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2020 – BATTERI ENTEROPATOGENI E ANTIBIOTICO-RESISTENZA NEL GABBIANO REALE (Larus michahellis)

Il gabbiano reale zampegialle (o gabbiano reale mediterraneo) (Larus michahellis) è considerato un animale opportunista in grado di adattarsi a differenti tipi di ambiente. La popolazione italiana del gabbiano reale, così come in molti altri paesi del mediterraneo, ha subìto un forte incremento durante la seconda metà del 1900. La popolazione nidificante, stimata in 24.000-27.000 coppie nidificanti nel 1983, ha raggiunto 45.000-60.000 coppie all’inizio del 2000, mostrando un aumento del 58-125%. Tale incremento sembrerebbe legato prevalentemente a due fattori: la diminuzione della persecuzione diretta dell’uomo sulle colonie di gabbiani e l’aumento delle risorse trofiche legate alle attività antropiche (Serra et al., 2016). In aggiunta, diversi report considerano questi volatili dei potenziali vettori di alcuni agenti patogeni nonchè ospiti di mantenimento di batteri antibioticoresistenti (Franklin et al., 2020) come riportato da diverse indagini condotte in differenti paesi europei (Moore et al., 2002; Stedt et al, 2014; Migura and Garcia et al., 2017; Moré et al., 2017; Barguigua et al., 2019). Tuttavia, sono presenti pochi studi analoghi effettuati in Italia su questa tematica. La presente indagine, pertanto, è stata condotta con l’obiettivo di esaminare il ruolo del gabbiano come potenziale vettore di agenti zoonotici nonchè come potenziale reservoir di ceppi antibioticoresistenti. Nello specifico, questo studio ha focalizzato l’attenzione sulle popolazioni di gabbiano reale zampegialle nella città di Napoli al fine di valutare la prevalenza di Campylobacter spp., Salmonella spp., Escherichia coli produttori di shigatossine e Yersinia spp., e di stimarne la relativa antibioticoresistenza.
2020 – BATTERI ENTEROPATOGENI E ANTIBIOTICO-RESISTENZA NEL GABBIANO REALE (Larus michahellis)2023-09-13T16:28:26+02:00

2020 – STUDIO DEI FATTORI DI VIRULENZA E PROFILO DI ANTIMICROBICO-RESISTENZA IN CEPPI DI ESCHERICHIA COLI ISOLATI DA GALLINE OVAIOLE DA CONSUMO

