Atti dei convegni

15 Settembre 2013

2013 – EFFETTI DELLA VACCINAZIONE CON BIO-VAC SGP695 IN GALLINE OVAIOLE INFETTATE SPERIMENTALMENTE CON S. ENTERICA SUBSP. ENTERICA SEROVAR ENTERITIDIS

BIO-V AC SGP695 è un vaccino vivo attenuato contro la tifosi aviare avente come principio attivo il ceppo Salmonella gallinarum/pullorum SGP695AV(è) (Salmonella enterica subsp. enterica serovar Gallinarum o S. Gallinarum), capace di conferire protezione verso Salmonella Gallinarum (1).
Assieme alla tifosi aviare un’altra infezione di particolare importanza per l’allevamento avicolo ed in particolare per quello dell’ovaiola è l’infezione da S. Enteritidis (S.  enterica subsp. enterica serovar Enteritidis) soprattutto per le implicazioni di sanità pubblica connesse alla peculiarità di questo sierotipo di infettare l’ovario e di conseguenza contaminare l’uovo.
Questo sierotipo rappresenta la maggior causa di salmonellosi di origine alimentare nell’uomo a livello mondiale da 20 anni e in questo periodo il più importante veicolo di infezione risulta appunto l’uovo di gallina infetta (2).
S. Gallinarum e S. Enteritidis appartengono entrambi al sierogruppo O D1 avendo formula antigenica rispettivamente 1,9,12:-:- e 1,9,12:g,m:- pertanto è possibile la protezione crociata fra i due serovars.
In passato, diversi studi hanno valutato la cross-protezione di vaccini per salmonella verso i serovar correlati, dimostrando che vaccini vivi per salmonella sono capaci di conferire un certo grado di cross-immunità verso serovars appartenenti allo stesso sierogruppo (3, 4, 5, 6).
Scopo del presente lavoro è stato la valutazione della protezione crociata indotta dalla vaccinazione con BIO-V AC SGP695 nei confronti dell’infezione sperimentale da S. Enteritidis in ovaiole, valutando in particolare la capacità di ridurre la colonizzazione dell’ovario, per prevenire la contaminazione dell’uovo per uso alimentare.

15 Settembre 2013

2013 – NUOVE SPECIE DI MALLOFAGI (INSECTA: PHTHIRAPTERA) PER L’AVIFAUNA ITALIANA.

Gli Phthiraptera (comunemente chiamati pidocchi) sono insetti privi di ali, ectoparassiti obbligati che completano tutto il loro ciclo vitale sul corpo di un organismo ospite dove si nutrono principalmente di frammenti di penne, epidermide desquamata, sangue o secreti (Johnson & Clayton 2003).
L’infestazione avviene in maniera opportunista soprattutto quando gli ospiti sono in stretto contatto, come ad esempio durante l’accoppiamento.
Anche per questa ragione essi dimostrano un grado di ospite-specificità di gran lunga superiore alla maggior parte di altri parassiti metazoi (Marshall, 1981).
Attualmente, in Italia, è stata riscontrata e segnalata la presenza di 267 specie di Phthiraptera (Manilla 2003), associate soprattutto ad uccelli ed in particolar modo a passeriformi.
In questo articolo si desidera rendere note sei specie di mallofagi, non ancora segnalate in Italia, rilevate su uccelli consegnati a un centro di recupero animali selvatici (C.R.A.S.) o catturati tramite reti in centri di inanellamento autorizzati dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) nel periodo dal 2006 al 2012.
Gli ectozoi sono stati raccolti grazie alla nebulizzazione di spray antiparassitario a base di piretroidi, attraverso una tecnica standardizzata.
Il campione risulta quindi composto da 362 uccelli, di cui 38 positivi ad ectoparassiti della classe Insecta per un totale di 189 ectozoi raccolti appartenenti all’ordine Phthiraptera (62 Amblycera, 127 Ischnoera).
Oltre ad altri parassiti già precedentemente segnalati nella checklist della fauna italiana (Manilla 2003) sono stati da noi raccolti:
  • Bruelia jacobi (1 ninfa) da merlo (Turdus merula);
  • Coloceras piageti (9 femmine, 8 maschi, 2 ninfe) da tortora dal collare orientale (Streptopelia decaocto);
  • Columbicola bacillus (20 femmine, 23 maschi, 8 ninfe) da tortora dal collare orientale (Streptopelia decaocto);
  • Hohorstiella  modesta (1 ninfa) da tortora dal collare orientale (Streptopelia decaocto);
  • Menacanthus sinuatus (3 ninfe) da cinciallegra (Parus major);
  • Ricinus serratus (3 femmine) da allodola (Alauda arvensis).
È stata inoltre riscontrata la presenza di una larva appartenente al genere Menacanthus su di un esemplare di pettirosso (Erithacus rubecula), associazione non ancora nota a livello mondiale (Price et al. 2003). Quest’ultima segnalazione necessita però di ulteriori approfondimenti poiché, al momento, non è possibile escludere una crossinfestazione accidentale (ad esempio attraverso i contenitori utilizzati per il trasporto dalle reti di cattura al centro di inanellamento).
La presente pubblicazione vuole dare un piccolo contributo allo studio degli Phthiraptera in Italia, ampliando le conoscenze acquisite da importanti studi precedenti (Simonetta 1882; Picaglia 1885 a-b; Berlese 1894-1895; Conci 1940 a-b-c; Manilla & Cicolani 1983; Martin-Mateo & Manilla 1988) riguardo a un ordine di ectoparassiti che può di certo essere sfruttato per la sua peculiare valenza ecologica.

