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2001 – VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA NEL BROILER DI DIVERSI PIANI VACCINALI CONTRO LA MALATTIA DI NEWCASTLE

In seguito alla recente epidemia di Malattia di Newcastle il Ministero della Sanità ha emanato un piano nazionale di vaccinazione con lo scopo di aumentare l’immunità della popolazione avicola
italiana nei confronti di questa malattia. Il piano nazionale inizialmente prevedeva per i broiler almeno due interventi vaccinali: il primo all’incubatoio (1 giorno di vita) mediante l’utilizzo di un vaccino vivo attenuato, seguito da almeno un richiamo con vaccino inattivato.
In seguito alla richiesta del mondo produttivo l’obbligatorietà dell’uso di un vaccino spento come richiamo è venuta meno, tuttavia è stata confermato l’obbligo della vaccinazione e dei due interventi. La sommini-strazione di vaccino inattivato per via parenterale stimola una valida risposta umorale (2), necessaria alla completa protezione dall’infezione.
L’immunità cellulo-mediata, infatti, non è sufficiente da sola a proteggere dal challenge con virus patogeno, che invece si ottiene in presenza di titolo anticorpale (1). Da tempo inoltre è noto che, in caso di infezione, all’aumentare del titolo anticorpale indotto dalla vaccinazione diminuisce la durata e la quantità di virus escreto dagli animali infetti (3). Scopo del presente lavoro è quello di confrontare l’efficacia dei piani vaccinali che prevedono l’impiego di un vaccino inattivato con quelli che prevedono esclusivamente l’uso di vaccini vivi attenuati.

2001 – VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA NEL BROILER DI DIVERSI PIANI VACCINALI CONTRO LA MALATTIA DI NEWCASTLE2023-09-18T16:03:23+02:00

2001 – RICERCHE SULLA SOPRAVVIVENZA DI C. JEJUNI SUL GUSCIO DI UOVA DA CONSUMO. REPLICAZIONE DEL GERME NEL CONTENUTO DI UOVA INFETTATE SPERIMENTALMENTE

Le tossinfezioni alimentari da Campylobacter jejuni vengono segnalate con frequenza sempre maggiore (1). Principale serbatoio del germe è considerato il pollame, dal quale il Campylobacter (C.) jejuni è isolato dall’apparato gastroenterico e dalle carcasse (1, 3). Precedenti nostre ricerche (2) effettuate in allevamenti commerciali hanno evidenziato che Campylobacter jejuni può riscontrarsi con notevole frequenza anche nell’apparato riproduttore di galline ovaiole in deposizione, nonché sul guscio delle uova deposte (in percentuale variabile dal 2,5% al 22,2% in relazione al grado di imbrattamento del guscio). Resta ancora poco chiaro il ruolo svolto dalle uova nella epidemiologia della trasmissione dell’infezione all’uomo. Si è inteso, pertanto, verificare la sopravvivenza del Campylobacter jejuni sul guscio di uova infettate sperimentalmente nonché la sua capacità di penetrazione attraverso i pori e di contaminazione del contenuto dell’uovo. È stata altresì valutata la capacità di replicazione del germe in albume e tuorlo infettati sperimentalmente e tenuti in diverse condizioni di temperatura.

2001 – RICERCHE SULLA SOPRAVVIVENZA DI C. JEJUNI SUL GUSCIO DI UOVA DA CONSUMO. REPLICAZIONE DEL GERME NEL CONTENUTO DI UOVA INFETTATE SPERIMENTALMENTE2023-09-18T16:02:11+02:00

2001 – CLONAZIONE E SEQUENZIAMENTO DELL’ORF 1 DEL VIRUS DELLA MALATTIA DEL BECCO E DELLE PENNE DEGLI PSITTACIDI (PBFDV)

La malattia del becco e delle penne degli psittacidi (Psittacine Beak and Feather Disease) è una patologia ad eziologia virale, scoperta negli anni settanta in Australia e attualmente diffusa negli allevamenti di pappagalli in USA e Europa (2). La PBFD è presente solo nei pappagalli e colpisce oltre 40 specie differenti (4). Il virus appartiene alla famiglia Circoviridae, ed ha un diametro di 14-20 nm. Il genoma completo di due isolati del PBFDV è stato sequenziato e pubblicato. E’ un virus a DNA, a catena singola e circolare di 1993 paia di basi (1,3). Tra le diverse tecniche diagnostiche, il metodo che offre maggior sensibilità e specificità per la diagnosi della PBFD, secondo alcuni autori (2,4) è rappresentato dalla ricerca del DNA virale tramite la PCR (polymerase chain reaction).
In Italia la malattia del becco e delle penne è presente e la sua incidenza è stata stimata essere circa del 7% (6).
Con questo lavoro si è voluto ottenere dati più approfonditi sulla presenza del PBFDV in Italia attraverso l’analisi di 7 sequenze di parte del genoma del virus, con l’obbiettivo di mettere a punto, in un secondo tempo, un test ELISA per la ricerca del Circovirus dei pappagalli.Infatti un test sierologico sarebbe più pratico e più econimico rispetto alla PCR.

