormai da tempo l’importante ruolo svolto dalla carne di tacchino nella trasmissione dell’infezione all’uomo (Rosef et al., 1984), la maggior parte dei dati relativi alla diffusione di Campylobacter spp. negli avicoli da reddito è relativa ai polli da carne, mentre nei tacchini sono stati svolti pochissimi studi a riguardo.
Pertanto, mentre si conosce bene l’epidemiologia di Campylobacter spp. nei broiler, molto rimane ancora da chiarire riguardo l’infezione nei tacchini da carne.
Date le scarse informazioni disponibili circa le dinamiche epidemiologiche del principale agente di zoonosi trasmessa per via alimentare in questa specie avicola allevata intensivamente per il consumo umano, il presente studio è stato intrapreso con molteplici scopi. Si è voluto indagare sulla presenza di Campylobacter termofili in allevamenti intensivi di tacchini da carne del Veneto, analizzare l’andamento dell’infezione durante l’intero ciclo produttivo (a partire dall’accasamento fino al momento del carico per la macellazione), valutare la distribuzione di specie dei microrganismi, caratterizzarli a livello genetico per osservarne la biodiversità, ed infine rilevare la sensibilità agli antimicrobici degli isolati.
2011 – MONITORAGGIO LONGITUDINALE PER IL RILIEVO DI CAMPYLOBACTER TERMOFILI IN ALLEVAMENTI DI TACCHINI DA CARNE2023-09-15T17:53:15+02:00

2011 – ENCEFALOMIELITE AVIARE (AE) NEL POLLO DA CARNE E NELLA POLLASTRA OSSERVATI NELL’ANNO 2010

L’Encefalomielite Aviare è una malattia virale che colpisce i polli, i fagiani, le quaglie ed i tacchini. E’ caratterizzata da atassia, tremori localizzati soprattutto nella regione della testa e del collo “tremore epidemico”, calo dell’ovodeposizione e riduzione del tasso di schiusa nell’ovaiola. Si descrivono due casi di Encefalomielite Aviare osservati nel 2010 nel broiler e nella pollastra. Venivano osservati gravi sintomi nervosi a 20 giorni nei broilers e tra 70 ed i 100 giorni di vita nelle pollastre. In entrambi i casi la diagnosi è stata di Encefalomielite Aviare.
2011 – ENCEFALOMIELITE AVIARE (AE) NEL POLLO DA CARNE E NELLA POLLASTRA OSSERVATI NELL’ANNO 20102023-09-15T17:53:22+02:00

