Atti dei convegni

14 Settembre 2016

2016 – STUDIO PRELIMINARE PER L’INDIVIDUAZIONE DI UN EARLY WARNING SYSTEM PER LA COCCIDIOSI NEL BROILER

Il controllo dell’instaurarsi della coccidiosi è essenziale per l’ottimizzazione dell’allevamento del pollo da carne in quanto, dal punto di vista economico, questa patologia è una tra le più impattanti sull’allevamento del broiler.
Negli allevamenti intensivi il fattore ambiente e l’alta densità animale possono favorire lo sviluppo della coccidiosi. L’infestazione avviene attraverso la via digerente e la sintomatologia è caratterizzata da perdita di appetito e calo delle performance, scarsa uniformità nei gruppi,  diarrea e, nei casi gravi, morte del soggetto colpito.
Le forme subcliniche, dove non si evidenzia mortalità, possono avere effetti negativi economicamente rilevanti in quanto le rese zootecniche sono inferiori, la qualità del prodotto finale non è ottimale e si assiste anche ad un incremento degli scarti al macello.
Per evitare tali perdite economiche, è di grande interesse individuare dei sistemi di controllo alternativi a quelli classici che permettano di evidenziare precocemente l’instaurarsi della patologia. In quest’ottica l’utilizzo di un sistema basato su sensori in grado di rilevare e caratterizzare i cambiamenti nella composizione dei composti volatili presenti in ambiente, può rappresentare una soluzione efficace, in grado di abbinare la semplicità d’uso con un controllo accurato del processo.
L’obiettivo di questo studio è quello di valutare il possibile utilizzo di un naso elettronico dotato di sensori Metal Oxide Semiconductors (MOS) per rilevare precocemente variazioni nella tipologia di composti volatili presenti  nell’ambiente in cui vivono gli animali, in seguito ad infezione coccidica prima dell’evidenziazione di sintomatologia.

14 Settembre 2016

2016 – POSSIBILE STRATEGIA DI CONTENIMENTO DEL MYCOPLASMA SYNOVIAE IN UN GRUPPO DI RIPRODUTTORI PESANTI

Mycoplasma synoviae (MS) è considerato un patogeno della specie pollo, tacchino e delle specie minori allevate a fini industriali. La sua prevalenza nel territorio comunitario e nazionale è elevata, con conseguenti importanti ricadute economiche nei vari settori produttivi. Per tale motivo abbiamo assistito negli anni ad una maggiore consapevolezza delle problematica con conseguente maggiore attenzione nella prevenzione e controllo di questo patogeno.  La trasmissione di MS, come per altri importanti micoplasmi del settore avicolo industriale (Mycoplasma gallisepticum, meleagridis e iowae), può avvenire sia per via verticale che orizzontale. Storicamente il controllo di questi patogeni nel sistema avicolo si basava sulla formazione ed il mantenimento di gruppi PPLO-free (Pleuropneumoniae like organism). Tali misure si sono dimostrate efficaci nella riduzione della prevalenza per MI ed MM ed anche seppur con differenze geografiche per MG. Mentre sembrerebbe almeno sulla base delle prevalenze attuali, che per MS tali misure non siano state totalmente efficaci.
Tale discrepanza potrebbe essere ascritta ad alcune particolarità del patogeno (biologiche ed epidemiologiche) ma con molta probabilità la causa è da ricercare in un approccio meno attento alla problematica del settore produttivo, dato che per diversi decenni è stato considerato un patogeno minore almeno per il settore ovaiola ed il pollo da carne. Negli ultimi anni il suo impatto zootecnico è stato rivalutato anche in funzione del fatto di una nuova forma clinica nel settore della gallina ovaiola.
La scelta della strategia di controllo delle micoplasmosi respiratorie può includere diversi approcci: eradicazione, depopolamento, compartimentalizzazione, biosicurezza, profilassi indiretta (vaccinazione), terapia antibiotica mirata, ma anche un insieme coordinato e strutturato dei diversi sistemi appena riportati. Non esiste una regola su quale misura adottare e tale decisione dovrebbe essere presa in funzione della situazione epidemiologica, della realtà produttiva o di altri fattori di natura commerciale. Nel presente studio si riportano i risultati dell’approccio antibiotico, tramite trattamento pulsatile con il macrolide tilosina, in un gruppo di riproduttori pesanti positivi per Mycoplasma synoviae.