15 Settembre 2013

2013 – INDAGINE SULLA COLONIZZAZIONE DA CAMPYLOBACTER TERMOFILI IN ALLEVAMENTI DI TACCHINI DA CARNE: RISULTATI PRELIMINARI

L’infezione umana da Campylobacter termoili (soprattutto C. jejuni e C. coli) costituisce un problema di Sanità Pubblica di notevole rilevanza, essendo ormai da anni la zoonosi più frequentemente riportata nell’Unione Europea (EFSA & ECDC, 2012) e una delle principali cause di gastroenterite batterica umana a livello mondiale (Humphrey et al., 2007). Le specie avicole domestiche sono il principale reservoir di Campylobacter termoili, che albergano nel loro tratto gastroenterico senza manifestare sintomatologia. La maggior parte degli studi svolti ino ad oggi sull’infezione da Campylobacter spp. negli avicoli riguarda il pollo, al quale viene riconosciuto un ruolo di rilievo quale fonte d’infezione per l’uomo. Infatti, la manipolazione, la preparazione e il consumo di carne di pollo rappresentano la causa principale di campilobatteriosi umana (EFSA, 2010). Al contrario, sebbene il tacchino da carne sia considerato una potenziale fonte di trasmissione di Campylobacter spp. all’uomo e nonostante la sua carne sia di largo consumo, la colonizzazione da parte di Campylobacter spp. di questa specie avicola commerciale è stata scarsamente indagata. Da indagini svolte negli scorsi anni in Nord Italia dal nostro gruppo di ricerca è emersa una notevole diffusione di C. jejuni e C. coli sia in allevamenti intensivi di polli, sia in allevamenti intensivi di tacchini da carne, e la persistenza di questi microrganismi durante tutto il ciclo produttivo nei gruppi di tacchini (Giacomelli et al., 2012a, 2012b). Alla luce di questi riscontri, abbiamo ritenuto necessario approfondire le dinamiche epidemiologiche dell’infezione da Campylobacter termofili nel tacchino da carne, in particolare per individuare le possibili fonti d’introduzione e le vie di diffusione del microrganismo negli allevamenti intensivi, aspetto che non è stato ancora chiarito. A questo scopo è stato intrapreso un monitoraggio longitudinale in due allevamenti intensivi di tacchini da carne che ospitavano la progenie di riproduttori colonizzati da Campylobacter termofili. Il monitoraggio si è svolto per due cicli produttivi consecutivi, durante i quali sono stati presi in esame sia gli animali, sia campioni ambientali e possibili vettori di Campylobacter spp.