2011 – PRIMA SEGNALAZIONE DELLA PRESENZA DI INTEGRONI DI CLASSE 1 E 2 IN E. COLI ISOLATI DA TACCHINI DA CARNE

La colibacillosi aviare è un’infezione localizzata o sistemica provocata da Escherichia coli, batterio comunemente presente nella flora intestinale di varie specie animali, avicoli compresi. Questo batterio è uno dei principali responsabili di danni economici per mortalità nell’allevamento del tacchino. Nonostante esistano numerosi ceppi dotati di notevole patogenicità (Avian Pathogenic E. coli – APEC), negli avicoli non risulta che essi siano, salvo rare eccezioni, agenti primari di malattia ma piuttosto di patologie secondarie ad infezioni virali o ad errate pratiche di allevamento (Barnes et al.,2008).
Il controllo di tale patologia può essere affrontato eliminando o attenuando i fattori predisponenti, impedendo l’ingresso di E. coli patogeni negli allevamenti oppure controllando direttamente l’agente eziologico mediante appropriati trattamenti farmacologici. Data la difficoltà nel controllo dei fattori predisponenti e scatenanti tale patologia, la terapia con antibiotici e chemioterapici è certamente la via che più comunemente viene intrapresa negli allevamenti intensivi. Tuttavia, nonostante l’indubbia utilità nel controllo della colibacillosi e di altre forme batteriche, negli anni si è presa coscienza dei limiti che la terapia farmacologica può presentare a causa della progressiva selezione di batteri antibiotico-resistenti (Gyles, 2008).
Infatti, oltre ad una resistenza naturale che i batteri possono presentare per una o più classi di farmaci grazie alle loro caratteristiche intrinseche, nelle popolazioni batteriche stanno sempre più diffondendosi resistenze di tipo acquisito mediante trasferimento genetico orizzontale da parte di plasmidi, trasposoni e integroni oppure mediante mutazioni genetiche trasferibili solo verticalmente (Carattoli, 2001).
Negli ultimi anni sono stati condotti diversi studi volti alla comprensione dei meccanismi molecolari alla base di questo fenomeno, in particolare delle strutture geniche coinvolte nella trasmissione orizzontale tra specie batteriche di geni di resistenza agli antibiotici. Infatti,  l’elevata diffusione di resistenza nei batteri Gram-negativi è dovuta principalmente al trasferimento orizzontale di determinanti di resistenza attraverso elementi mobili di DNA, quali plasmidi, transposoni e integroni (Carattoli, 2001; Carattoli, 2003). In particolare, l’associazione tra geni cassetta e integroni è stata fondamentale nel determinare la comparsa e la diffusione della multifarmaco-resistenza, intesa come resistenza contemporanea a più antibiotici di diversa famiglia. Infatti, i batteri Gram-negativi che mostrano fenotipo di resistenza multiplo spesso presentano plasmidi che veicolano geni di resistenza mediante gli integroni.
Gli integroni sono elementi genetici capaci di acquisire geni di resistenza agli antibiotici sotto forma di cassette. Essi presentano un gene codificante un’integrasi (intI), seguito da uno o più promotori e da un sito di ricombinazione, attI, in cui i determinanti genici di resistenza, sotto forma di cassette, possono esser inseriti o escissi grazie ad un meccanismo di ricombinazione sito-specifico catalizzato dall’integrasi stessa (Lévesque, 1995). La classificazione degli integroni si basa sul grado di omologia della sequenza del gene codificante per l’integrasi intI e, delle cinque classi finora descritte, la classe 1 sembra essere la più diffusa nei batteri Gram-negativi.
Data l’importanza che tali strutture geniche svolgono nel trasferimento orizzontale tra batteri di geni responsabili della resistenza agli antibiotici, sono stati condotti diversi studi volti alla ricerca e all’analisi degli integroni e delle cassette geniche in essi contenute, sia in ceppi batterici commensali sia patogeni. Tuttavia, dalla letteratura emerge come la maggior parte degli studi si riferisca principalmente a studi condotti sia su batteri isolati da casi clinici umani che commensali e, in ambito veterinario, su batteri isolati da derrate di origine animale (Soufi et al., 2009; Bailey et al., 2010; Unno et al., 2010). Scarse sono invece le informazioni in merito alla diffusione di tali strutture in ceppi di E. coli circolanti negli allevamenti intensivi, soprattutto avicoli (Smith et al.,2007; Costa et al., 2008; Costa et al., 2009).
Lo studio e il monitoraggio dell’antibiotico-resistenza sia da un punto di vista fenotipico che genotipico negli animali è fondamentale non soltanto perché tale fenomeno può compromettere l’efficacia dei trattamenti terapeutici delle infezioni in atto negli allevamenti, ma soprattutto per la possibile diffusione orizzontale dei determinanti genici di resistenza in ceppi commensali normalmente residenti nell’intestino animale e, conseguentemente, nell’ambiente circostante (Ozaki et al., 2011).
L’obiettivo del nostro studio è stato dunque rivolto alla ricerca degli integroni di classe 1 e 2 in ceppi di  E. coli APEC multifarmaco-resistenti isolati da tacchini da carne affetti da colibacillosi allevati nel Nord-Italia.
2011 – PRIMA SEGNALAZIONE DELLA PRESENZA DI INTEGRONI DI CLASSE 1 E 2 IN E. COLI ISOLATI DA TACCHINI DA CARNE2023-09-15T17:53:30+02:00

2011 – PREVALENZA DI CAMPYLOBACTER TERMOTOLLERANTI E RELATIVI FATTORI DI VIRULENZA IN ALZAVOLE (ANAS CRECCA)

L’infezione da Campylobacter spp., in particolare C. jejuni e C. coli, è considerata una delle principali cause di tossinfezione alimentare in tutto il mondo. Nonostante la malattia si manifesti in forma moderata e autolimitante, possono verificarsi gravi complicanze post-infettive come la sindrome di Gullain-Barrè (Humphrey et al., 2007).
Il pollame è considerato il più importante vettore del Campylobacter spp. e agisce come principale fonte d’infezione per l’uomo. Infatti, il consumo di carne di pollame non adeguatamente cotta e la sua manipolazione non corretta sono la principale fonte d’infezione per l’uomo (Lee & Newell, 2006).
Sono stati studiati diversi fattori di virulenza importanti per l’induzione della gastroenterite, come la resistenza ai sali biliari, l’invasione delle cellule epiteliali e la produzione della cytholethal distending toxin (CDT) (Van Deun et al., 2007). In particolare la CDT è una tossina codificata da tre subunità geniche chiamate cdtA, cdtB e cdtC (Samosornsuk et al., 2007). CDT induce l’arresto nella fase G2/M del ciclo cellulare delle cellule eucariotiche, impedendo loro di entrare in mitosi, con conseguente morte cellulare (Zilbauer et al., 2008). Inoltre, nell’ultimo decennio, è stato individuato un gene chiamato wlaN che è presumibilmente coinvolto nell’espressione della mimica gangliosidica nella sindrome Guillian-Barrè (Linton et al., 2000).
I dati in letteratura riguardo la diffusione del Campylobacter spp. nell’alzavola (Anas crecca) sono carenti. Per ovviare a tale mancanza, il presente studio è stato intrapreso con lo scopo di valutare la prevalenza del Campylobacter spp. nell’alzavola, i relativi geni codificanti la cytholethal distending toxin, nonché valutare l’eventuale riscontro del gene wlaN.
2011 – PREVALENZA DI CAMPYLOBACTER TERMOTOLLERANTI E RELATIVI FATTORI DI VIRULENZA IN ALZAVOLE (ANAS CRECCA)2023-09-15T17:53:38+02:00