14 Settembre 2016

2016 – IMPATTO DI DIFFERENTI STRATEGIE VACCINALI SULLE DINAMICHE DI POPOLAZIONE DEL GENOTIPO QX DI BRONCHITE INFETTIVA E SULLA FREQUENZA DEI FOCOLAI

La bronchite infettiva rappresenta una delle malattie infettive più rilevanti per l’allevamento avicolo, essendo responsabile di ingenti perdite economiche ascrivibili principalmente a sindromi respiratorie e riproduttive, diminuzione della produttività e aumento della mortalità. Sebbene l’accurata gestione delle misure di biosicurezza e dell’allevamento in generale siano fondamentali per limitare la malattia, il suo controllo è ricercato principalmente tramite la diffusa somministrazione di vaccini.
Sfortunatamente, come altri Coronavirus e virus a RNA+ il virus della bronchite infettiva (IBV) presenta un elevato tasso di mutazioni  e di ricombinazione (Duffy et al., 2008,Thor et al., 2011). Ciò ha portato all’emergere di una molteplicità di varianti genetiche e antigeniche la cui cross-protezione è spesso limitata (Sjaak de Wit et al., 2011). IBV in Italia si caratterizza per un elevato impatto economico, elevata prevalenza ed eterogeneità dei genotipi presenti. Sebbene comunemente vengano identificati 5 genotipi (i.e. QX (72%), seguito da 793/B (16%), Mass (8%), Q1 (3%) e D274 (1%)) (Franzo et al., 2014), il QX è di gran lunga quello più frequentemente associato a sintomatologia clinica e, con ogni probabilità, l’unica variante di campo rilevante. Sebbene lo sviluppo di vaccini basati su genotipi omologhi sia spesso impraticabile, è stato dimostrato come l’immunizzazione con vaccini diversi, basati su genotipi differenti, determini significativi benefici in termini di ampliamento dello spettro di protezione nei confronti di altri stipiti (Cook et al., 1999). Anche in Italia i protocolli vaccinali si sono conformati a questa teoria; i polli da carne in passato sono stati vaccinati con un vaccino basato sul genotipo Mass in incubatoio seguito da un richiamo con il genotipo 793B, solitamente a due settimane di vita, somministrato in acqua da bere. Recentemente è emersa una tendenza verso la somministrazione dei 2 vaccini a un giorno di vita. Tuttavia, i costi associati alla vaccinazione e rischi di reazioni vaccinali hanno indotto diversi gruppi a sospendere o modificare i protocolli vaccinali nei confronti di IBV . In un recente studio è stato possibile dimostrare come questo abbia avuto un forte impatto sulla prevalenza dei genotipi circolati, portando alla sostanziale scomparsa del genotipo 793B, di conseguente probabile origine vaccinale (Franzo et al., 2014). Tuttavia, il reale effetto di questi interventi sulle dinamiche della popolazione virale non è stata mai analizzato in dettaglio.
Sebbene diversi studi sperimentali abbiano dimostrato l’efficacia della vaccinazione Mass+793B nel controllare l’infezione da QX (Terregino et al., 2008), la generalizzabilità di questi studi alle condizioni di campo deve essere fatta con cautela. Di contro, la raccolta della mole di dati necessaria per studi epidemiologici accurati è spesso resa impossibile da limiti economici e di fattibilità. Fortunatamente lo sviluppo di un adeguato background teorico e matematico ha permesso lo sviluppo di modelli in grado di ricostruire le caratteristiche evolutive e la storia demografica delle popolazioni di virus ad alto tasso evolutivo a partire dall’analisi delle loro sequenze, un metodo dimostratosi efficace per lo studio di diverse malattie di interesse umano e animale (Rodrigo and Felsenstein, 1999,Nelson et al., 2015,Lemey et al., 2009,Franzo et al., 2016).
Nel presente studio tale approccio è stato utilizzato per valutare l’effetto della sospensione e reintroduzione della vaccinazione con il genotipo 793B sulle dinamiche di popolazione del genotipo QX in Italia e sulla frequenza degli episodi di sintomatologia clinica da esso indotti.