15 Settembre 2013

2013 – MYELOID LEUKOSIS IN BROILER CHICKEN FARMS LEUCOSI MIELOIDE IN ALLEVAMENTI COMMERCIALI DI BROILER

Il Complesso Leucosi-Sarcoma Aviare (ALS) comprende una varietà di tumori trasmissibili a carattere benigno e maligno dei volatili, causati da membri appartenenti alla famiglia Retroviridae (Fenton et al., 2005). La leucosi linfoide in questo ambito è una delle forme di più frequente riscontro, sebbene negli ultimi anni  siano aumentate le segnalazioni inerenti a forme di mielocitomatosi e mieloblastosi  in riproduttori pesanti (Bagust et al., 2004; Thapa et al., 2004; V enugopal, 1999), in galline commerciali (Xu et al., 2004; Cheng  et al., 2005) e, sebbene più raramente in polli broiler (Fadly e Smith,1999;  Wang e Juan, 2002; Thapa et al., 2004; Fenton et al., 2005). Dei numerosi  sottogruppi  virali ALS, ALV- J, segnalato la prima volta in Inghilterra (Payne et al., 1991),  è ritenuto  il principale responsabile della comparsa di forme di leucosi mieloide  e mielocitomatosi. In questa sede  vengono descritti casi di leucosi mieloide, verificatisi spontaneamente in campo in  2 cicli successivi di broiler di età compresa tra i 40-50 giorni.

15 Settembre 2013

2013 – IMPIEGO DEL MALDI-TOF PER L’IDENTIFICAZIONE DI SPECIE BATTERICHE CLINICAMENTE RILEVANTI PER IL POLLAME

La spettrometria di massa basata sulla tecnica MALDI-TOF (Matrix-Assisted Laser Desorption Ionization-Time Of Flight) è stata recentemente introdotta nei laboratori di diagnostica microbiologica e si è dimostrata un valido e veloce strumento per l’identificazione batterica. Numerosi studi in campo umano hanno infatti dimostrato come questa tecnica possa efficacemente sostituire i test fenotipici classici per l’identificazione della maggior parte dei patogeni batterici routinariamente isolati dai campioni clinici (1-4).
Il principio su cui si basa la tecnologia MALDI-TOF è la possibilità di separare una miscela di ioni in funzione del loro rapporto massa/carica (m/z). Il campione opportunamente trattato viene irradiato con un laser pulsato che ne permette il desorbimento e la ionizzazione, gli ioni così prodotti vengono accelerati grazie all’esposizione ad un campo elettrico e separati in base alla loro m/z attraverso la corsa lungo un tubo di volo posto sottovuoto (5). Nel caso specifico dell’identificazione batterica, il materiale di partenza è un estratto proteico del microorganismo mescolato con un’idonea matrice che ne favorisce la ionizzazione.
Il risultato della corsa è costituito da uno spettro proteico che risulta differente tra microorganismi appartenenti a diverse specie e nel quale vengono riportati i valori m/z di tutte le proteine ionizzate. Il passaggio finale che porta all’identificazione è la comparazione di questi ingerprints proteici con un database di spettri di referenza mediante l’uso di specifici algoritmi i quali generano una lista di possibili specie di appartenenza con un valore indicante l’affidabilità di ciascun abbinamento (1, 6).
Numerosi studi hanno valutato e messo in luce l’utilità e l’affidabilità della spettrometria di massa in ambito umano ma i dati sono ancora mancanti per quanto riguarda l’applicazione in campo veterinario (1-4, 7, 8). Lo scopo di questo lavoro preliminare è stato quindi quello di valutarne l’applicazione per l’identificazione di specie batteriche clinicamente rilevanti per il pollame.

15 Settembre 2013

2013 – ANTIBIOTICO-RESISTENZA E INTEGRONI DI CLASSE 1 E 2 IN CEPPI DI ESCHERICHIA COLI ISOLATI DA SPECIE AVICOLE COMMERCIALI