La colibacillosi, è la malattia batterica più comune nel pollame ed è correlata ad ingenti perdite economiche del settore avicolo. La problematica è particolarmente sentita negli allevamenti che prevedono cicli produttivi lunghi, come per la gallina ovaiola, in relazione al fatto che tende ad endemizzare e divenire difficilmente debellabile. Per il controllo dell’infezione, risultano fondamentali adeguate strategie di management aziendale  volte a ridurre l’impatto dei fattori predisponenti la malattia, ma spesso, è necessario il ricorso all’utilizzo di trattamenti con antimicrobici (Barnes et al., 2009; Camarda, 2009). Tuttavia, l’incremento dell’insorgenza dei ceppi di Escherichia coli con resistenze multiple nei confronti di varie classi di antimicrobici, favorisce il fallimento dei trattamenti terapeutici ed una pressione selettiva nei confronti dei ceppi resistenti (Sgariglia et al., 2019; Xu et al., 2019)indiscriminate use of antibiotics may lead to therapy failure and economic losses for the breeder. The aims of this study were to, determine the antibiotic resistance of Escherichia coli isolates, evaluate the correlation between E. coli isolation and systems of breeding included in this study, and identify the avian pathogenic E.coli (APEC. Ad oggi, l’antimicrobico-resistenza è considerata uno dei rischi più emergenti e preoccupanti per la salute pubblica a livello globale; per ridurre l’incidenza di questo fenomeno è fondamentale un approccio OneHeath, basato sulla stretta relazione tra la salute umana, animale ed ambientale (ECDC, 2019). Gli APEC (Avian PathogenicEscherichia coli) più comunemente isolati in corso di colibacillosi, appartengono a vari sierogruppi tra cui O1, O2, O8, O15, O18, O35, O78, O88, O109 ed O115 (Dho-Moulin&Fairbrother, 1999) polyserositis, septicemia and other mainly extraintestinal diseases in chickens, turkeys and other avian species. APEC are found in the intestinal microflora of healthy birds and most of the diseases associated with them are secondary to environmental and host predisposing factors. APEC isolates commonly belong to certain serogroups, O1, O2 and O78, and to a restricted number of clones. Several experimental models have been developed, permitting a more reliable evaluation of the pathogenicity of E. coli for chickens and turkeys. Hence, virulence factors identified on APEC are adhesins such as the F1 and P fimbriae, and curli, the aerobactin iron sequestering system, K1 capsule, temperature-sensitive hemagglutinin (Tsh ed i ceppi isolati in Europa sono risultati nel 56,5% appartenenti a sei sierogruppi (O1,O2, O5, O8, O18 e O78) (Schouler et al., 2012)an extensive characterization of 1,491 E. coli isolates was conducted, based on serotyping, virulence genotyping, and experimental pathogenicity for chickens. The isolates originated from lesions of avian colibacillosis (n = 1,307. Attualmente, in letteratura non sono presenti molti studi che indagano la prevalenza dell’antimicrobico-resistenza negli E. coli, ed in particolare negli Avian Pathogenic Escherichia coli (APEC) in Italia (Sgariglia et al., 2019)indiscriminate use of antibiotics may lead to therapy failure and economic losses for the breeder. The aims of this study were to, determine the antibiotic resistance of Escherichia coli isolates, evaluate the correlation between E. coli isolation and systems of breeding included in this study, and identify the avian pathogenic E.coli (APEC. Lo scopo del presente studio è stato quello di valutare le caratteristiche fenotipiche relative al pattern di antimicrobico-resistenza, identificare il sierogruppo di appartenenza ed effettuare una valutazione genotipica dei geni di virulenza APEC in ceppi di Escherichia coli isolati da casi clinici di colibacillosi in galline ovaiole provenienti da allevamenti intensivi italiani, prevalentemente allocati in Emilia Romagna. Si è inoltre valutata l’eventuale  correlazione tra i risultati ottenuti dai parametri studiati (antimicrobico-resistenza, sierogruppo, fattori di virulenza degli APEC).
2020 – STUDIO DEI FATTORI DI VIRULENZA E PROFILO DI ANTIMICROBICO-RESISTENZA IN CEPPI DI ESCHERICHIA COLI ISOLATI DA GALLINE OVAIOLE DA CONSUMO2023-09-13T16:26:46+02:00

