Atti dei convegni

14 Dicembre 2018

2018 – CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE E FILOGENETICA DI ESCHERICHIA COLI ESBL-PRODUTTORI ISOLATI DA POLLO

È ormai universalmente accettata l’idea che per risolvere o contenere il problema delle resistenza batterica agli antimicrobici sia necessario un approccio One-Health.
Quest’ultimo considera uomo, animale e ambiente parte dello stesso sistema e studia le loro interazioni per una miglior comprensione di questo fenomeno biologico. Fra i batteri multiresistenti (MDRO) di maggior rilevanza per la salute umana il WHO (2017) elenca Escherichia (E.) coli in grado di produrre β-lattamasi a spettro esteso (ESBL). Questi enzimi conferiscono resistenza agli antibiotici β-lattamici, incluse le cefalosporine di III e IV generazione, e rappresentano una seria minaccia d’insuccesso terapeutico nei confronti di importanti infezioni umane sostenute da batteri Gram-negativi, comunemente trattate con cefalosporine (Chong et al., 2011). Alcuni studi documentano la possibilità che E. coli ESBL-produttori vengano trasmessi dagli animali, e in particolare dal pollame, all’uomo (Dierikx et al., 2013; Dahmas et al., 2015), ma esistono poche informazioni al riguardo in Italia.
La diffusione di MDRO Gram-negativi giustifica la recente rivalutazione terapeutica della colistina, considerata dal WHO (2016) farmaco di importanza critica per la cura delle infezioni umane sostenute da enterobatteri ESBL-produttori. Desta quindi particolare preoccupazione la descrizione del gene di resistenza alla colistina mcr-1 (Liu et al. 2016), localizzato a livello plasmidico, recentemente segnalato in animali e uomo unitamente alle sue numerose varianti (Wise et al. 2018).
Per valutare la trasmissibilità di E. coli da animali all’uomo è necessario utilizzare metodi che consentono di caratterizzare gli isolati batterici ottenuti dalle diverse specie e di confrontarne l’omologia genetica. Fra questi risultano di particolare interesse la determinazione del gruppo filogenetico (Clermont et al., 2013) e il multilocus sequence typing (MLST) (Wirth et al., 2006).
Il primo è utile nell’accomunare ceppi che occupano determinate nicchie ecologiche o che si sono resi responsabili di patologie nell’uomo e negli animali; ad esempio, i gruppi filogenetici B2 e D sono stati associati a malattie che colpiscono l’uomo e il pollo mentre i gruppi A e B1 raggruppano ceppi ritenuti commensali o ambientali (Olsen et al., 2014). Il secondo consente la classificazione degli isolati batterici analizzati in sequence type (ST) che raggruppano ceppi geneticamente correlati. L’MLST si è dimostrato metodo d’elezione per studiare la diffusione di enterobatteriacee dotate di elevate resistenze agli antimicrobici (Woodford et al., 2011).
Scopo di questo lavoro era valutare la possibilità che allevamenti di pollame situati nel Triveneto possano fungere da reservoir di MDR E. coli potenzialmente trasmissibili al personale a contatto con gli animali ed al consumatore, valutando le caratteristiche genetiche degli isolati e comparandole con quelle dei cloni responsabili di patologia nell’uomo. A questo scopo sono stati utilizzati campioni conferiti alle sezioni diagnostiche dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) nell’ambito delle normali attività diagnostiche e di controllo, successivamente arruolati per la ricerca di E. coli ESBL-produttori. Gli isolati batterici collezionati nel corso della ricerca, condotta nel periodo 2016-2017, sono stati genotipizzati e sono stati determinati i loro pattern di resistenza nei confronti di un pannello di antimicrobici rilevanti per la terapia delle infezioni umane sostenute da batteri Gram-negativi. Infine si è voluta indagare la presenza dei geni di resistenza alla colistina mcr-1 ed mcr-2, anch’essi di rilevante interesse per la sanità pubblica.