14 Settembre 2016

2016 – SVILUPPO E APPLICAZIONE DI TEST DIAGNOSTICI MOLECOLARI PER L’IDENTIFICAZIONE E LA CARATTERIZZAZIONE DEI VIRUS DELLA MALATTIA DI MAREK CIRCOLANTI IN ITALIA

La malattia di Marek (MD) è una malattia linfoproliferativa e nervosa del pollo domestico a diffusione mondiale causata da un Alphaherpesvirus, denominato MDV o Gallid Herpesvirus 2 (GaHV-2), strettamente cellulo-associato. Le lesioni causate da questo virus sono caratterizzate da un’infiltrazione di cellule mononucleate di tipo linfocitario nei nervi periferici e in altri tessuti e organi, compresa iride e cute.
La MD ha un impatto economico enorme sull’industria avicola in tutti i paesi del Mondo non solo per le differenti sindromi che provoca, alcune delle quali molto difficili da diagnosticare per assenza di sintomatologia manifesta, ma anche per i suoi effetti immunodepressivi che possono favorire infezioni secondarie causate da patogeni opportunisti o ridurre l’efficacia delle vaccinazioni per le diverse malattie.
Sebbene la MD sia stata ampiamente studiata in tutti i suoi aspetti dai primi anni ’60 e sebbene i vaccini siano ormai utilizzati dappertutto, molte problematiche legate a questa malattia rimangono ancora irrisolte a causa della complessità della malattia stessa.
Al fine di attivare specifiche indagini conoscitive in campo, l’IZSVe ha voluto sviluppare una serie di metodiche diagnostiche rapide per la MD. Allo stesso tempo, sono stati sviluppati anche test diagnostici rapidi per l’Anemia infettiva, un’altra malattia immunodepressiva del pollo per la quale è attualmente sconosciuta la situazione epidemiologica nel nostro Paese.

14 Settembre 2016

2016 – ANALISI DELLA SEQUENZA COMPLETA DEL VIRUS DELLA BURSITE INFETTIVA GENOTIPO ITA

Infectious bursal disease virus (IBDV) è l’agente eziologico della Bursite infettiva, malattia cosmopolita immunosoppressiva del pollo, ad alta contagiosità e impatto socio-economico elevato, a causa dell’aumentata sensibilità alle infezioni secondarie e alla risposta sub-ottimale alle vaccinazioni di routine. Si conoscono due sierotipi di IBDV , dei quali solo il sierotipo 1 è patogeno e distinto, in base al diverso grado di patogenicità e alle caratteristiche antigeniche, nei seguenti patotipi: classici, varianti, very virulent (vv), attenuati (Eterradossi & Saif, 2013). Dal punto di vista tassonomico, IBDV si inquadra nella famiglia Birnaviridae, genere Avibirnavirus.
È caratterizzato da simmetria icosaedrica e privo di envelope, presenta un diametro variabile di 55-65 nm. Il genoma di IBDV è costituito da due segmenti di RNA a doppio filamento, il segmento A (3300 bp) e il segmento B (2800 bp). Il segmento A comprende due open reading frames (ORFs) parzialmente sovrapposte: ORF1 codifica la proteina non strutturale VP5 di 145 amminoacidi (aa) potenzialmente coinvolta nel processo di apoptosi virale (Carballeda et al., 2015), ORF2 codifica una poliproteina (1012 aa), autoclivata nelle due principali proteine strutturali VP2 (1-512 aa) e VP3 (756-1012 aa) e nella proteasi VP4 (513-755 aa). La proteina VP2 è responsabile della produzione di anticorpi neutralizzanti, in quanto principale immunogeno. La proteina VP3 forma lo strato più interno del capside, interagisce con VP1 e con il genoma ed è coinvolta nella replicazione e nell’assemblaggio virale (Deng et al., 2007). La proteina non strutturale VP4 è una proteasi responsabile dell’autoprocessazione della poliproteina in VP2, VP4 e VP3 (Li et al., 2012). Il segmento B codifica la polimerasi virale VP1 (1-879 aa), implicata in diversi eventi, quali replicazione virale, sintesi dell’RNA messaggero e incapsidamento, conseguente all’interazione con VP3 (Lombardo et al., 1999).
IBDV è soggetto a mutazioni, quali sostituzioni, inserzioni, delezioni e/o riassortimento genico che hanno portato all’evidenza di nuove varianti. A questo proposito, un emergente genotipo, denominato ITA, è stato recentemente segnalato in Italia. L’analisi filogenetica della regione ipervariabile della proteina VP2, ha mostrato che il ceppo ITA clusterizza separatamente, rispetto ai ceppi IBDV di referenza (Lupini et al., 2016).
La sequenza parziale di un isolato non sempre risulta sufficientemente esaustiva ai fini della sua classificazione (Petkov et al., 2007). Scopo del presente studio è stato quello di sequenziare l’intero genoma del ceppo ITA, al fine di completare la sua caratterizzazione molecolare e formulare ipotesi relative alla sua origine.