2020 – EVIDENZE SIEROLOGICHE DI CIRCOLAZIONE DI METAPNEUMOVIRUS A VIARE SOTTOTIPO C IN GERMANI REALI IN NORD ITALIA

Il Metapneumovirus aviare (aMPV) è un virus a singolo filamento di RNA a polarità positiva e dotato di envelope, unico esponente dell’omonimo genere della famiglia Pneumoviridae oltre al Metapneumovirus umano (hMPV) (1). Descritto per la prima volta nel 1979 in Sud Africa (2), è oggi ampiamente diffuso a livello globale. aMPV è l’agente eziologico di una sindrome respiratoria dalla presentazione caratteristica ma non patognomonica a cui ci si riferisce con diversi nomi, tra cui rinotracheite aviare (ART), rinotracheite del tacchino (TRT), e, nel pollo, sindrome della testa gonfia (SHS). Il virus è inoltre associato a problematiche riproduttive con ripercussioni negative sulla produzione e qualità delle uova. L’impatto economico e sanitario del virus è di particolare rilevanza per l’allevamento del tacchino, ma una crescente attenzione e preoccupazione nei confronti di aMPV si osserva anche nel settore del pollo da carne (3). Tra le specie, domestiche o selvatiche, suscettibili o risultate positive con metodiche molecolari ad aMPV si annoverano anche anatre, oche ed altri anatidi, gabbiani, faraone e passeri (4, 5, 6); una sieroconversione a seguito dell’esposizione al virus è stata inoltre osservata in piccioni, struzzi, fagiani, corvidi e varie altre specie (7, 8, 9).
Sono ad oggi noti quattro distinti sottotipi di aMPV (A, B, C e D), i quali differiscono a livello genetico, antigenico e in termini di localizzazione geografica e di spettro d’ospite: aMPV-A e -B sono i due sottotipi di maggior rilevanza, e appartengono ad un cluster separato rispetto ad aMPV-C, il quale è geneticamente più vicino a hMPV, con cui si ipotizza condivida l’origine (10). All’interno del sottotipo C sono inoltre individuabili due lineage, uno ritrovabile in Nord America ed uno in Europa e Asia (11). Il sottotipo D è infine stato identificato una sola volta, retrospettivamente, in campioni francesi degli anni ‘80 (12).
Tra i diversi sottotipi esistono marcate differenze in termini di spettro d’ospite: in un recente studio che prevedeva una serie di infezioni sperimentali con i diversi sottotipi, i tacchini sono risultati sensibili ai sottotipi A, B, D ed al lineage Nordamericano di aMPV-C; nelle anatre l’unica suscettibilità osservata è stata quella nei confronti del lineage Eurasiatico del sottotipo C; nel pollo, i sottotipi A e B sono stati in grado di indurre sintomatologia, mentre il sottotipo D ha determinato una sieroconversione ed è stato possibile isolare aMPV-C, seppur in assenza di sieroconversione o di positività a livello molecolare (13). In uno studio precedente, un ceppo classificato come aMPV-C è stato isolato in Cina in broiler con sintomatologia respiratoria (14), ma non è possibile determinare a quale dei due lineage appartenesse.
Il quadro epidemiologico di aMPV presenta alcuni punti che restano ancora oscuri, in primis in merito al grado di suscettibilità di varie specie minori e al possibile coinvolgimento di animali selvatici migratori nella diffusione del virus.
Per ottenere informazioni riguardo la potenziale circolazione dei vari sottotipi in Italia, uno studio pilota è stato condotto con metodiche sierologiche specifiche su anatre allevate intensivamente nel Nord Italia.
2020 – EVIDENZE SIEROLOGICHE DI CIRCOLAZIONE DI METAPNEUMOVIRUS A VIARE SOTTOTIPO C IN GERMANI REALI IN NORD ITALIA2023-09-13T16:22:51+02:00

2020 – VALUTAZIONE DELL’IMPATTO DELLA FERTILIZZAZIONE CON POLLINA DI ALLEVAMENTI DI POLLI DA CARNE SULLE COMUNITÀ MICROBICHE E SU GENI DI RESISTENZA DI TERRENI AGRICOLI

Il letame derivato dall’allevamento intensivo è comunemente impiegato in agricoltura come fertilizzante per migliorare la qualità del suolo (Das et al., 2017)the role of different livestock composts [composted cattle manure (CCM. Tuttavia, le comunità microbiche del letame possono influenzare il microbioma del suolo, direttamente attraverso la competizione o indirettamente contribuendo alla diffusione della resistenza ai farmaci antimicrobici (AMR). La misura in cui il microbioma del letame influenza la comunità microbica del suolo rimane poco chiara. Infatti, sebbene alcuni studi indichino che l’applicazione del letame alteri in modo significativo il microbioma del suolo (Stocker et al., 2015; Zhang et al., 2020), altri hanno riportato cambiamenti nella composizione microbica limitati a pochi taxa (Lopatto et al., 2019).
I farmaci antimicrobici sono stati ampiamente utilizzati per diversi decenni nell’allevamento intensivo, venendo eliminati come tali o come metaboliti attivi o inattivi dagli animali, mediante feci ed urine (Wei et al., 2011; Xia et al., 2019). A seguito di fertilizzazione del suolo, gli antimicrobici possono diffondersi nell’ambiente circostante, causando l’eventuale comparsa di batteri resistenti e di geni di resistenza (ARG) (Hou et al., 2015; Munk et al., 2018; Qiao et al., 2018; Rovira et al., 2019; Xia et al., 2019). La diffusione di ARG nell’ambiente rappresenta una grande preoccupazione per la salute pubblica poiché possono trasferirsi all’uomo a seguito di dispersione nei corsi d’acqua, attraverso il deflusso e il drenaggio dal suolo, o entrando nella catena alimentare (Berendonk et al., 2015; Hruby et al., 2016; Marti et al., 2014; Pruden et al., 2012). Nel presente studio, abbiamo valutato l’impatto dell’applicazione di pollina proveniente da allevamenti avicoli sulla concentrazione di antimicrobici, sulla composizione delle microbioma e sull’abbondanza dei ARG nel suolo agricolo.
2020 – VALUTAZIONE DELL’IMPATTO DELLA FERTILIZZAZIONE CON POLLINA DI ALLEVAMENTI DI POLLI DA CARNE SULLE COMUNITÀ MICROBICHE E SU GENI DI RESISTENZA DI TERRENI AGRICOLI2023-09-13T15:58:50+02:00

