Atti dei convegni

15 Settembre 2013

2013 – APPLICAZIONE DELLA PRINCIPAL COMPONENT ANALYSIS (PCA) PER LA CARATTERIZZAZIONE DI CEPPI DI ENTEROCOCCUS CECORUM ISOLATI IN CORSO DI SPONDILITE VERTEBRALE DEL BROILER

Enterococcus cecorum, precedentemente denominato Streptococcus cecorum, è un cocco Gram-positivo, anaerobio facoltativo, catalasi-negativo, in grado di idrolizzare l’esculina (7).
Conosciuto come commensale intestinale del pollo adulto, negli ultimi anni è stato segnalato come causa di spondilite, con sempre maggiore frequenza, in diversi paesi, Italia compresa, risultando ormai un patogeno emergente e significativo del pollo da carne (1, 3, 4, 6, 7, 8, 10).
L’infezione si osserva più frequentemente in polli da carne d’età superiore a 28 gg, prevalentemente nel maschio, con possibilità di casi subclinici ed una mortalità che può raggiungere il 15% (1, 4, 5, 6, 8). La malattia è stata riprodotta con maggior successo attraverso somministrazione del patogeno per via orale rispetto a quella intravenosa (5).
Le lesioni macroscopiche risultano eterogenee e comprendono: ostemielite del femore (“necrosi della testa del femore”), artrite e tenosinovite e, meno frequentemente, pericardite/idropericardio (4, 6, 7). Tuttavia la lesione principale e caratteristica è la spondilite a carico della vertebra toracica mobile (T4) che causa stenosi del canale vertebrale e compressione midollare secondaria. Tale lesione è associata ad una tipica sintomatologia clinica caratterizzata da cifosi, stazione sui tarsi e paralisi degli arti.
Microscopicamente si osserva un’ostemielite necrotizzante del corpo vertebrale di tipo ibrinoeteroilico, con presenza di cocchi Gram-positivi (6, 8).
Nonostante la rilevanza clinica e commerciale di questa patologia, il ciclo d’infezione e la sua patogenesi risultano ancora largamente sconosciuti (6).
Per questa ragione studi recenti hanno indagato tramite genotipizzazione la possibile emergenza di un nuovo clone patogeno e le sue vie di trasmissione (2, 3, 4, 6, 9).
I risultati ottenuti tramite PFGE su ceppi isolati nel corso di malattia, hanno evidenziato come questi siano tra loro strettamente correlati, tanto da ipotizzare l’emergenza di un clone dotato di peculiare patogenicità (2, 3, 6). Inoltre i ceppi isolati da lesioni e quelli isolati dall’intestino dei rispettivi riproduttori sono risultati geneticamente distinti portando ad escludere una possibile trasmissione verticale (6).
In nessuno studio sono state prese in esame possibili correlazioni genetiche tra ceppi isolati da diversi siti di lesione in un medesimo soggetto infetto.
Scopo del presente lavoro è indagare, tramite principal component analysis (PCA), se esistono delle similitudini tra i profili spettrometrici di E. cecorum, tali da far ritenere che sussistano connessioni epidemiologiche tra ceppi isolati da soggetti distinti, affetti da spondilite vertebrale (come già confermato dagli studi di PFGE citati) o isolati da organi/distretti diversi dello stesso soggetto.