2011 – ANALISI MOLECOLARE DI CEPPI DEL CIRCOVIRUS DELLA MALATTIA DEL BECCO E DELLE PENNE DEGLI PSITTACIDI IN ITALIA. RISULTATI PRELIMINARI

La Malattia del becco e delle penne degli psittacidi (PBFD) fu descritta per la prima volta negli anni ‘70 in Australia in diverse specie di Cacatua (Pass & Perry, 1984).
In seguito la presenza di questa malattia è stata riportata in numerosi altri Paesi del mondo, compresa l’Italia (Conzo et al., 1997, Bert et al., 2005).
La PBFD è stata descritta in più di 40 specie di pappagalli e virtualmente tutte le specie di Psittaciformi sono ritenute sensibili all’infezione (Gerlach, 1994; Cross, 1996), sebbene quelle originarie del Sud America siano considerate più resistenti in quanto più raramente sviluppano la malattia (Kondiah et al., 2005). Poiché la presentazione clinica della PBFD varia da specie a specie (Gerlach, 1994; Harrison, 2006), si è ipotizzato che vi possa essere una specie-specificità dei ceppi virali nei confronti delle diverse specie di pappagalli (Bassami et al., 2001; Varsani et al., 2011).
L’ultimo studio sulla diversità genetica del Circovirus della PBFD (Varsani et al., 2011) ha proposto la classificazione dei ceppi virali in 14 cluster, identificati con lettere in ordine alfabetico dalla A alla N, cui si aggiungono 3 cluster nettamente separati dai precedenti ed isolati esclusivamente da Pappagallini ondulati (Melopsittacus undulatus), per i quali è stata proposta una riclassificazione tassonomica come nuova specie “Budgerigar Circovirus” (BCV). Mentre alcuni ceppi presentano una localizzazione geografica specifica, per altri si osserva una certa distribuzione apparentemente casuale, probabilmente correlata al commercio internazionale di uccelli ornamentali.
La nostra indagine, prima in Italia sull’analisi genetica di ceppi virali della PBFD, si è proposta di identificare, con metodi biomolecolari, la presenza di Circovirus della PBFD nelle diverse specie di psittacidi detenute in cattività nel territorio italiano e confrontare le sequenze nucleotidiche di porzioni del genoma di questi, tentando di mettere in risalto la possibile variabilità esistente tra i vari ceppi in rapporto alla distribuzione geografica, alla specie e alle manifestazioni cliniche.
2011 – ANALISI MOLECOLARE DI CEPPI DEL CIRCOVIRUS DELLA MALATTIA DEL BECCO E DELLE PENNE DEGLI PSITTACIDI IN ITALIA. RISULTATI PRELIMINARI2023-09-15T17:53:44+02:00