14 Dicembre 2018

2018 – OCCURRENCE OF β-LACTAM RESISTANCE IN ESCHERICHIA COLI ISOLATED FROM THE BROILER PRODUCTION CHAIN

In Italy, few studies have investigated the occurrence of β-lactamase producing E. coli in broilers. This paper aimed to determine the level of phenotypic β-lactam resistance, in particular to third-generation cephalosporins (3GCs), in commensal and clinical E. coli isolated from the whole broiler production pyramid. To this end, several samples were collected from three production chains (A, B, C), including breeders, growing broilers and carcasses; and they were analysed on both Eosin Methylene Blue agar (EMB) and EMB agar supplemented with 1mg/L cefotaxime (CTX-EMB).
A low occurrence of ESBL/AmpC-producing E. coli was found when the non-selective medium (EMB) was considered. In contrast, for 55.3% of samples, at least one ESBL/AmpC-producing commensal E. coli was isolated when the selective medium (CTX-EMB) was used. Resistant strains were present at all steps of the broiler production pyramid with a relative sample frequency of ESBL/AmpC-pro-
ducing E. coli ranging from moderate (15%) to extremely-high ratios (85%). In contrast to commensal E. coli, only 6.6% of clinical strains were phenotypically resistant.
The high occurrence of ESBL/AmpC-producers is surprising considering that 3GCs have never been licenced for use in poultry in Italy. Nevertheless, the cir-culation of 3GC-resistant E. coli in all steps of the broiler production pyramid is worrying. Studying the genetic background of β-lactam resistance is crucial to elucidate the source and the transmission routes of ESBL/AmpC-producing E. coli along the broiler production chain.

14 Dicembre 2017

2017 – EPIDEMIOLOGIA DI METAPNEUMOVIRUS AVIARE NEL POLLO DA CARNE IN ITALIA

Il Metapneumovirus aviare (aMPV) è l’agente eziologico della Rinotracheite del tacchino, caratterizzata da congiuntivite, scolo nasale, rantoli, starnuti e morbilità molto elevata nel tacchino da carne, mentre in riproduttori e ovaiole l’infezione è correlata ad un calo dell’ovodeposizione e ad alterazioni della qualità delle uova (Cook, 2000). Nel pollo, la Sindrome della testa gonia (SHS) è considerata la conseguenza dell’interazione di aMPV e altri patogeni, principalmente Escherichia coli, manifestandosi con abbattimento, sintomatologia respiratoria, edema periorbitale che può estendersi a tutta la testa (Hafez, 1993). Il tradizionale ruolo di semplice agente predisponente o di cofattore (Cook, 2000) nelle problematiche respiratorie del broiler, è però messo in discussione dai numerosi episodi di sintomatologia attribuita unicamente ad aMPV . Sono infatti sempre maggiori le indicazioni di un possibile adattamento di aMPV all’ospite pollo o di una più marcata sensibilità di questi animali, date le numerose segnalazioni di manifesta sintomatologia clinica da infezione da aMPV sia in campo (Tucciarone et al., 2016)  sia riprodotta in condizioni sperimentali (Moronato et al., 2016).
Altro interessante aspetto da considerare nell’esame della problematica sostenuta da aMPV nel pollo, è l’interazione con il virus della Bronchite Infettiva (IBV). A quest’ultimo è stata imputata un’azione competitiva da parte dei ceppi vaccinali e di campo (Cavanagh et al., 1999,Cook et al., 2001) nei confronti dell’ingresso di aMPV e/o dalla protezione promossa dal vaccino. Episodi di coinfezione sono però stati documentati, soprattutto nella seconda metà del ciclo produttivo, sia in presenza di ceppi di IBV vaccinali sia di campo (Tucciarone et al., 2016).
In Europa risultano sempre più frequenti i report di aMPV nel pollo (Cecchinato et al., 2016,Franzo et al., 2017), in associazione o meno a sintomatologia, e anche in Italia non sono nuove le segnalazioni di aMPV in broiler, ovaiole e riproduttori (Cecchinato et al., 2013a,Cecchinato et al., 2012,Tucciarone et al., 2016), ma mancano dati organici sulla sua prevalenza e distribuzione nel nostro Paese.
Questo lavoro vuole fornire un quadro più chiaro dell’epidemiologia di aMPV nel broiler, attraverso studi longitudinali e attività diagnostica nel Nord Italia. Per verificare l’efficacia di strategie di controllo nei confronti di aMPV anche nel broiler, aggiuntive alle consuete misure di biosicurezza, si descrive inoltre una prova di vaccinazione, attuata in condizioni di campo in aziende in precedenza colpite da aMPV.