2001 – CLONAZIONE E SEQUENZIAMENTO DELL’ORF 1 DEL VIRUS DELLA MALATTIA DEL BECCO E DELLE PENNE DEGLI PSITTACIDI (PBFDV)2023-09-18T16:00:57+02:00

2001 – RICERCHE ED OSSERVAZIONI SULLO STATO SANITARIO DEI COLOMBI DELLA CITTÀ DI PALO DEL COLLE (BARI) – RISULTATI PRELIMINARI

Nella seconda metà di questo secolo si è assistito, soprattutto nelle città dell’Europa continentale, ad un aumento esponenziale del numero di varie specie volatili sinantropiche. Il colombo di città è stato individuato fra quelle che destano maggiori preoccupazioni (4). I danni arrecati dalle popolazioni di volatili sono tanto più gravi quanto maggiore è il numero di animali inurbati, divenendo intollerabili e suscitando dunque, allarmismo e proteste da parte della cittadinanza. Gli inconvenienti provocati sono di varia natura ed inquadrabili in disagi ai cittadini, rischi sanitari e danni ambientali, in particolare al patrimonio architettonico e monumentale dell’abitato (2).
In tale contesto, abbiamo effettuato ricerche sulle popolazioni di colombi presenti nel Comune di Palo del Colle, al fine di valutarne la consistenza numerica, il loro stato sanitario e gli eventuali rischi di Sanità Pubblica correlati.

2001 – RICERCHE ED OSSERVAZIONI SULLO STATO SANITARIO DEI COLOMBI DELLA CITTÀ DI PALO DEL COLLE (BARI) – RISULTATI PRELIMINARI2023-09-18T15:59:49+02:00

2001 – INDAGINE SULLA PRESENZA DELLA MALATTIA DEL BECCO E DELLE PENNE DEGLI PSITTACIDI (PBFD) IN ALLEVAMENTI ITALIANI

La malattia del becco e delle penne degli psittacidi (Psittacine Beak and Feather Disease) è una patologia ad andamento acuto nei soggetti giovani e cronico negli adulti. Determina distrofia e perdita delle penne, accrescimento abnorme del becco con fratture e necrosi del palato. L’esito della malattia è quasi sempre infausto a causa dell’azione immunosoppressiva del virus (1,4). La PBFD è sostenuta da un virus appartenente alla famiglia Circoviridae (4). Tra le diverse tecniche diagnostiche, quali biopsia dell’epitelio dei follicoli e ricerca di corpi inclusi, emoagglutinazione e inibizione dell’emoagglutinazione, ibridazione in situ (2,3,5), il metodo che offre maggior sensibilità e specificità per la diangosi della PBFD è rappresentato, secondo alcuni autori (1,4,), dalla ricerca del DNA virale tramite la PCR (polymerase chain reaction).
L’obiettivo di questo lavoro era di valutare la presenza della malattia del becco e delle penne degli psittacidi (PBFD) in Italia.

2001 – INDAGINE SULLA PRESENZA DELLA MALATTIA DEL BECCO E DELLE PENNE DEGLI PSITTACIDI (PBFD) IN ALLEVAMENTI ITALIANI2023-09-18T15:58:38+02:00

2001 – INDAGINE SULLO STATO SANITARIO DI UCCELLI SELVATICI CATTURATI NEL “PARCO NAZIONALE DEL CILENTO E VALLO DI DIANO”

Il “Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano” (istituito con D.P.R. 5/6/95) ospita differenti specie di uccelli, appartenenti soprattutto all’ordine dei Passerifomes. Sono presenti, inoltre, Laridi, Corvidi ed alcune specie di Rapaci diurni e notturni (1). Gli esemplari presenti nel parco sono rappresentati prevalentemente da specie stanziali ed alcune migratrici. Gli spostamenti effettuati da queste ultime comprendono un territorio molto vasto, che si estende dalla zona sub-Sahariana fino al Nord Europa (5).
Gli uccelli durante le migrazioni potrebbero entrare in contatto con diversi agenti patogeni, rappresentando così un rischio di diffusione e contaminazione per altri animali, sia domestici che selvatici, e per l’uomo.
Nella presente indagine è stato effettuato un monitoraggio sullo stato sanitario degli uccelli selvatici ospitati all’interno del “Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano”, ponendo particolare attenzione alla ricerca di Salmonelle e Yersinie al fine di poter ampliare le conoscenze relative alla diffusione di questi microrganismi nell’avifauna selvatica della nostra regione.