2020 – ANALISI GENOMICA DI CAMPYLOBACTER JEJUNI E CAMPYLOBACTER COLI ISOLATI DA ORGANI PARENCHIMATOSI DI POLLI DA CARNE E GALLINE OVAIOLE CON LESIONI RICONDUCIBILI AD AVIAN VIBRIONIC HEPATITIS/SPOTTY LIVER DISEASE

Campylobacter termofili, in particolare C. jejuni e C. coli, sono batteri ben adattati alle specie aviari in cui colonizzano il tratto gastroenterico, frequentemente senza causare malattia (Sahin et al., 2017). Tuttavia, diversi studi riportano come anche nelle specie aviari Campylobacter termofili siano in grado di lasciare l’intestino, invadendo e danneggiando la mucosa intestinale e conseguentemente di colonizzare organi parenchimatosi, tra cui il fegato (Sanyal et al., 1984; Van Deun et al., 2007). L’abilità di C. jejuni e C. coli di colonizzare il fegato del pollo pone dei dubbi rispetto al concetto che vede Campylobacter quale commensale in questa specie e, al tempo stesso, solleva interrogativi di sicurezza alimentare legati a casi di campilobatteriosi umana riconducibile al consumo di fegato di pollo (Cox et al., 2007; Crawshaw et al., 2015; Jennings et al., 2011; O’Leary et al., 2009). C. jejuni è stato isolato da fegato di polli affetti da Epatite vibrionica aviaria (AVH), una condizione caratterizzata da inspessimento e opacizzazione della glissoniana e incostante presenza di flebili lesioni necrotiche multifocali disseminate, associata ad un calo nella produzione di uova di circa il 10-25% e a un aumento della mortalità che può raggiungere il 15% (Crawshaw & Young, 2003; Grimes & Reece, 2011; Hofstad et al., 1958; Sevoian et al., 1958). Tuttavia, non è stato possibile riprodurre sperimentalmente la malattia impiegando ceppi di C. jejuni derivati dal pollame (Jennings et al., 2011), suggerendo che tale microrganismo possa causare AVH solo in presenza di fattori predisponenti (es. condizioni di stabulazione sfavorevoli, stress, stati d’immunodepressione dell’ospite, ecc). Una condizione simile all’AVH, chiamata Spotty liver disease (SLD), è comparsa a partire dagli anni 2000 (Crawshaw & Young, 2003). Una nuova specie di Campylobacter termofilo, denominato C. hepaticus (Crawshaw et al., 2015; Van et al., 2016), è stato isolato da focolai di SLD e si è dimostrato in grado di riprodurre la malattia in studi d’infezione sperimentale, causando le classiche lesioni macroscopiche e microscopiche osservate in casi di SLD (Crawshaw et al., 2015; Van et al., 2017). Nel presente studio, riportiamo la caratterizzazione molecolare dell’intero genoma di nove isolati di C. jejuni e cinque isolati di C. coli ottenuti da fegato e milza di polli da carne, galline ovaiole e capponi che mostravano lesioni macroscopiche simili a quelle riscontrate in casi di AVH / SLD. In particolare, mediante un’analisi genomica comparativa dei quattordici isolati, dieci ceppi di riferimento di C. jejuni, dieci di C. coli e uno di C. hepaticus, è stata investigata la presenza di fattori di virulenza potenzialmente associati alla malattia osservata.
2020 – ANALISI GENOMICA DI CAMPYLOBACTER JEJUNI E CAMPYLOBACTER COLI ISOLATI DA ORGANI PARENCHIMATOSI DI POLLI DA CARNE E GALLINE OVAIOLE CON LESIONI RICONDUCIBILI AD AVIAN VIBRIONIC HEPATITIS/SPOTTY LIVER DISEASE2023-09-19T11:14:16+02:00