15 Settembre 2013

2013 – EPISODI DI MENINGITE DA RIEMERELLA ANATIPESTIFER NEL POLLO DA CARNE: ASPETTI CLINICI E DIAGNOSTICI

Riemerella anatipestifer è un bacillo Gram-negativo, asporigeno, immobile, catalasi ed ossidasi positivo, causa di una grave malattia contagiosa tipica dell’anatra domestica che prende il nome di setticemia essudativa (1). In tale specie l’intervallo di maggiore suscettibilità all’infezione varia da 1 a 6 settimane di vita, mentre risulta rara nei riproduttori. Provoca ingenti perdite economiche nei sistemi di allevamento intensivo di anatidi, con elevata morbilità e mortalità variabile tra 5 e 50%. L’infezione può inoltre sporadicamente interessare l’oca, il tacchino ed il pollo (1). In quest’ultima specie le segnalazioni sono estremamente scarse tanto che negli ultimi 40 anni se ne contano solo 2: una in Australia e l’altra in Asia (2, 3).
Nell’anatra si ritiene che il patogeno, presente nell’ambiente, penetri nell’ospite attraverso le vie respiratorie o tramite lesioni traumatiche cutanee, soprattutto a carico del piede. Una volta entrata in allevamento, la patologia diventa endemica con andamento stagionale a trasmissione orizzontale (1). Dopo un’incubazione di 2-5 giorni si manifestano i segni clinici che comprendono depressione e atassia, scolo oculo-nasale, sintomatologia respiratoria, diarrea verdastra e sintomatologia nervosa terminale caratterizzata da tremori del capo e del collo che precedono il coma (1).
La lesione tipica negli anatidi è una diffusa poliserosite, maggiormente evidente su pericardio e fegato. Possono essere inoltre presenti meningite, necrosi del tessuto linfoide, frequente salpingite mucopurulenta o caseosa ed una forma d’infezione cronica localizzata che si manifesta a carico delle articolazioni o come dermatite necrotica del dorso ed in sede pericloacale (1).
In questo lavoro vengono descritti gli aspetti clinici e diagnostici di due episodi d’infezione da Riemerella anatipestifer del pollo da carne osservati in Italia nel corso del 2012 e 2013.

15 Settembre 2013

2013 – INFLUENZA DELLA COLONIZZAZIONE INTESTINALE DA BRACHYSPIRA SPP. SULLO STATO SANITARIO E SULLE PERFORMANCE PRODUTTIVE DI OVAIOLE COMMERCIALI

La spirochetosi intestinale aviare (AIS) è una patologia causata da batteri Gram negativi, spiraliformi, appartenenti al genere Brachyspira. Nel pollame sono state segnalate 7 diverse specie di Brachyspira spp., ma attualmente solo tre sono ritenute in grado di causare la malattia: B. intermedia, B. pilosicoli, B. alvinipulli (McLaren et al., 1997). Tra il pollame allevato la malattia è stata descritta in galline ovaiole, polli riproduttori (Swine e McLaren, 1997), tacchini da carne (Shivaprasad e Duhamel, 2005), faraone (Bano 2007, osservazione personale) e oche (Names et al., 2006). AIS è associata alla comparsa di sintomi enterici e a problemi produttivi la cui gravità varia a seconda della specie di Brachyspira implicata e del grado di colonizzazione. In gruppi di galline ovaiole affette da AIS è stata riportata diarrea cronica, aumento del contenuto idrico e lipidico nelle feci, ritardo dell’inizio della deposizione, riduzione della produzione d’uova e aumento della percentuale d’uova con guscio imbrattato da feci (Grifiths et al., 1987, Dwars et al., 1989, Dwars et al., 1992, Swayne et al., 1992, Trampel et al., 1994). L’aumento del contenuto idrico nelle feci si ripercuote sullo stato della pollina (galline in gabbia) o della lettiera (galline a terra) con problematiche legate all’emissione di odori, pulizia dell’ambiente e aumento di mosche in allevamento (Phillips et al., 2005).
Dato che la sintomatologia clinica e i problemi produttivi legati alla presenza di spirochete intestinali sono aspecifici, questa patologia è spesso sottodiagnosticata negli allevamenti da reddito. Ad oggi è stato condotto solo uno studio sulla prevalenza di spirochete intestinali in Italia ed ha riguardato allevamenti di ovaiole situati in provincia di Treviso. Tale indagine ha evidenziato una prevalenza pari al 34,4% riferita a spirochete intestinali patogene per il pollame (Bano et al., 2008).Nel presente lavoro vengono riportati i risultati di un’indagine sulla diffusione di spirochete intestinali condotta in alcuni allevamenti commerciali di galline ovaiole campionati nelle tre regioni italiane a maggiore vocazione avicola: Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Inoltre sono state indagati anche gruppi di ovaiole free-range situati in  provincia di Bolzano.