14 Dicembre 2017

2017 – EVOLUZIONE DELLE LESIONI MACROSCOPICHE E MICROSCOPICHE DA WHITE STRIPING NEL BROILER

Il white striping (WS) è un’alterazione del muscolo del pollo da carne caratterizzata macroscopicamente da striature bianche parallele alla direzione delle ibre muscolari, in particolare sulla superficie ventrale del muscolo del petto (1).
Ad oggi, la patogenesi di WS non è ancora chiara, ma la sua prevalenza è maggiore in genotipi selezionati per l’elevata resa in petto (2) per il rapido accrescimento e con peso maggiore alla macellazione (3). Le proprietà nutrizionali della carne sono alterate, infatti le lesioni più gravi di WS sono associate ad un aumento della quantità di grasso a discapito del contenuto proteico (4). Anche le proprietà tecnologiche della carne sono modificate come il pH e il potere di ritenzione idrica. Dopo la cottura sono inoltre evidenti perdite di peso (2), aumento della durezza e consistenza gommosa (5).
Il consumatore non gradisce la carne fresca affetta da WS, a causa delle striature biancastre macroscopicamente visibili associate alla presenza di depositi di grasso (6). Poiché le caratteristiche qualitative della carne e la scelta del consumatore sono influenzate negativamente dalla miopatia WS, quest’ultima è responsabile di danno economico per l’industria (6).
Dal punto di vista macroscopico le lesioni di WS sono state classificate in base alla dimensione e alla distribuzione delle striature bianche in 3 gradi: normale, moderato e severo, secondo lo score definito da Kuttappan et al. (6). Dal punto di vista istologico la descrizione qualitativa delle lesioni è stata ampiamente discussa (7, 8) e la miopatia è stata definita una miopatia di tipo degenerativo con lesioni polifasiche.
In particolare sono presenti: ibre ipereosinoiliche e di forma rotondeggiante, perdita della loro striatura trasversale e variabilità della dimensione, presenza di lesioni degenerative a carico delle ibre, lisi delle ibre e successiva sostituzione di quelle danneggiate con adipociti e ibrosi, lieve mineralizzazione, rari fenomeni rigenerativi, fenomeni di infiammazione (edema, linfociti e macrofagi), fagocitosi delle ibre danneggiate e ibrosi interstiziale (7). L’infiltrazione degli adipociti è anche evidente nell’interstizio (9).
Scopo del presente lavoro è stato quello di definire uno score istologico per la valutazione delle lesioni di WS in polli da carne, e di valutare l’evoluzione delle lesioni macroscopiche e microscopiche nel corso di un ciclo produttivo di broiler.

14 Dicembre 2017

2017 – ATTIVITÀ VETERINARIE DEL CENTRO RECUPERO ANIMALI SELVATICI DI NAPOLI NEL 2016

Con Decreto Dirigenziale n. 94 del 06.05.2010 venne istituito, in Regione Campania, il primo Centro Recupero Animali Selvatici (CRAS) dell’attuale Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali dell’Università di Napoli Federico II.
Il CRAS Federico II è ubicato presso il Presidio Ospedaliero Veterinario dell’ASL Napoli 1 Centro e opera, nell’ambito delle sue attività, in sinergia con il Centro di Riferimento Regionale per l’Igiene Urbana Veterinaria (CRIUV) che ha come inalità quella di fungere da strumento operativo di approfondimento ed analisi del rischio in materia di igiene urbana veterinaria. Lo scopo del CRAS Federico II è, invece, quello di reintrodurre in natura la fauna selvatica, qualora ne sussistano le condizioni, a seguito del ricovero, della cura e della riabilitazione. Fondamentale è, inoltre, il ruolo di monitoraggio del territorio che assume un CRAS, in quanto la fauna rappresenta un ottimo bio-indicatore in grado di fornire rilevanti informazioni sulle condizioni sanitarie dell’ambiente in cui vivono gli animali (Schwartz, 2007).
Lo scopo del presente studio è quello di illustrare le principali attività veterinarie svolte dal Centro Recupero Animali Selvatici Federico II di Napoli prendendo in considerazione le cause di ricovero e il relativo follow-up di volatili selvatici ospedalizzati durante il 2016.