2011 – GENI DI VIRULENZA IN ESCHERICHIA COLI ISOLATI DA GALLINE OVAIOLE IN CORSO DI COLIBACILLOSI

Le infezioni da Escherichia (E.) coli  nel pollame sono causa di patologie sistemiche e localizzate (Barnes et al.,  2008). L’impatto economico di tali patologie nell’industria avicola, legato alla mortalità ed ai cali produttivi ha orientato la ricerca verso l’analisi degli stipiti di E. coli coinvolti.
Alcuni sierogruppi come O78, O1, O2 sono più frequentemente associati alla colibacillosi nel pollame (Barnes et al., 2008), sebbene negli anni sia stato riportato il coinvolgimento anche di numerosi altri (Rodriguez-Siek et al., 2005; Circella et al., 2009). Per quanto riguarda i fattori di virulenza che possono rendere uno stipite potenzialmente più patogeno, recentemente numerose ricerche sono state mirate ad identificare i geni che, se espressi, possono aumentare la patogenicità del germe e che possano fungere da markers di virulenza (Ngeleka et al. 2002; Johnson et al. 2006; Johnson et al., 2008).
Lo scopo di questo lavoro è stato quello di analizzare, in E. coli isolati da galline ovaiole affette da colibacillosi ed ovaiole clinicamente sane, la distribuzione di otto diversi geni di potenziale virulenza (Ewers et al. 2005), al fine di individuare i più significativi come markers, in relazione alla loro reale incidenza in stipiti patogeni. È stato inoltre valutato il sierogruppo di ppartenenza degli isolati al fine di identificare quelli più frequentemente associati a malattia nel nostro territorio e la distribuzione, in questi, dei geni di virulenza risultati più significativi.
2011 – GENI DI VIRULENZA IN ESCHERICHIA COLI ISOLATI DA GALLINE OVAIOLE IN CORSO DI COLIBACILLOSI2023-09-15T17:53:51+02:00

2011 – DIAGNOSTICA CLINICA E MOLECOLARE DELLE INFEZIONI DA CIRCOVIRUS NEI VOLATILI D’AFFEZIONE

Circovirus è l’agente eziologico della Malattia del Becco e delle Penne (Beak and Feather Disease), patologia immunodepressiva (Todd, 2004) caratterizzata dalla comparsa di anomalie del piumaggio e del becco. L’infezione è stata evidenziata in più di 60 specie appartenenti all’Ordine Psittaciformes (Ortiz-Cathedral et al. 2010) ed è stata segnalata in diverse parti del mondo. Inizialmente segnalata in Australia (Pass and Perry, 1984), è stata successivamente riscontrata in USA (Dahlhausen et Radabaugh, 1997), Nuova Zelanda (Ha et al. 2007; Ha et al. 2009), Africa (Heath et al. 2004; Varsani et al. 2010), Giappone (Katoh et al. 2010). Attualmente, si ritiene che l’infezione sia presente in tutti i continenti. In Europa, studi epidemiologici indicano in Germania un’incidenza del 39,2% (Rahaus and Wolff, 2003) mentre in Italia pari all’8 %. (Bert et al. 2005). Probabilmente, tali dati potrebbero rappresentare sottostime visto che l’infezione non sempre si manifesta con sintomi specifici e pertanto potrebbe sfuggire anche durante eventuali iter diagnostici. In questo lavoro vengono discussi, alla luce delle esperienze cliniche, i risultati delle ricerche di laboratorio condotte su volatili sintomatici presso il Dipartimento di Sanità Pubblica e Zootecnia della Facoltà di Medicina Veterinaria di Bari.
2011 – DIAGNOSTICA CLINICA E MOLECOLARE DELLE INFEZIONI DA CIRCOVIRUS NEI VOLATILI D’AFFEZIONE2023-09-15T17:53:57+02:00

2011 – ISOLAMENTO DI UN CEPPO “ESOTICO” DI MYCOPLASMA SYNOVIAE, IN UN FENICOTTERO MINORE (PHOENICONAIAS MINOR) DI IMPORTAZIONE. CONSIDERAZIONE SU POSSIbILI VIE DI INTRODUZIONE DEI PATOGENI.

I micoplasmi sono organismi unicellulari privi di parete. Possono infettare numerose specie viventi comprese i vegetali, gli animali e l’uomo. Nel settore avicolo, alcune specie come il Mycoplasma gallisepticum (MG) ed il Mycoplasma synoviae (MS) sono considerate di particolare interesse in quanto provocano patologie sia nel pollo che nel tacchino che possono ripercuotersi sui parametri produttivi quali incremento della mortalità, scarse performance produttive ed un incremento degli scarti al macello. I micoplasmi possono trasmettersi sia per via verticale che per via orizzontale, per tali motivi i principali metodi di prevenzione si basano sulla costituzione di gruppi di riproduttori free e sulla scrupolosa applicazione di misure di biosicurezza. Purtroppo ad oggi l’epidemiologia delle micoplasmosi non è ancora del tutto chiara, complice anche la difficoltà di isolamento e di distinzione tra i vari ceppi. Questo comporta una difficoltà nello studio della diffusione della patologia non permettendo di correlare due o più eventi patologici. Per tale motivo in alcuni episodi vengono presi in considerazione, quale fonte di infezione, gli allevamenti rurali o gli uccelli selvatici. Proprio in questi ultimi volatili sono diverse le segnalazioni di isolamento di micoplasmi di interesse avicolo (3).
Recentemente, alcuni Autori hanno dimostrato la possibile differenziazione dei ceppi di Mycoplasma synoviae attraverso lo studio di un frammento del gene vlhA che codifica per la Most Surface Protein (MSP), una proteina di membrana con attività antigenica (1, 2).
Con questo report segnaliamo l’isolamento di un ceppo di Mycoplasma synoviae in un fenicottero minore di recente importazione che dallo studio del gene vlhA non manifesta correlazioni con altri ceppi di MS isolati nel territorio italiano.
2011 – ISOLAMENTO DI UN CEPPO “ESOTICO” DI MYCOPLASMA SYNOVIAE, IN UN FENICOTTERO MINORE (PHOENICONAIAS MINOR) DI IMPORTAZIONE. CONSIDERAZIONE SU POSSIbILI VIE DI INTRODUZIONE DEI PATOGENI.2023-09-15T17:54:03+02:00