2020 – STUDIO DELLA CIRCOLAZIONE DEL VIRUS DELLA BURSITE INFETTIVA NEGLI ALLEVAMENTI DI POLLASTRE DELLA LINEA OVAIOLA DA CONSUMO NEL PERIODO MAGGIO – SETTEMBRE 2019

Il virus della bursite infettiva (IBDV), agente eziologico della bursite infettiva del pollo (IBD), appartiene alla Famiglia Birnaviridae, genere Avibirnavirus e provoca un’infezione altamente contagiosa nel pollo, soprattutto fra 3 e 6 settimane di vita (4). Possiede tropismo linfatico prediligendo come sede di infezione la borsa di Fabrizio, dove provoca una grave deplezione linfocitaria. L’importanza economica della malattia che ne consegue è legata all’azione patogena diretta del virus (in grado di provocare significativi indici di mortalità) e ai suoi effetti immunodepressivi con conseguente maggiore sensibilità dei gruppi colpiti ad infezioni secondarie e minore risposta immunitaria alle vaccinazioni. Sono stati identificati due sierotipi di IBDV , denominati 1 e 2, di cui solamente il primo è riportato come patogeno nel pollo. A questo sierotipo appartengono diverse varianti classificate da un punto di vista genomico o patogenico: tra questi sono annoverati i ceppi “classici”, le varianti immunosoppressive e i ceppi “very virulent” (vvIBDV). Il controllo della malattia in allevamento, anche a causa dell’elevata resistenza del virus a diversi agenti chimici e fisici, si basa sulla profilassi vaccinale. Esistono diverse tipologie di presidi immunizzanti: vaccini vivi attenuati somministrati in allevamento, ad immunocomplessi (vaccino vivo attenuato legato ad anticorpi specifici nei confronti del virus), vettori virali (Herpesvirus del tacchino – HVT) ingegnerizzati in modo da esprimere la proteina di superficie VP2 di IBDV (9). Scopo del presente lavoro è la raccolta di dati sulla circolazione di ceppi di campo di IBDV in allevamenti di pollastre future ovaiole da consumo sottoposti a differenti programmi vaccinali.
2020 – STUDIO DELLA CIRCOLAZIONE DEL VIRUS DELLA BURSITE INFETTIVA NEGLI ALLEVAMENTI DI POLLASTRE DELLA LINEA OVAIOLA DA CONSUMO NEL PERIODO MAGGIO – SETTEMBRE 20192023-09-13T15:55:53+02:00