2001 – INDAGINE SULLO STATO SANITARIO DI UCCELLI SELVATICI CATTURATI NEL “PARCO NAZIONALE DEL CILENTO E VALLO DI DIANO”2023-09-18T15:57:15+02:00

2001 – PRESENZA DI Campylobacter SPP. NELLA CARNE DI POLLAME MACELLATA IN ROMAGNA

Le tossinfezioni alimentari sostenute da Campylobacter spp (in particolar modo Campylobacter jejuni e Campylobacter coli) costituiscono una delle cause più frequenti di enterite nell’Uomo. Diverse sono le fonti di infezione: consumo di latte crudo, acqua contaminata, carne di volatili, di suino e di bovino, contatto con feci infette di animali d’affezione (5). Fra di esse sia il consumo di carne di pollame cotta poco e/o in modo inadeguato, sia la sua erronea manipolazione costituiscono il principale serbatoio di infezione per l’Uomo (1). L’infezione sostenuta da Campylobacter spp. da luogo ad una enterite acuta, solitamente autolimitante, caratterizzata da febbre alta e persistente, diarrea (inizialmente acquosa e successivamente sanguinolenta) e violenti crampi addominali. Essa può dare luogo, inoltre, a complicazioni sia a livello intestinale (pancreatite, colecistite ed emorragie del tratto gastro-intestinale) sia a livello extra-intestinale, solitamente rare. Fra di esse ricordiamo la sindrome di Guillain – Barrè e la sindrome di Miller Fisher, neuropatie acute immunomediate, oltre alla sindrome emolitico-uremica (1,2).
Scopo del presente studio è stato verificare l’esistenza di una contaminazione da Campylobacter spp. nella carne di pollame macellata in Emilia Romagna.

2001 – PRESENZA DI Campylobacter SPP. NELLA CARNE DI POLLAME MACELLATA IN ROMAGNA2023-09-18T15:55:36+02:00

2001 – LIPIDOSI EPATICA IN TACCHINE DA RIPRODUZIONE DI 12 SETTIMANE DI ETÀ

La lipidosi epatica del tacchino è descritta come una sindrome ad eziologia incerta, di probabile origine nutrizionale. Ne sono spesso colpite le tacchine da riproduzione tra 15 e 25 settimane di età. La malattia è caratterizzata da mortalità improvvisa che può arrivare al 5% nell’arco di alcuni giorni e da gravi lesioni steatosiche e necrotiche a carico del fegato (1). La sindrome è stata finora descritta prevalentemente negli USA e in Canada. La causa primaria della lipidosi è tuttora sconosciuta. Si tratta, probabilmente, di una patologia multifattoriale in cui si associano cause alimentari, ambientali e manageriali (2). I gruppi colpiti sono generalmente alimentati con diete a basso tenore proteico ed alti livelli energetici. Nella patogenesi di questa sindrome sembrano intervenire fattori ambientali (temperature elevate e variazioni del programma-luce) che alterano l’assunzione dell’alimento favorendo l’accumulo di lipidi nel fegato.
Spesso intervengono alti livelli di perossidi che, favorendo la perossidazione lipidica, provocano lesioni vasali determinando la comparsa di edema polmonare, necrosi ed emorragie epatiche.

2001 – LIPIDOSI EPATICA IN TACCHINE DA RIPRODUZIONE DI 12 SETTIMANE DI ETÀ2023-09-18T15:53:47+02:00

2001 – APPLICAZIONE E CONFRONTO CRITICO FRA L’UTILIZZO DELLE UOVA EMBRIONATE DI POLLO E POLYMERASE CHAIN REACTIONS, PER L’IDENTIFICAZIONE DEL VIRUS DELLA BRONCHITE INFETTIVA AVIARE