14 Settembre 2016

2016 – IMPIEGO DELL’ENDOPEP-MS PER LA DIAGNOSI DEL BOTULISMO A VIARE: RISULTATI PRELIMINARI

Le neurotossine botuliniche (BoNT) sono tra le sostanze biologiche più tossiche conosciute e per questo motivo sono anche considerate una possibile arma bioterroristica (1). Le BoNT sono prodotte da alcuni batteri del genere Clostridium in particolare C. botulinum, C. baratii, C. butyricum e C. argentinense e sono suddivise in sette sierotipi, da A a G, in base alla loro attività antigenica. I casi di botulismo animale sono da ricondurre prevalentemente ai sierotipi C e D o a tossine definite “mosaico” in quanto presentano antigeni riferibili sia al tipo “D” che al tipo “C”. Queste ultime forme si definiscono C/D quando i determinanti antigenici del tipo C prevalgono su quelli del tipo D, oppure D/C in caso contrario (5). Attualmente il gold test per la conferma dei casi di botulismo è rappresentato dalla prova biologica su topo: si tratta di un saggio di letalità che risulta essere molto sensibile (LoD stimata per la tossina A pari a 1 mDL(50) topo) ed in grado di valutare contemporaneamente la presenza di tossine biologicamente attive e, mediante l’utilizzo di antisieri specifici, anche di definire il sierotipo della tossina coinvolta.
Tuttavia, il mouse bioassay richiede il sacrificio di numerosi animali e almeno 4 giorni di tempo per la conferma dei campioni negativi (8). Molti sforzi sono stati fatti negli ultimi anni con l’intento di sviluppare metodi alternativi alla prova di letalità su topo ma con scarsi risultati. Recentemente un gruppo di ricerca del Centers for Disease and Control di Atlanta (USA) ha messo a punto un metodo basato sulla tecnologia MALDI-TOF per la rilevazione e la differenziazione in sierotipi delle tossine botuliniche più frequentemente coinvolte in episodi di malattia dell’uomo. Questo metodo, denominato Endopep-MS, permette d’individuare la presenza ed il sierotipo di BoNTs attive, attraverso la rilevazione dei prodotti di clivaggio di peptidi sintetici che mimano i naturali substrati di queste tossine ad attività metallo-proteasica. L’EndoPep-MS è stato applicato con successo su campioni di siero e feci per la rilevazione delle tossine A, B, E ed F e promettenti risultati sono stati ottenuti anche con le tossine C e D (2, 3, 6, 7). Lo sviluppo di metodi basati sulla tecnologia MALDI-TOF MS per l’identificazione batterica hanno avuto un rapido sviluppo negli ultimi anni e questa rapida diffusione in un numero crescente di laboratori diagnostici è dovuta alla sua versatilità, rapidità di analisi, alla riduzione dei costi dei materiali di consumo ed alla possibilità di testare un numero elevato di campioni in poco tempo. Il principale obiettivo di questo lavoro è quello di mettere a punto e validare un test Endopep-MS che permetta di rilevare e caratterizzare rapidamente la presenza delle BoNT di tipo C in campioni clinici utilizzando lo strumento MALDI Biotyper (Bruker Daltonics).