15 Settembre 2013

2013 – FARMACOSENSIBILITÀ DI CEPPI CLINICI DI C. PERFRINGENS ISOLATI DA BROILER, TACCHINI DA CARNE E GALLINE OVAIOLE

Il bando dell’utilizzo dei promotori di crescita con attività antimicrobica e delle fonti proteiche di origine animale quali le farine di pesce, ha determinato negli allevamenti avicoli un aumento delle patologie gastroenteriche e in particolare di quelle che vedono implicato C. perfringens quali l’enterite necrotica e la disbatteriosi (Ven Immersel et al., 2009). C. perfringens è infatti in grado di causare malattia in seguito ad una sua proliferazione nel tubo gastroenterico e alla conseguente produzione di tossine tra le quali la tossina NetB che è stata intimamente associata alla comparsa sia della forma clinica che di quella subclinica di enterite necrotica (Keyburn et al., 2008). Il controllo di queste patologie è affidato all’azione di antimicrobici attivi nei confronti di batteri Gram-positivi, fra i quali i beta-lattamici, i macrolidi, le tetracicline, le pleuromutiline, i lincosamidi e, fuori Europa, la zinco-bacitracina. L’impiego di farmaci dovrebbe essere mirato nei confronti del ceppo di C. perfringens isolato in corso di malattia e possibilmente caratterizzato per quanto riguarda la presenza di alcuni markers genetici di patogenicità, ma tale approccio non è quasi mai attuabile poiché i tempi d’isolamento e di esecuzione di saggi di farmacosensibilità per gli anaerobi sono incompatibili con la necessità di trattare gli animali rapidamente per evitare pesanti perdite zootecniche.
Nasce quindi l’esigenza di periodici report sull’andamento delle farmacoresistenze di questo microrganismo, possibilmente mirati a testare l’efficacia di principi attivi registrati per le specie target, privilegiando ceppi isolati in corso di malattia.
Con il presente studio si è voluto quindi determinare la MIC di alcuni antimicrobici impiegati nel pollame, verso ceppi clinici di C. perfringens isolati da broiler, tacchini da carne e galline ovaiole.

15 Dicembre 2012

2012 – DESCRIZIONE DI FOCOLAI DI BRONCHITE INFETTIVA SOSTENUTA DAL CEPPO Q1 RECENTEMENTE SEGNALATO IN ITALIA.

Il virus della bronchite infettiva aviare (IBV) è conosciuto per la sua notevole capacità di modificarsi, sia per fenomeni di mutazione che di riassortimento, riuscendo così ad evadere la risposta immunitaria dell’ospite. Nuove varianti di IBV vengono frequentemente individuate, ma non tutte hanno la capacità di diffondersi e causare malattia clinica negli allevamenti avicoli (De Witt et al., 2011).
Lo scopo del presente lavoro è quello di descrivere quanto osservato durante i focolai di bronchite infettiva sostenuta dal ceppo Q1 recentemente segnalato in Italia (Toffan et al., 2011).