Il virus della bronchite infettiva aviare (IBV) è un prototipo della famiglia Coronaviridae. È una malattia virale acuta, infettiva, sistemica ed altamente contagiosa del pollo. Presenta principalmente sintomi e lesioni respiratorie, renali o dell’apparato riproduttivo (2). Da ottobre 2000 a Luglio 2001 per ogni campione, che per dati anamnestici, clinici e anatomo-patologici rispecchiava una sintomatologia riferibile alla bronchite infettiva aviare (IBV) è stato seguito uno specifico iter diagnostico. Per la ricerca dell’agente virale si è applicata sia la metodica classica, che utilizza le uova embrionate di pollo SPF, sia la PCR. Il virus dell’IB è pleomorfo, di 80-200 nm di diametro, con genoma RNA a singolo filamento e provvisto di envelope. Il genoma virale è composto da 27.5 Kb, che codifica per tre proteine strutturali: la proteina S, la proteina M glicosilata della membrana e la proteina N fosforilata del nucleocapside. La proteina S presenta 8 determinanti antigenici, 6 in S1 e 2 in S2. La proteina S è risultata estremamente variabile, soprattutto la subunità S1. Numerosi sierotipi noti differiscono, infatti, tra loro per piu’ del 20% dei loro amminoacidi di questa proteina. La subunità S1 è responsabile della virus neutralizzazione (VN), dell’inibizione dell’emoagglutinazione (HI) e della differenziazione sierotipica (4). Con la PCR si va a ricercare ed amplificare proprio un locus genico della subunità S1, per potere determinare la presenza o meno dell’IBV.
Nel presente lavoro si è cercato di mettere a punto un efficace protocollo di lavoro per l’identificazione dell’IBV tramite PCR, e di conseguenza valutare la sua vera maggior sensibilità e specificita’ rispetto alla metodica classica, senza dimenticare la possibilità di ottenere una diagnosi in tempi più brevi.

2001 – APPLICAZIONE E CONFRONTO CRITICO FRA L’UTILIZZO DELLE UOVA EMBRIONATE DI POLLO E POLYMERASE CHAIN REACTIONS, PER L’IDENTIFICAZIONE DEL VIRUS DELLA BRONCHITE INFETTIVA AVIARE2023-09-18T15:52:19+02:00

2001 – OSSERVAZIONI SUL RITMO ESCRETORIO DELLE OOCISTI IN TURDIDI IN CATTIVITÀ

Lo studio delle coccidiosi aviarie é molto antico e numerosissimi lavori sono stati pubblicati, anche riguardanti le specie di passeriformi selvatici.
La prima descrizione di Isospora dei passeriformi risale al 1893. In quell’anno Labbé riferì di aver isolato dal cardellino (Carduelis carduelis) un protozoo, che denominò Diplospora lacazii, in seguito indicato come Isospora lacazei. Da quel momento sono state pubblicate numerose ricerche sull’infezione da Isospora spp. nelle specie selvatiche, anche alcune relative alla presenza di un ritmo circadiano nella escrezione delle oocisti in alcuni passeriformi (1,2,4,6,7). Le prime osservazioni al riguardo furono fatte da Boughton (1), il quale segnalò la presenza di un caratteristico andamento nell’eliminazione delle oocisti nel passero inglese (Passer domesticus) ed in altri uccelli passeriformi. Questo Autore riuscì a dimostrare che con la normale condizione di luce diurna tutti gli uccelli esaminati mostravano più alti livelli di oocisti di Isospora spp durante le ore pomeridiane, mentre risultava invertita la comparsa delle oocisti in condizioni di luce artificiale, con buio e riposo durante il giorno e illuminazione durante la notte. Lo stesso Autore stabilì inoltre che il caratteristico ritmo di escrezione del parassita non veniva alterato da digiuno durante le ore del mattino o
del pomeriggio purchè fossero mantenuti normali periodi di luce o buio. Schwalbach (7,8) confrontando il ritmo di escrezione di Isospora ed il comportamento dell’ospite (passero e cincia) vi trovò un nesso profondo, fornendo anche importanti delucidazioni riguardo alla trasmissione dell’infezione coccidica. I passeri domestici sono uccelli gregari che si riuniscono durante le prime ore del mattino e nel tardo pomeriggio per raggiungere i luoghi di alimentazione, che vengono frequentati per più giorni consecutivi. Qui eliminano le feci più ricche di oocisti che vengono reingerite durante la toelettatura, i bagni di sabbia e l’assunzione di cibo. la massima escrezione di oocisti si ha spesso solo nelle ore notturne così che risultano infettati i loro giacigli abituali. Tutto ciò finalizzato a mantenere uno stretto rapporto ospite/parassita come successivamente confermato dallo stesso Autore anche nelle cinciallegre (Parus maior) e da Cringoli (4). Tutte queste osservazioni ci hanno stimolato a controllare se anche in altre specie di uccelli canori, come quelle del genere Turdus, comuni nelle nostre regioni, si verificasse lo stesso fenomeno.

2001 – OSSERVAZIONI SUL RITMO ESCRETORIO DELLE OOCISTI IN TURDIDI IN CATTIVITÀ2023-11-15T16:09:44+01:00
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