2020 – RICOSTRUZIONE TRAMITE UN APPROCCIO FILODINAMICO DELLA CIRCOLAZIONI DI AVIAN METAPNEUMOVIRUS SOTTOTIPO B IN EUROPA

Il Metapneumoviru aviare (aMPV) è un patogeno che colpisce in particolare il pollo e il tacchino, sebbene altre specie possano essere infettate. È associato a infezioni del tratto respiratorio superiore che possono portare a rilevanti manifestazioni cliniche e conseguenti perdite economiche, in particolar modo in presenza di infezioni secondarie. aMPV è classificato nella famiglia Pneumoviridae, genere Metapneumovirus, ed è caratterizzato da un genoma a singolo filamento di RNA con polarità positiva della lunghezza di circa 15 Kb, contenente 8 geni: Nucleprotein (N), Phosphoprotein (P), Matrix (M), Fusion (F), Matrix2 (M2), Small hydrophobic (SH), Attachment (G) e Large polymerase (L). I geni L e P codificano per proteine non strutturali, implicate nella replicazione del genoma virale, mentre le restanti codificano per i componenti del capside, della matrice e dell’envelope virale (Cecchinato et al., 2017). Fra queste, la maggior parte degli studi si sono focalizzati sulla proteina G, una proteina dell’envelope necessaria per l’adesione virale alla cellula. Sfortunatamente, non sono ad oggi disponibili studi fini inerenti l’interazione di questa proteina con i recettori dell’ospite e con la sua risposta immunitaria. Cionondimeno, essa è considerata il principale target della risposta immunitaria, in funzione del suo ruolo biologico e della localizzazione sulla superfice virale. Studi preliminari hanno suggerito la presenza di epitopi della risposta cellulare e l’evoluzione direzionale di questa proteina dopo l’introduzione della vaccinazione ne lascia presuppore una significativa rilevanza immunologica. La variabilità genetica del gene G ne ha inoltre determinato l’uso per studi epidemiologici e filogenetici, favorendo una certa attività di sequenziamento. Dopo la sua prima identificazione in Sud Africa sul finire degli anni ’70, aMPV e le sindromi da esso causate sono state descritte in diversi stati Europei: Regno Unito, Francia, Spagna, Germania, Ungheria e Italia (Cecchinato et al., 2017). Successivamente la sua presenza è stata riportata a livello mondiale. Sulla base della variabilità genetica sono stati identificate 4 sottotipi (A-D) (Juhasz and Easton, 1994). Tradizionalmente i sottotipi A e B sono stati considerati la principale minaccia per l’allevamento europeo, tuttavia studi recenti stano progressivamente evidenziando una sostanziale assenza del sottotipo A, a favore di aMPV-B (Franzo et al., 2017b; Tucciarone et al., 2018; Andreopoulou et al., 2019). Paradossalmente, nonostante la rilevanza di questo sottotipo e la crescente preoccupazione sia nel mondo scientifico che fra i veterinari di campo, le nostre conoscenze sulla reale epidemiologia, pattern di diffusione, dinamiche di popolazione ed evoluzione di aMPV-B sono, ad oggi, scarse. Per cercare di colmare questa lacuna, nel presente studio è state eseguita una analisi filodinamica su un ampio database di sequenze parziali del gene G ottenute da ceppi europei di aMPV-B.
2020 – RICOSTRUZIONE TRAMITE UN APPROCCIO FILODINAMICO DELLA CIRCOLAZIONI DI AVIAN METAPNEUMOVIRUS SOTTOTIPO B IN EUROPA2023-09-13T15:54:06+02:00