15 Dicembre 2012

2012 – TIPIZZAZIONE MOLECOLARE DI CEPPI DI MYCOPLASMA GALLLISEPTICUM CIRCOLANTI IN ITALIA TRA IL 2010 ED IL 2012

Mycoplasma gallisepticum  (MG), patogeno a diffusione mondiale, è sicuramente il micoplasma le cui infezioni causano le maggiori ricadute sull’allevamento avicolo. L ’infezione da MG mostra un’ampia varietà di manifestazioni cliniche, variando da  infezioni asintomatiche fino a patologie respiratorie croniche con l’interessamento di patogeni secondari  (Escherichia coli, virus della Bronchite Infettiva Aviare, virus della Malattia di Newcastle) e cospicue perdite economiche dovute principalmente alla gestione delle carcasse, all’aumento dei costi per l’impiego di farmaci  ed alla riduzione della produzione e della qualità delle uova. All’interno della specie MG è stata descritta una marcata eterogeneità  in rapporto alle proprietà biologiche, tropismo tissutale, virulenza e patogenicità.
Attualmente, l’efficacia del controllo da infezione dell’MG si basa da una parte sul mantenimento dei gruppi di riproduttori micoplasma-free insieme all’applicazione di rigorose misure di biosicurezza e dall’altro sull’utilizzo di programmi vaccinali. Nel nostro paese vengono attualmente utilizzati 2 vaccini vivi: il vaccino 6/85 (Merial SAS), originato da un ceppo virulento americano attenuato mediante passaggi seriali (Evans & Hafez, 1992) ed il vaccino ts-11  (Intervet International BV), originato da un ceppo virulento australiano mediante mutagenesi chimica (Whithear et al., 1990). L’utilizzo di vaccini, in aumento negli ultimi anni, ha determinato la necessità di differenziare rapidamente i ceppi di campo dai ceppi vaccinali per una corretta diagnosi della patologia. La rapida identificazione dell’infezione da MG e la diversificazione tra i differenti ceppi di campo è essenziale allo scopo di monitorare efficacemente i focolai, identificare la sorgente di infezione ed improntare efficaci strategie di controllo. Negli ultimi anni stati messi a punto dei protocolli di PCR  (Evans et al., 2008) e PCR RealTime (Raviv et al., 2008) per differenziare i ceppi vaccinali dai ceppi di MG utilizzati per prove sperimentali in vivo (ceppi S6, R, Rlow), la cui efficacia sui ceppi di campo non è del tutto nota.
I metodi di sequenziamento di un gene target sono stati recentemente introdotti per gli studi di epidemiologia molecolare. In particolare, per la tipizzazione molecolare di MG sono stati studiati il gene pvpA (Boguslavsky et al., 2000; Liu et al., 2001), gapA (Goh et al., 1998; Keeler et al., 1996), mgc2 (Hnatow et al., 1998) e la regione 16S-23S rRNA Intergenic Spacer Region Sequence (IGSR) (Raviv et al., 2007).
Obiettivo di questo lavoro è testare i protocolli di PCR e PCR RealTime già sviluppati per differenziare i ceppi vaccinali dai ceppi di MG utilizzati per prove sperimentali in vivo, su campioni di campo raccolti su tutto il territorio nazionale oltre ad indagare la variabilità a livello molecolare dei ceppi di MG mediante sequenziamento della regione 16S-23S rRNA IGSR.

15 Dicembre 2012

2012 – CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DI CEPPI DEL VIRUS DELLA BRONCHITE INFETTIVA AVIARE ISOLATI IN ITALIA TRA IL 1963 ED IL 1989