L’antibiotico-resistenza è il risultato di un complesso processo multifattoriale supportato da una serie di elementi genetici mobili capaci di veicolare e trasferire determinanti di resistenza. Il trasferimento orizzontale di materiale genetico tra batteri è un fenomeno particolarmente diffuso e piuttosto comune nell’ecologia dei batteri, soprattutto nei gram-negativi (Stokes & Hall, 1989). Esistono diverse strutture genetiche spesso tra loro correlate, in grado di promuovere l’acquisizione e il trasferimento tra batteri di cluster di geni di resistenza agli antimicrobici, in particolare plasmidi, trasposoni e integroni (Carattoli, 2001). Gli integroni sono strutture genetiche in grado di acquisire, integrare ed esprimere geni contenuti in cassette mobili, definiti geni-cassetta. Ad oggi sono state descritte molte cassette geniche codificanti resistenze verso diversi antimicrobici, in particolare aminoglicosidi, β-lattamici, trimethoprim e cloramfenicolo (Mazel, 2006). Queste strutture contengono tre componenti funzionali: i) il gene intI, che codifica per un enzima, l’integrasi, facente parte della famiglia delle tirosinricombinasi sito-specifiche che catalizza l’inserimento delle cassette geniche nel ii) sito di ricombinazione atti, e iii) un promotore responsabile dell’espressione dei geni-cassetta inseriti (Carattoli, 2001). In base alla sequenza del gene intI codificante per l’integrasi, si distinguono diverse classi di integroni, caratterizzate da differenze sia da un punto di vista strutturale che funzionale. Tuttavia, le classi più diffuse e meglio caratterizzate sono le prime due e sembrano essere quelle maggiormente coinvolte nella diffusione dell’antibiotico-resistenza tra batteri, sia gram-positivi, sia gram-negativi (Carattoli, 2001; Mazel, 2006).
Lo scopo del presente studio è di determinare i profili fenotipici e genotipici di antibiotico-resistenza di ceppi di E. coli commensali (AFEC) e patogeni (APEC) isolati da volatili d’allevamento, con particolare riguardo alla ricerca e caratterizzazione degli integroni di classe 1 e 2.

15 Settembre 2013

2013 – INFEZIONE DA POLYOMAVIRUS IN NIDIACEI DI DIAMANTE DI GOULD (ERITHRURA GOULDIAE)