14 Dicembre 2017

2017 – CIRCOLAZIONE E CARATTERIZZAZIONE GENETICA DI CEPPI DI CLOSTRIDIUM PERFRINGENS NETB POSITIVI IN ALLEVAMENTI A VICOLI DEL CENTRO ITALIA

L’Enterite necrotica (EN) è una patologia di frequente riscontro nel settore avicolo industriale, la cui evoluzione, subclinica o clinicamente manifesta, ha conseguenze negative, oltre che in termini di salute degli animali allevati, anche di tipo economico. Clostridium perfringens (CP), agente eziologico della suddetta patologia, è un batterio Gram positivo, anaerobio e sporigeno, di forma bastoncellare, piuttosto sottile e di piccole dimensioni (0,2 X 2-5 μm), a distribuzione ubiquitaria, produttore di tossine, alcune delle quali attive a livello enterico; il tossinotipo responsabile dell’EN delle specie avicole è il tipo A.
Sebbene per molto tempo la tossina α sia stata ritenuta l’effettiva responsabile della malattia, studi recenti hanno evidenziato che l’elemento chiave nell’induzione della EN è una tossina “minore”, la proteina Necrotic enteritis toxin B- like (NetB), identificata per la prima volta nel 2008 in Australia (5). Uno studio eseguito nel 2009 a partire da campioni raccolti in allevamenti del Nord Italia ha rivelato la presenza del gene netb nel 27% dei 107 ceppi di CP provenienti da broiler e da ovaiole, di cui il 93% associati a segni clinici ascrivibili a EN (2); a conferma della presenza di questi ceppi contestualmente all’enterite necrotica; in seguito, in occasione di un focolaio di malattia veriicatosi nel 2013 in due allevamenti di galline ovaiole, sono stati isolati 2 ceppi di CP netb-positivi (3).
Recentemente, uno studio eseguito su 106 ceppi -positivi isolati da tacchini da carne e da riproduzione con sintomatologia sospetta, non ha portato, invece, ad alcuna identificazione di ceppi netb (4).
La presente indagine ha avuto lo scopo di valutare la presenza di ceppi di CP netb positivi anche in allevamenti avicoli del Centro Italia, data l’assenza di informazioni epidemiologiche relative alla circolazione dei suddetti ceppi, nonché all’incidenza della patologia in questo territorio.

14 Dicembre 2017

2017 – VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DI UNA MISCELA DI ACIDI ORGANICI E FITOTERAPICI NEL CONTROLLO DELL’INFEZIONE DA ESCHERICHIA COLI NEL TACCHINO

Con colibacillosi si intende una malattia sistemica multifattoriale causata da E. coli che rappresenta, ancora oggi, una delle maggiori problematiche nell‘allevamento dei tacchini a livello mondiale, a causa delle gravi conseguenze in termini di mortalità e ridotta conversione alimentare dei gruppi colpiti. La malattia si può presentare con diverse forme cliniche, quali colisetticemia, aereosacculite, perepatite e percardite. La frequenza e la gravità dell‘ infezione dipendono da tre fattori principali: lo stato sanitario del gruppo di animali, la presenza di fattori ambientali predisponenti e la virulenza del ceppo di E. coli coinvolto. Nonostante gli antibiotici siano stati, e sono tutt‘ora, utilizzati per contrastare la replicazione del batterio, è necessario sia ridurre il loro utilizzo sia identificare valide sostanze alternative, in relazione al crescente numero di ceppi di E. coli antibiotico resistenti isolati proprio in corso di focolai di malattia (Huff et al., 2013). Lo scopo di questo studio è stato, quindi, quello di testare e valutare, in vivo, gli effetti di un acidificante alimentare potenziato sulla replicazione di un E. coli antibiotico resistente.