14 Settembre 2016

2016 – INDAGINE MICROBIOLOGICA SU BORRE DI RAPACI

La borra è un rigurgito, contenente residui alimentari non digeriti, prodotto da diversi uccelli; è importante per favorire l’espulsione dei resti indigesti di cibo rappresentati, nei rapaci, soprattutto da penne, ossa e pelliccia della preda (Taberlet & Fumagalli, 1996). Le borre, inoltre, potrebbero veicolare agenti patogeni quali virus e batteri rappresentando così un rischio per la salute animale e umana. A tal riguardo, infatti, sono stati segnalati focolai di salmonellosi in due scuole elementari negli USA associate alla dissezione di borre di rapaci (Smith et al., 2005). Il presente studio, pertanto, è stato condotto con lo scopo di effettuare un’indagine microbiologica su borre di rapaci con particolare riferimento a batteri con carattere zoonotico.

14 Settembre 2016

2016 – BOTULISMO INDOTTO DA TOSSINA MOSAICO C/D IN UN’AREA NATURALE PROTETTA

Il botulismo è una grave patologia caratterizzata da paralisi fraccida causata dall’assunzione di neurossine botuliniche (BoNTs) prodotte da germi anaerobi, sporigeni, Gram-positivi appartenenti al genere Clostridium. BoNTs sono classificate in 7 diversi sierotipi, A, B, C, D, E, F. Tra questi, i tipi C e D sono riconosciuti come più frequenti responsabili della maggior parte dei casi di botulismo aviare.
Nei volatili selvatici la patologia è stata descritta fin dal 1920 negli Sati Uniti, laddove è ancora molto presente, e successivamente in Australia nel 1931 (Pullar, 1934), in Sud America nel 1947 (Szyfres et al., 1948) ed in Giappone nel 1963 in uccelli acquatici. Rispetto al panorama mondiale, in Europa le segnalazioni di botulismo nei selvatici sono relativamente recenti. Nell’avifauna selvatica vennero descritti focolai in Danimarca nel 1967, e successivamente in Inghilterra nel 1969 ed in Svezia nel 1975. Ulteriori focolai sono stati riportati in Danimarca, in Norvegia, in Olanda, in Ungheria, in Repubblica Ceca, in Serbia, in Slovenia, in Francia, in Germania, in Irlanda, nel Regno Unito ed in Spagna (Neimanis and Speck, 2012). In tutti i casi descritti, il tossinotipo responsabile è risultato il tipo C, portando a ritenere il botulismo di tipo C quello più diffuso dal punto di vista epidemiologico in Europa.
In Italia, i dati sono piuttosto scarsi e frammentari, con una segnalazione nel 2001 ed una più recente nel 2011 (De Filippo et al., 2013), e la descrizione di focolai verificatisi rispettivamente in Lombardia ed in Emilia Romagna. Anche in questi casi, la tossina responsabile della patologia è stata classificata come tossina di tipo C.
Recentemente, sono stati riportati alcuni casi di botulismo in volatili acquatici in Europa ed in Giappone, causati da una tossina mosaico delle tossine C e D (Woudstra et al., 2012).
Lo scopo di questo lavoro è quello di riportare un caso di botulismo indotto da una tossina mosaico di tipo C/D, osservato per la priva volta in Italia e caratterizzato da mortalità di volatili selvatici in una oasi naturale protetta.