Le infezioni da Polyomavirus sono state riscontrate in diverse specie di mammiferi tra cui il cavallo, il bovino, il coniglio, i roditori e l’uomo (Perez-Losada et al. 2006; Renshaw et al. 2012; Wong and Xagoraraki, 2011; Groenewoud et al., 2010). Colpiscono inoltre i volatili (Johne and Müller, 2007). Al contrario di quanto accade nei mammiferi in cui le infezioni vengono riscontrate in soggetti immunodepressi, nei volatili polyomavirus è in grado di indurre in soggetti non immunocompromessi gravi quadri clinici, i cui aspetti posso variare in funzione dello stipite virale coinvolto e della specie colpita. Nei pappagalli, polyomavirus è responsabile della BFD (Budgerigars Fledgling Disease) (Bernier et al. 1981; Bozemann et al., 1981), grave patologia riscontrata inizialmente nei pappagalli ondulati (Melopsittacus undulatus) in cui è ben nota, ma evidenziata nel corso degli anni in numerose altre specie di psittacidi in tutto il mondo (Katoh et al. 2010). Tale patologia è caratterizzata da elevati tassi di mortalità nei giovani e dall’insorgenza di anomalie distroiche del piumaggio (Gerlach, 1994). Tra i volatili di interesse zootecnico, polyomavirus (GHPV – Goose Hemorragic Polyomavirus) è noto come l’agente eziologico della HNEG (Hemorrhagic Nephritis and Enteritis of Geese) (Guerin et al. 2000), malattia caratterizzata da improvvisa ed elevata mortalità dei giovani, con riscontro in sede necroscopica di enterite e nefrite necrotica-emorragica (Lacroux et al. 2004; Palya et al., 2004).
Polyomavirus è stato identificato inoltre nella taccola e, tra i fringillidi, nel cardellino, nel ciuffolotto e nel canarino.
In questo lavoro viene riportato un grave caso di infezione da polyomavirus in un allevamento in cui venivano allevate specie diverse di volatili, tutte appartenenti alla famiglia Estrildidae. In particolare, un’elevata mortalità dei novelli è stata osservata in un lock costituito da: 15 coppie di Diamante di Gould (Erythrura gouldiae), 15 coppie di Diamante codarossa (Neochmia ruicauda), 5 coppie di Diamante di Tanimbar (Erythrura tricolor), 2 coppie di Diamante guttato (Stagonopleura guttata), 2 coppie di Diamante variopinto (Emblema picta), 2  coppie di Diamante codalunga (Poephila acuticauda), 2 coppie di Diamante di Kittliz (Erythrura trichroa), 8 coppie di Diamante pappagallo (Erythrura psittacea). Inoltre, erano presenti 50 coppie di Passeri del Giappone (Lonchura striata domestica), utilizzate come balie per allevare i piccoli di Diamante.
Durante un’intera stagione riproduttiva 120 nidiacei (88.8%) sono morti a circa 25 giorni di età, quando erano prossimi allo svezzamento, dopo aver manifestato negli ultimi 2-3 giorni di vita apatia, anoressia e, in alcuni casi, diarrea ricca di urati. La patologia ha interessato inizialmente i Diamanti di Gould e solo nelle settimane successive le altre specie allevate. Nessun segno clinico è stato evidenziato negli adulti di Diamante e nei Passeri del Giappone. Il gruppo è stato trattato in acqua da bere senza alcun esito con amoxicillina/acido (500 mg/L) e successivamente con enroloxacina (200 mg/L).
9 nidiacei (5 D. Gould, 2  D. guttati e 2 D. variopinti), morti a distanza di almeno 7 giorni dai trattamenti antibiotici, sono stati utilizzati per le indagini diagnostiche. Alla necroscopia, sono state osservate le seguenti lesioni: decolorazione del cuore e del fegato (Figure 1a), aumento di volume della milza, deposito di urati a livello renale (Figure 1b and 1c). Gli esami batteriologici a partire da fegato, milza, e sangue del cuore hanno escluso un’infezione batterica. Analogamente, gli esami parassitologici dal contenuto intestinale hanno escluso una parassitosi intestinale. Gli esami istologici effettuati su sezioni di fegato di 4 soggetti diversi (2 D. Gould, 1 D. guttato e 1 D. variopinto) hanno invece evidenziato la presenza di una elevata quantità di corpi inclusi intranucleari di tipo Cowdry B (igure 2), indice in questa sede di una attività replicativa di virus a DNA. Pertanto, i campioni di fegato sono stati sottoposti a PCR per Circovirus e Polyomavirus. Le indagini volte alla ricerca di Circovirus sono risultate costantemente negative; al contrario le PCR per Polyomavirus hanno consentito di ottenere un amplificato dell’ampiezza attesa (266 bp). Tale positività è stata confermata anche nei campioni di milza e contenuto intestinale. Tre amplificati ottenuti da campioni di fegato (rispettivamente di Diamante di Gould, di Diamante guttato e Diamante variopinto) sono stati clonati e sequenziati. Le sequenze analizzate mediante  BLAST sono risultate tra loro identiche. Queste, inoltre, presentavano un’identità del 100% con la sequenza di Finch Polyomavirus (GenBank accession number DQ192571) identiicato nel ciuffolotto (Pyrrhula pyrrhula griseiventris). Pertanto, il virus identificato è stato confermato come membro del genere Avipolyomavirus.
Quest’infezione tra gli Estrildidi era stata precedentemente segnalata solo una volta in un Diamante di Gould adulto, affetto da tumore delle cellule del Sertoli (Rossi et al. 2003). Pertanto, questo caso rappresenta la prima segnalazione di infezione associata ad elevata mortalità dei nidiacei in questa famiglia di volatili.
L’evoluzione del focolaio nel gruppo colpito ha mostrato similitudini con quanto riportato in caso di BFD nei pappagalli. Analogamente a quanto osservato nel caso descritto, in corso di BFD si osservano tassi di mortalità elevata e che possono raggiungere il 100% dei giovani,  mentre gli adulti non presentano alcuna sintomatologia apparente. Inoltre, l’elevato accumulo di urati osservato nei nidiacei di Diamante esaminati richiama le glomerulonefriti che si riscontrano in corso di BFD nei pappagalli (Phalen et al. 1996; Gerlach et al. 1998).
In altre specie di volatili non psittacidi, l’infezione è stata riscontrata in corso di coinfezione da Salmonella spp. nella taccola (Corvus monedula) (Johne et al. 2006) e da Mycobacterium genavense nel cardellino (Carduelis carduelis) (Manarolla et al., 2007). In questi casi, pertanto, il potenziale di patogenicità del virus risulta poco chiaro.
Al contrario, polyomavirus è stato associato ad elevata mortalità dei nidiacei osservata per tre  anni consecutivi in un lock di ciuffolotti (Pyrrula pyrrula griseiventris) (Johne et al., 2006) e ad elevata mortalità dei novelli intorno ai 40 giorni di vita nel canarino (Serinus canaria) (Halami et al., 2010).
Considerato il grave impatto che l’infezione può avere in un gruppo colpito e la mancanza di specifiche terapie, l’applicazione di corrette misure di profilassi diventa di estrema importanza. Tuttavia il vaccino, non disponibile in Italia, è registrato solo per i pappagalli e non vi sono dati relativi alla sua efficacia in specie diverse. Pertanto, una misura eficace per ridurre il rischio di introduzione dell’infezione in un gruppo potrebbe essere lo screening in PCR di tutti i soggetti di nuova introduzione e dei riproduttori, considerando che gli adulti possono veicolare il virus asintomaticamente, eliminandolo nel gruppo attraverso le feci, gli urati, i secreti e per via verticale.