Il virus della Bronchite Infettiva A viare (IBV) è un coronavirus, prototipo della famiglia Coronaviridae, con genoma RNA a singolo filamento e provvisto d’envelope. E’ causa della  bronchite infettiva aviare (BI), patologia largamente diffusa e responsabile di elevate perdite economiche nell’allevamento intensivo del pollo. Si tratta di una malattia altamente contagiosa, caratterizzata da sintomi e lesioni respiratorie, che in alcuni casi può interessare anche gli apparati gastrointestinale ed uro-genitale causando nefropatologie con alta mortalità e/o problemi alla deposizione e alla qualità del guscio dell’uovo nelle galline ovaiole. Il genoma del virus codifica per 4 proteine strutturali tra le quali la proteina S, ed in particolare il frammento S1, è la parte più esposta del virus che interviene nell’attacco alla cellula ospite, comprende la maggior parte dei determinanti antigenici ed è pertanto responsabile della formazione di nuove varianti. Il sequenziamento nucleotidico e l’analisi genetica di questa regione forniscono un metodo veloce ed accurato per la genotipizzazione di IBV , oltre ad uno strumento efficace per lo studio dell’epidemiologia molecolare del virus.
Il sierotipo Massachussets della BI è stato isolato per la prima volta in Europa negli anni ’40 (Cavanagh & Davis, 1993) mentre Petek, Paparella & Catelani, e Galassi descrissero contemporaneamente la BI per la prima volta in Italia nel 1956.
L ’andamento della malattia nel nostro paese, riguardo la prevalenza e la gravità, è stato fluttuante negli anni. Alla virosi primaria respiratoria inizialmente osservata, a partire dagli anni ’60 si aggiunse la sindrome “nefrite/nefrosi” dovuta a ceppi nefropatogeni ( Pascucci et al., 1990). A questo periodo risale infatti la prima segnalazione di un nuovo sierotipo in Italia: il ceppo nefropatogeno 1731PV (Rinaldi et al., 1966). Durante gli anni ’70 la BI si è andata gradualmente attenuando,  Zanella segnalava in quegli anni la notevole diffusione del ceppo nefropatogeno AZ23/74 ( Zanella, 1976). All’inizio degli anni’80 si assiste invece ad una sensibile ripresa della malattia e durante tutto il decennio si sono moltiplicati gli isolamenti di ceppi differenti, tra i quali il 3794/Fo/83 (Pascucci et al., 1986a) associato a gravi forme respiratorie, ed utilizzato anche nei prodotti vaccinali. Negli anni ‘80 sono state isolate con una certa frequenza le varianti tipizzate in Olanda: il ceppo D207 (anche conosciuto come D274) ed il D212 (meglio conosciuto come D1466). In particolare, il sierotipo D274 risultava essere anche il più diffuso in alcuni paesi dell’Europa occidentale all’inizio e alla metà degli anni ’80 (Cook, 1984; Develaar et al., 1984).
Il genotipo 793/B fu identificato per la prima volta in Inghilterra nel 1990/91 (Gough et al., 1992; Parsons et al., 1992), ma la sua presenza è stata retrospettivamente dimostrata in Francia a partire dal 1985 (Cavanagh et al., 1998), mentre nei primi anni ’90 fu isolato anche in Messico e Tailandia (Cook et al., 1996).
Il sierotipo 624/I fu inizialmente descritto nel 1993 associato a forma respiratoria nel broiler (Capua et al., 1994), la successivamente caratterizzazione molecolare ha confermato che si  di trattava un nuovo genotipo (Capua et al., 1999). Questo lavoro rappresenta uno studio retrospettivo sui ceppi circolanti sul nostro territorio negli anni ’60, ’70 e ’80, per comprendere meglio e per la prima volta in maniera così estesa, la variabilità genetica della popolazione di IBV presente di quegli anni.

15 Dicembre 2012

2012 – ATTIVITÀ ASSISTITE CON GLI ANIMALI E SALUTE PUBBLICA: MONITORAGGIO SANITARIO CONDOTTO NELL’AREA VERDE DI UN OSPEDALE PSICHIATRICO GIUDIZIARIO IN CAMPANIA