14 Dicembre 2017

2017 – COMPARAZIONE DELL’EFFICACIA PROTETTIVA DI UN PROTOCOLLO VACCINALE TRADIZIONALE PER NDV RISPETTO AD UNA SINGOLA SOMMINISTRAZIONE DI UN VACCINO RICOMBINANTE HVT-NDV IN TACCHINI DA CARNE A FINE CICLO

La malattia di Newcastle (ND) è una tra le patologie virali più diffuse al mondo e l’entità dei danni che può provocare in termini di perdite economiche nella filiera avicola è comparabile a quella di malattie quali l’influenza aviaria e la bronchite infettiva (Kapczynski et al., 2013). In Italia la vaccinazione proilattica è divenuta obbligatoria a seguito dell’epidemia di NDV nel 2000 (Capua, et al., 2002), e successivamente il Ministero della Salute con nota 0005266-03/03/2015-DGSAF ha rinnovato la gestione del piano vaccinale definendo l’utilizzo di vaccini vivi attenuati, inattivati o combinazioni di essi in funzione della specie e della tipologia produttiva.
Questi schemi di vaccinazione presentano tuttavia alcune criticità; la modalità di somministrazione e l’interferenza degli anticorpi materni, per esempio, sono fattori che spesso ne compromettono l’efficacia. Inoltre, mentre da una parte i vaccini vivi per ND possono, in alcuni contesti, favorire l’insorgenza di forme respiratorie; dall’altra i vaccini spenti comportano non solo un significativo aumento dei costi legati alla manodopera, soprattutto in animali di grandi dimensioni come il tacchino da carne, ma anche un incremento del rischio di introduzione in azienda di altri patogeni tramite il personale delle squadre di vaccinazione.
Le nuove tecnologie in campo farmaceutico hanno messo a disposizione un vaccino ricombinante che utilizza l’Herpesvirus dei tacchini (HVT) come vettore per l’espressione del gene della proteina di fusione (F) dell’NDV (Palya et al., 2012). Tale vaccino sfrutta la capacità dell’HVT di replicare nei linfociti e di persistere all’interno dell’ospite determinando così un costante stimolo antigenico a seguito di una unica somministrazione (Palya et al., 2014). Inoltre, grazie a questo meccanismo, il vaccino HVT-ND conferisce un’immunità di tipo cellulo-mediata oltre che umorale (Esaki et al., 2013).
In questo studio abbiamo valutato in tacchini da carne a ine ciclo l’efficacia protettiva della vaccinazione con l’HVT-ND rispetto ad un protocollo vaccinale per ND comunemente utilizzato in campo. Due gruppi di tacchini, maschi e femmine, sono stati suddivisi a seconda della vaccinazione ricevuta nelle rispettive aziende, ovvero secondo schema tradizionale o con HVT-ND, e successivamente infettati con una dose letale di un ceppo velogeno di NDV.