2011 – INFEZIONE SPERIMENTALE IN GALLINE OVAIOLE SPF CON DUE DIFFERENTI CEPPI DI MYCOPLASMA SYNOVIAE DENOMINATI PASC8 E TRACH: RISULTATI PRELIMINARI.

Il Mycoplasma synoviae (MS) è considerato uno tra i più importanti micoplasmi patogeni per il settore avicolo industriale. Il suo ruolo patogeno è stato ampiamente dimostrato in particolare nel settore da carne dove provoca, sia nel pollo che nel tacchino, forme respiratorie con interessamento anche articolare. Nel settore della gallina ovaiola tale micoplasma non è stato mai considerato un patogeno di rilevante importanza, infatti il suo ruolo come patogeno risulta essere ancora oggetto di dibattito. Recentemente alcuni Autori (1;2) hanno correlato la presenza del Mycoplasma synoviae ad una caratteristica alterazione del polo apicale del guscio, comunemente conosciuta come EAA (Eggshell Apex Abnormalities) o uova a guscio di vetro. Studi condotti sul gene vlhA hanno correlato uno specifico ceppo di MS, denominato PASC8, alle lesioni del guscio, permettendo inoltre di ipotizzare un maggiore tropismo di tale ceppo per l’ovidutto nei confronti  di un ceppo di MS, denominato TRACH, e isolato dalle trachee degli animali nel medesimo allevamento (3,4;5;).
Lo scopo del presente lavoro è stato quello di dimostrare attraverso una infezione sperimentale con i due differenti ceppi di Mycoplasma synoviae (PASC8 e TRACH) l’eventuale correlazione tra ceppo, presenza di MS a livello oviduttale e produzione di uova alterate.
2011 – INFEZIONE SPERIMENTALE IN GALLINE OVAIOLE SPF CON DUE DIFFERENTI CEPPI DI MYCOPLASMA SYNOVIAE DENOMINATI PASC8 E TRACH: RISULTATI PRELIMINARI.2023-09-19T11:28:43+02:00

2011 – VALUTAZIONE DEL LIVELLO DI CONTAMINAZIONE BATTERICA IN UOVA ED EMBRIONI DI POLLO PRESSO UN INCUBATOIO INDUSTRIALE

Le malattie batteriche continuano a provocare rilevanti perdite economiche nella produzione avicola industriale. Carenze igienico-sanitarie a livello di allevamento si amplificano in maniera esponenziale nell’incubatoio. I fornitori delle uova giocano pertanto un ruolo chiave a tale riguardo. A ciò si aggiunge l’effetto amplificatore dell’incubatoio. La moltiplicazione batterica viene infatti favorita dalle condizioni fisico-chimiche dell’incubazione, condizioni che esaltano la natura di “pabulum ottimale” per il loro sviluppo che è l’uovo. Nella fase di schiusa ciò è favorito oltre che da umidità elevata e calore, anche dalla presenza di materiale organico (meconio, piumino e gusci) e dalla ventilazione vorticosa. La popolazione microbica presente in incubatoio viene trasferita tramite i pulcini all’allevamento di destinazione. Si può quindi ritenere che l’allevamento dei riproduttori, l’incubatoio e l’allevamento di destinazione, pur essendo geograficamente distanti tra loro, siano strettamente correlati dal punto di vista microbiologico (Barnes et al., 1980).
Scopo del presente lavoro è stato quello di valutare il grado di inquinamento batterico di uova di pollo nelle diverse fasi dell’incubazione, dall’arrivo alla schiusa, in un incubatoio industriale.
2011 – VALUTAZIONE DEL LIVELLO DI CONTAMINAZIONE BATTERICA IN UOVA ED EMBRIONI DI POLLO PRESSO UN INCUBATOIO INDUSTRIALE2023-09-15T17:54:14+02:00
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