15 Settembre 2013

2013 – CARATTERIZZAZIONE BIOMOLECOLARE DELL’ACQUISIZIONE DI RESISTENZA NEI CONFRONTI DI ENROFLOXACINA IN CEPPI DI MYCOPLASMA SYNOVIAE.

Il Mycoplasma synoviae (MS) risulta essere uno dei micoplasmi aviari considerati importanti per il settore avicolo. La sua prevalenza nel settore avicolo europeo (1) e italiano risulta elevata, a fronte di un evidente contenimento delle problematiche relative al Mycoplasma gallisepticum. La sua elevata presenza nel settore produttivo determina non poche problematiche principalmente connesse a problemi articolari, respiratori e recentemente alla produzione di uova con guscio anomalo.
Sulla base di tale dati l’esigenza di trovarsi nelle condizioni di trattare un gruppo infetto, al ine di contenere le perdite economiche, non risulta così remota. I luorochinoloni ed in particolare enroloxacina, sono stati considerati un gruppo di farmaci di primo intervento in corso di micoplasmosi. Recentemente alcuni Autori hanno riportato un incremento della resistenza del Mycoplasma synoviae nei confronti di tale molecola (2, 3), ancor più recentemente abbiamo potuto verificare l’elevata resistenza di ceppi di MS isolati sia dal territorio italiano che da altri stati europei (4).
L’acquisizione di resistenza nei confronti dei luorochinoloni avviene principalmente attraverso la mutazione della regione denominata “Quinolone Resistance-Determining Regions” (QRDRs) del gene parC o  gyrA (che codiicano per la subunità A della DNA-girasi e per la topoisomerasi IV) e/o in alternativa dei geni gyrB o parE (che codificano per la subunità B della DNA-girasi e per la topoisomerasi IV). In particolare è stato riportato che a seguito di selezione in vivo la topoisomerasi IV (gene parC) sia target specifico per MS (5).
Sulle basi di tali dati abbiamo deciso di valutare in ceppi di  Mycoplasma synoviae isolati in diverse regioni europee la presenza di particolari correlazioni tra le mutazioni nelle regioni “QRDRs” del gene parC e la concentrazione minima inibente rilevata in vitro secondo il calcolo della Minima Concentrazione Inibente attraverso il metodo delle microdiluizioni in brodo.

15 Settembre 2013

2013 – SYNANTHROPIC BIRDS AND PARASITES

Il recente e progressivo inurbamento di alcune specie ornitiche che si riscontra sia in piccoli centri urbani che in metropoli è il risultato di una colonizzazione di spazi – del tutto simili a quelli naturali – dovuta a caratteristiche funzionali alle loro esigenze. Ogni specie tende a colonizzare un’area urbana attraverso un processo di adattamento quando le caratteristiche biotiche e abiotiche di quest’ultima lo richiedono (1). Il continuo rapporto con l’uomo di queste specie in ambiente urbano, risulta estremamente interessante dal punto di vista zooantropologico e per questo risulta inevitabile focalizzare l’attenzione anche sulle problematiche igienico-sanitarie che da esse ne derivano (1). I volatili sinantropici, infatti, dovrebbero essere considerati come dei possibili “serbatoi” di varie patologie, spesso a carattere zoonotico. Lo scopo del presente studio è quello di tracciare un quadro sulle principali infezioni parassitarie in uccelli sinantropici nella città di Napoli.