14 Settembre 2016

2016 – LA NUOVA FILIERA UCCELLI ORNAMENTALI: NUOVE OPPORTUNITÀ PER IL MEDICO VETERINARIO

Con uccello ornamentale o volatile ornamentale si intende, solitamente nel parlato comune, un animale appartenente alla classe Aves che viene allevato o detenuto per scopi ludici-ricreativi, di diletto, per la partecipazione a mostre o eventi del settore.
In tale immensa categoria rientrano i Pet Birds, ma anche tutti quegli uccelli che allevatori molto specializzati ed appassionati detengono ed allevano per i più disparati fini e che hanno in comune la bellezza o rarità delle specie in oggetto, incluse le specie che solitamente vengono allevate nei giardini zoologici. Occorre segnalare che a seguito delle recenti evoluzioni del rapporto uomo animale non è raro che la specie avicola considerata per eccellenza come animale da reddito e quindi il Gallus gallus possa essere in alcuni casi e per specifiche condizioni, considerata una specie ornamentale o addirittura un pet bird. In pratica con la dizione di uccello ornamentale non si fa altro che indicare lo scopo di utilizzo o di detenzione di tale volatile. Per esempio il pavone può essere considerato “culturalmente” come specie ornamentale anche se tale classificazione non è accettata dalla totalità delle persone, infatti tutt’oggi è considerato da alcuni un volatile che ben si presta alle arti culinarie.
Quindi in assoluto non è possibile considerare/classificare una specie come ornamentale o non ornamentale.
E’ interessante sottolineare che nell’ampia categoria di volatili “ornamentali” possono essere rilevate alcune differenze inerenti al rapporto uomo-animale interessanti dal punto di vista sanitario. A tal fine risulta  utile suddividere ulteriormente i detentori di uccelli ornamentali in due grandi categorie: gli allevatori veri e propri, che allevando per passione un numero di coppie superiori a 10 impegnano la maggior parte del loro tempo al mantenimento ed alla gestione dell’allevamento con uno scarso contatto fisico con il volatile; ed una ulteriore e più recente categoria, in notevole aumento numerico negli ultimi anni, rappresentata da proprietari che considerano il volatile ornamentale come un “Pet Animal”, a cui dedicano di conseguenza una sempre maggiore quantità di tempo a favore di un contatto diretto con l’animale.

14 Settembre 2016

2016 – VALUTAZIONE DELL’EFFETTO SINERGICO DELLA COINFEZIONE DEL VIRUS DELL’INFLUENZA AVIARIA H9N2 E DEL CEPPO VELOGENO DELLA MALATTIA DI NEWCASTLE IN GALLINE OVAIOLE IN PRODUZIONE

L’influenza aviaria e la malattia di Newcastle sono due delle più devastanti malattie infettive dell’avicoltura e si presentano come problematiche caratterizzate da un forte impatto in termini economici e di salute pubblica veterinaria.
A partire dagli anni 2000 virus influenzali a bassa patogenicità del sottotipo H9N2 hanno causato frequenti epidemie in diverse regioni asiatiche, in Medio Oriente, nel Nord Africa, e sporadicamente anche in Europa.
In particolare in Israele, la circolazione del virus H9N2 è stata associata con cali dell’ovodeposizione ed episodi di mortalità da NDV in allevamenti di galline ovaiole e riproduttori legati a rotture vaccinali (Banet-Noach et al., 2007)hundreds of H9N2 viruses have been isolated from all types of domestic birds. Although H9N2 is a low-pathogenicity virus, disease has been observed in all types of poultry in the field. Clinical signs ranged from very mild disease to high morbidity and mortality when the virus was associated with a secondary pathogen. Because of the wide range of the virus and the great losses it caused, initially a local vaccination program was implemented, but mass vaccination was quickly authorized. A local strain, isolated in 2002 was selected and is currently in use as an inactivated vaccine. An intensive operation is in progress to characterize the isolates. Several genes (hemagglutinin [HA], neuraminidase, nonstructural protein, nucleoprotein, and matrix. Questi episodi risultano difficilmente spiegabili alla luce di un diffuso programma di vaccinazione contro NDV molto efficace ed in grado di conferire titoli anticorpali elevati fin dal primo mese di età, coprendo le diverse fasi produttive degli animali. Nell’ambito del progetto europeo NADIV finanziato dall’iniziativa Aniwha-Eranet, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha intrapreso una collaborazione con il Kimron Veterinary Institute, Israele, per approcciare la problematica della cocircolazione dei due virus al fine di comprendere la reale portata del fenomeno da un punto di vista clinico, virologico e per migliorare il controllo della malattia.
La ricerca si pone in particolare due obiettivi: a) comprendere come i due agenti infettivi interagiscano dal punto di vista clinico e virologico al variare della dose di NDV; b) verificare se il protocollo vaccinale applicato in campo contro la malattia di Newcastle sia in grado di proteggere ovaiole in deposizione, in presenza di H9N2.
Particolare attenzione è stata rivolta a valutare l’entità della replicazione dei virus a livello dell’apparato riproduttore, in associazione ad una accurata valutazione di parametri produttivi quali la quantità delle uova deposte e lo spessore del guscio.
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