2020 – ATTIVITÀ ANTICOCCIDICA IN VITRO DI ESTRATTI VEGETALI

I coccidi del genere Eimeria sono importanti parassiti aviari che causano gravi enteriti, con conseguenti perdite economiche nel settore avicolo, stimate a oltre 3 miliardi di dollari all’anno (Cobaxin-Cardenas, 2018). Le specie di Eimeria principalmente coinvolte nell’insorgenza della malattia sono cinque: E. acervulina, E. maxima, E. brunetti, E. necatrix ed E. tenella, con le ultime tre associate al più alto tasso di mortalità e maggior parte dei sintomi, mentre le altre comportano manifestazioni subcliniche, che sono spesso più difficili da riconoscere (Quiroz-Castañeda & Dantán-González, 2015). Inoltre, i coccidi possono contribuire all’insorgenza di infezioni secondarie, come la clostridiosi, fattore scatenante di gravi enteriti necrotiche (Moore, 2016). Le strategie di controllo della malattia includono l’uso di ionofori e farmaci anticoccidici sintetici applicati con programmi di rotazione o vaccinazione con oocisti di Eimeria vive. Tuttavia, i vaccini possono innescare reazioni indesiderate che influenzano le prestazioni di crescita e soprattutto, di recente, sono stati documentati molti casi di resistenza ai farmaci anticoccidici (Abbas, Colwell, & Gilleard, 2012). Di conseguenza, la ricerca si sta ora concentrando sullo studio di nuove alternative per controllare questi agenti patogeni (Peek H.W., 2011). I prodotti di origine botanica sono ben noti per la loro attività antimicrobica e antiparassitaria, quindi possono rappresentare uno strumento prezioso contro Eimeria (Cobaxin-Cardenas, 2018). I meccanismi di azione antimicrobico di queste molecole comprendono la degradazione della parete cellulare, il danneggiamento del citoplasma, la perdita di ioni con riduzione del gradiente protonico e anche l’induzione dello stress ossidativo, che portano all’inibizione dell’invasione e dello sviluppo intracellulare delle specie di Eimeria (Abbas et al., 2012; Nazzaro, Fratianni, de Martino, & Coppola, 2013). Questi composti sono spesso testati in vivo, ma le problematiche etiche per il benessere degli animali e gli alti costi di sperimentazione stanno spingendo verso lo sviluppo di nuovi metodi in vitro per test di screening (Singh et al., 2016). Tra i composti di origine botanica, timolo, carvacrolo e le saponine sono molecole promettenti perché possono interferire con la permeabilità della membrana dei patogeni, causando una cascata di reazioni che coinvolgono l’intera cellula causandone la morte (Nazzaro et al., 2013). Questi composti si trovano naturalmente in diverse piante: timolo e carvacrolo sono i principali componenti di origano, timo e basilico (Sakkas & Papadopoulou, 2017), mentre le specie del genere Quillaja e Yucca sono fonti comuni di saponine, glicosidi anfipatici con funzione di difesa (Francis, Kerem, Makkar, & Becker, 2002). Anche l’aglio e il suo olio essenziale sono da tempo noti come potenti composti antimicrobici, antiparassitari e antiinfiammatori, e di recente ne sono stati anche documentati effetti benefici sul benessere animale in seguito a challenge in vivo con oocisti di Eimeria (Ali, Chand, Ullah Khan, Naz, & Gul, 2019).
Lo scopo di questo studio è valutare l’effetto antiparassitario di diverse miscele di timolo, carvacrolo, saponine e olio di aglio sull’efficienza di infestazione degli sporozoiti di Eimeria in vitro. Il protocollo è stato messo a punto in modo da testare presunti composti anticoccidici su campioni di campo, rispettando così il benessere degli animali e evitando il loro sacrificio, come descritto dalle linee guida delle “3Rs” (Russel, W.M.S and Burch, 1959).
2020 – ATTIVITÀ ANTICOCCIDICA IN VITRO DI ESTRATTI VEGETALI2023-09-13T15:52:40+02:00

2020 – INDAGINI DIAGNOSTICHE IN EPISODI DI CORIZZA DEL FAGIANO RIPRODUTTORE

La corizza infettiva è una malattia acuta respiratoria del pollame, causata da un coccobacillo Gram negativo denominato Avibacterium paragallinarum, un tempo noto come Haemophilus paragallinarum (Blackall and Soriano, 2008). Essa si presenta più frequentemente nel pollo, ma è stata descritta anche in altre specie come il tacchino, il fagiano, la faraona e la quaglia. (Blackall and Hinz, 2008)
Questa malattia colpisce primariamente le vie aree superiori ed è caratterizzata da elevata morbilità e scarsa mortalità, ma poiché fortemente debilitante, causa gravi perdite in termini di incrementi ponderali giornalieri e di uova deposte (Blackall and Hinz, 2008).
Condizioni ambientali sfavorevoli e infezioni concomitanti, sostenute da altri batteri (Mycoplasma spp, Pasteurella spp e E. Coli) e/o virus, predispongono a forme più severe e prolungate (Blackall and Hinz, 2008).
Secondo alcuni autori, solo il pollo (Gallus gallus) sarebbe sensibile all’infezione sostenuta da A. paragallinarum. Nelle specie sopra citate, un gran numero di batteri, di cui molti non ancora classificati e appartenenti alla famiglia Pasteurellaceae (Christensen et al., 2009), sarebbe stato isolato da casi di malattia delle vie aeree superiori, ma nessuno di questi si identificherebbe con A. paragallinarum (Blackall and Chen, 2015).
Esiste poi un quadro ben noto come “corizza del tacchino”, sostenuto da un batterio completamente diverso, Bordetella avium (Jackwood and Saif, 2008). Pertanto, solo studi che si avvalgono di dettagliati approfondimenti di batteriologia o di biologia molecolare, possono realmente escludere o confermare il coinvolgimento di A. paragallinarum da specie che non ne costituiscono l’ospite naturale (Blackall and Soriano, 2008).
Il quadro di sinusite o “occhio gonfio” (bulgy eyes) è la manifestazione clinica più importante di malattia delle vie aeree superiori del fagiano (Phasianus colchicus), nonché la principale causa infettiva di morte nell’allevamento di questa specie, secondo alcuni autori (Pennycott, 2000; Welchman, 2016), già descritta a partire dal 1958 in UK (Keymer, 1961).
Studi condotti negli anni successivi hanno portato a credere che la sinusite del fagiano sia il risultato di una infezione sostenuta primariamente da Micoplasmi, nello specifico da M. gallisepticum, e che altri agenti causali infettivi e non, giocherebbero un ruolo importante sulla gravità del quadro clinico osservato (Welchman et al., 2002). Scopo del presente lavoro è stato quello di indagare gli agenti infettivi coinvolti in episodi ricorrenti di sinusite, osservati in un allevamento di fagiani allevati a scopo venatorio.
2020 – INDAGINI DIAGNOSTICHE IN EPISODI DI CORIZZA DEL FAGIANO RIPRODUTTORE2023-09-13T15:51:33+02:00