15 Settembre 2013

2013 – CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DI CEPPI DEL VIRUS DELLA BURSITE INFETTIVA ISOLATI RECENTEMENTE IN ITALIA

Il virus della bursite infettiva (IBDV) appartiene alla famiglia Birnaviridae, all’interno del genere Avibirnavirus. E’ un virus privo di envelope, a simmetria icosaedrica, con diametro compreso tra 55 e 65 nm. Si conoscono due sierotipi di IBDV: il sierotipo 1, che comprende ceppi classici, varianti e very virulent (vvIBDV), e il sierotipo 2, che raggruppa esclusivamente ceppi apatogeni. I ceppi varianti sono comparsi negli Stati Uniti a metà degli anni ˈ80, eludono l’immunità di origine materna indotta da vaccini contenenti ceppi classici e provocano lesioni bursali non apprezzabili macroscopicamente.
Indipendentemente dal grado di patogenicità del ceppo coinvolto e dalla gravità del quadro clinico, l’infezione da IBDV si accompagna sempre ad un danno a carico del tessuto bursale, e quindi ad immunosoppressione, più grave se gli animali sono colpiti nelle prime tre settimane di vita. Il genoma di IBDV è costituito da due segmenti di RNA a doppio ilamento, rispettivamente di circa 3.300 (segmento A) e 2.900 (segmento B) pb. Il segmento A codiica per tre proteine strutturali (VP2, VP3 e VP4), prodotte sottoforma di un precursore unico che va incontro a clivaggio per dare origine alle tre singole proteine, e per una proteina non strutturale (VP5) che si ritiene abbia un ruolo importante nella patogenesi. Il segmento B codiica per la polimerasi virale (VP1) (Eterradossi e Saif, 2008).
Tra le proteine strutturali la VP2, componente del capside virale, è quella maggiormente studiata in quanto principale immunogeno di IBDV . La regione della VP2 compresa tra gli aminoacidi (aa) 206 e 350 del segmento A, deinita “ipervariabile”, comprende due picchi idroilici maggiori (P(BC), tra gli aa 212 e 224 e P(HI), tra gli aa 314 e 324) e due picchi idroilici minori (P(DE),
tra gli aa 249 e 254 e P(FG), tra gli aa 279 e 289);  i primi rappresentano gli epitopi neutralizzanti, mentre negli altri si localizzano aminoacidi che inluenzano l’adattamento alle colture cellulari e la virulenza (Bayliss et al., 1990; Coulibaly et al., 2005). E’ stato dimostrato che mutazioni di singoli aminoacidi della regione ipervariabile possono, a seconda della loro localizzazione, determinare l’elusione della risposta anticorpale indotta dalla vaccinazione, come accade per le varianti, o modiicare il tropismo cellulare (Jackwood et al., 1997; Brandt et al., 2001; Jackwood et
al., 2008; Jackwood e Sommer-Wagner, 2011).
In Italia nell’ultimo decennio si è registrata la prevalente circolazione di vvIBDV, seguita dai ceppi classici. E’ stata inoltre evidenziata la presenza di ceppi correlati a virus vaccinali e di ceppi che, pur essendo correlati coi ceppi classici, si distinguono chiaramente da questi (Moreno et al. 2007; Moreno et al., 2010).
Obiettivi del presente studio sono stati: 1) valutare, mediante RT-PCR, la presenza di IBDV in gruppi di polli da carne che, pur non presentando un quadro clinico ed anatomopatologico palesemente riconducibile a bursite infettiva, erano caratterizzati da uno stato sanitario scadente e da prestazioni produttive inferiori a quelle attese, in allevamenti in cui tali problemi si ripresentavano da svariati cicli produttivi; 2) discriminare i ceppi riconducibili a vvIBDV dai non vvIBDV mediante Restriction Enzyme Analysis (REA); 3) sequenziare, nei soli ceppi non risultati vvIBDV, la regione ipervariabile della VP2, analizzarne la sequenza nucleotidica e la sequenza aminoacidica e confrontarle con le sequenze di IBDV pubblicate in GenBank e con quelle di ceppi italiani presenti in letteratura.
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