14 Dicembre 2017

2017 – ADENOVIRUS DI TIPO II IN FARAONE CON SPLENITE ED ENTERITE EMORRAGICA. CASO CLINICO

All’interno del gruppo Adenovirus di tipo II o genere Siadenovirus vengono classificati virus aviari sierologicamente e genotipicamente molto simili tra loro che possono causare gravi patologie nel tacchino, fagiano e pollo, con manifestazioni cliniche e patologiche differenti a seconda della specie colpita (enterite emorragica del tacchino, marble spleen disease del fagiano, splenomegalia del pollo). A partire dagli anni ’80 sono stati riportati alcuni casi di infezione naturale nella specie faraona (Numida meleagris) con lesioni macroscopiche ed istopatologiche in comune con la marble spleen disease (MSD) del fagiano e la splenomegalia del pollo, riprodotte in condizioni sperimentali mediante l’inoculo sia del virus del tacchino che quello del fagiano. In particolare in Italia, tali lesioni sono state riscontrate in diversi casi nei primi anni ’90, in cui è stato inoltre evidenziato un Adenovirus in microscopia elettronica da milza e sieroconversione all’AGID test diretto all’antigene del virus dell’enterite emorragica del tacchino. Nonostante questi dati, la presenza di questa malattia nella faraona e la natura dell’infezione sono ancora poco conosciute, inoltre non vi sono dati sulla possibile applicazione di metodiche diagnostiche rapide e sensibili recentemente sviluppate per le altre specie. Pertanto lo scopo del presente lavoro è quello di descrivere un caso di infezione di campo recentemente diagnosticato in un allevamento commerciale di faraone in Veneto (marzo 2017), caratterizzato dalla co-presenza di splenite ed enterite emorragica e in cui sono state applicate metodiche diagnostiche recentemente implementate per il virus dell’enterite emorragica del tacchino, quali real time RT-PCR (rRT-PCR) e ELISA.

14 Dicembre 2017

2017 – IDENTIFICAZIONE DI MARKER MOLECOLARI PER LA DIFFERENZIAZIONE DI UN VACCINO IBV GENOTIPO QX

Il virus della bronchite infettiva aviare (IBV) è diffuso in tutto il mondo e determina gravi perdite economiche nell’industria avicola. IBV colpisce principalmente il pollo, causando problemi respiratori, ed in alcuni casi, renali e  riproduttivi (Jackwood and de Wit 2013).  La malattia è controllata principalmente con l’uso di vaccini vivi attenuati. Durante il processo di attenuazione i vaccini vivi attenuati perdono la loro patogenicità, rimanendo tuttavia in grado di stimolare una risposta immunitaria proteggente nell’ospite (Bijlenga et al., 2004; Gelb et al., 1983). In campo circolano diversi genotipi di IBV e generalmente la vaccinazione con genotipo omologo determina un’ottima protezione.
Alcuni genotipi circolano per un periodo limitato di tempo (Jackwood 2012; de Wit et al., 2011), altri diventano endemici e richiedono la messa a punto di vaccini omologhi per il loro controllo. Il genotipo QX isolato per la prima volta in Cina e in seguito in Europa circa vent’anni fa (YuDong et al., 1998) e recentemente classificato come lineage GI-19 (Valastro et al., 2016), ha reso necessaria la produzione di vaccini omologhi.
La circolazione di ceppi vaccinali rende difficile stabilire l’effettiva prevalenza dei genotipi di IBV circolanti nelle diverse aree. Uno studio epidemiologico condotto in Italia tra il 2012 e il 2014, ad esempio, ha dimostrato come, dopo la sospensione dell’impiego del vaccino 793B, non sia stato più possibile evidenziare questo genotipo di IBV in campo, supportando l’ipotesi che i ceppi circolanti fossero tutti di origine vaccinale (Franzo et al., 2014). Molte situazioni non sono così delineate ed un’indagine epidemiologica corretta può essere ostacolata dall’impossibilità di distinguere in maniera univoca tra i ceppi di campo ed i vaccini. L’impiego di tecniche molecolari ha reso questa differenziazione relativamente semplice, ma solo nel caso in cui ci sia possibilità di avere accesso ai ceppi progenitori da cui originano i vaccini. Il paragone tra le sequenze di un vaccino e del suo ceppo progenitore permette, infatti, di identificare i marker vaccinali, ovvero le mutazioni avvenute durante il processo di attenuazione, uniche di quello specifico vaccino.
Nel presente lavoro sono stati sequenziati per intero il genoma del ceppo vaccinale L1148 genotipo QX e del suo ceppo progenitore 1148-A. L’analisi delle mutazioni avvenute durante il processo di attenuazione ha portato all’identificazione dei marker vaccinali specifici, indispensabili per differenziare il ceppo vaccinale ed i ceppi di campo ed avere un quadro reale della circolazione del genotipo QX in campo.
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