2020 – VALUTAZIONE DELLA PRODUZIONE DI BIOFILM DA PARTE DI DIFFERENTI SPECIE DI MICOPLASMI ISOLABILI IN SPECIE AVICOLE INDUSTRIALI

I micoplasmi sono microrganismi considerati “parassiti obbligati” degli epiteli del tratto respiratorio e genitourinario degli animali e dell’uomo (1). Sebbene non abbiano una parete cellulare e siano apparentemente danneggiabili dal sistema immunitario dell’ospite, i micoplasmi riescono a persistere nei siti di colonizzazione anche in presenza di una forte risposta infiammatoria. Inoltre, sono sensibili agli agenti atmosferici al di fuori dell’ospite. Tuttavia è stato osservato che alcuni micoplasmi sono in grado di sopravvivere in presenza di condizioni avverse, come superfici solide, e di persistere nell’ambiente più di quanto ci si aspetterebbe (2). Sappiamo che per altre specie batteriche la capacità di produrre biofilm, ovvero la creazione di strati di cellule batteriche circondate da una matrice polisaccaridica gel-like, è connessa con un’aumentata resistenza agli antibiotici e alla risposta immunitaria dell’ospite (3). Studi recenti hanno dimostrato che anche alcuni micoplasmi sono in grado di produrre biofilm e tale capacità potrebbe spiegare come mai le infezioni da micoplasmi siano difficili da trattare con gli antibiotici, oppure il motivo per cui diventino croniche (4). Inoltre, data l’insorgenza di nuovi focolai in assenza di connessioni epidemiologiche evidenti, è lecito pensare che tramite il biofilm i micoplasmi possano sopravvivere lontano dalla risposta immunitaria e gli agenti atmosferici per poi tornare a dare malattia in un secondo momento. Sono ben noti i problemi causati dalle micoplasmosi nell’industria avicola, sia in termini di perdite economiche che produttive. Studiare la capacità dei micoplasmi aviari di produrre biofilm potrebbe aiutare a comprendere meglio le enigmatiche dinamiche epidemiologiche che caratterizzano le micoplasmosi del settore avicolo. Tuttavia, non sono disponibili dati riguardanti tale capacità nei ceppi di campo. Per questo motivo abbiamo deciso di valutare se alcune specie di micoplasmi isolabili nel pollame fossero in grado di produrre biofilm.
2020 – VALUTAZIONE DELLA PRODUZIONE DI BIOFILM DA PARTE DI DIFFERENTI SPECIE DI MICOPLASMI ISOLABILI IN SPECIE AVICOLE INDUSTRIALI2023-09-13T15:50:04+02:00
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