L’utilizzo degli animali a fini terapeutici ha radici molto antiche e nel corso del tempo ha assunto un’importanza crescente. Il moderno termine di Pet Therapy si riferisce alla strutturazione metodologica del coinvolgimento di animali finalizzata al trattamento di specifiche patologie. Tali attività sono caratterizzate da una grande eterogeneità, sia per quanto riguarda il percorso formativo degli operatori, sia per la tipologia degli utenti e le modalità d’azione(Rapporti ISTISAN 07/35). La validità della Pet Therapy è stata sostenuta e riportata in diversi lavori scientifici condotti in contesti diversi, con soggetti depressi (Redefer e Goodman, 1989; Jessen et al, 1996), bambini autistici (Redefer e Goodman, 1989;. Meluzzi et al, 2000), pazienti psichiatrici (Corson et al, 1975;. McCandless et al, 1985. , Beck e Rosemberg, 1986; Bardill e Hutchinson, 1997; Hall e Malpus, 2000), disturbi della comunicazione (Lundgren e Ugalde, 2004) e soggetti con disturbi organici, come le patologie cardiovascolari (Friedmann et al, 1980; Odendaal, 2000).
Da un punto di vista operativo, va scoraggiato l’utilizzo del termine Pet Therapy perché troppo generico e usato per raggruppare tipologie di attività assai diverse, mentre si preferisce distinguere tra Animal Assisted Activities e Animal Assisted Therapies:
– Animal-Assisted Activities: “Attività svolte con gli Animali” (AAA), che hanno lo scopo di migliorare la qualità della vita di alcune categorie di persone (per esempio ciechi o portatori di handicap psico-fisici). Le AAA vengono effettuate in una vasta gamma di contesti ambientali da professionisti abilitati e para-professionisti e/o volontari di associazioni con specifiche caratteristiche che lavorano con animali.
– Animal-Assisted Therapies: “Terapie assistite con gli Animali” (TAA) o “Uso Terapeutico degli Animali da Compagnia” (UTAC), che affiancano alle terapie tradizionali l’utilizzo di animali con specifiche caratteristiche. Le TAA vengono utilizzate per migliorare lo stato fisico, sociale, emotivo e cognitivo di pazienti. Sono effettuate in ampi e differenti contesti e possono coinvolgere gruppi o singoli individui. Il procedimento viene inoltre documentato e valutato (Rapporti ISTISAN 07/35).
Recentemente, in Italia, la Pet Therapy è stata proposta e utilizzata anche negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) (AA.VV. 2012). Questi rappresentano una vera e propria comunità di persone che per vari motivi vivono in condizioni di frustrazione, abusi, malattie mentali associate a malattie infettive come l’AIDS, che compromettono il sistema immunitario. Nell’ambito di un OPG, le attività di Pet Therapy di solito si svolgono in una zona verde dove vengono eseguiti anche altri tipi di attività per migliorare le condizioni di vita dei detenuti quali il giardinaggio e la cura degli animali. Se è vero che la presenza di animali domestici in strutture sanitarie è stata associata ad un coinvolgimento emotivo positivo di tutta la comunità, compreso il personale medico e paramedico, il contatto con essi potrebbe essere una fonte di infezioni zoonosiche, soprattutto quando gli animali non sono sottoposti a periodici controlli sanitari e, in particolare, quando le persone coinvolte sono immunodepresse e/o immunocompromesse. Pertanto, il presente studio è stato effettuato con lo scopo di valutare la presenza di Campylobacter termotolleranti, Salmonella spp. ed Escherichia coli O157 nel pollame allevato nell’OPG Aversa, nel Sud Italia considerando soprattutto il potenziale rischio zoonosico per gli operatori, i medici e gli stessi detenuti.

15 Dicembre 2012

2012 – INNOCUITÀ ED EFFICACIA PROTETTIVA DEL CEPPO ATTENUATO SALMONELLA GALLINARUM SGP695AV NEL POLLO.

La Pullurosi/Tifosi aviare rappresenta fin dalle origini dell’industria avicola moderna una delle cause più frequenti e più temute di riduzione della redditività aziendale (Barrow and Neto, 2011). La malattia una volta comparsa, tende a radicarsi in allevamento, ripresentandosi nei cicli successivi specie nel momento di massima produzione.
Le perdite economiche, legate ai costi per le cure necessarie al controllo della malattia, alla riduzione della produttività del gruppo, alla mortalità, alle misure di polizia veterinaria previste ed implementate dalle Autorità sanitarie e al calo d’immagine per l’azienda, incidono pesantemente sul bilancio dell’allevamento.
In molte Nazioni, il ricorso alla profilassi di stato, volta ad individuare ed eliminare i gruppi portatori, ha consentito di ottenere una consistente riduzione della diffusione della malattia senza giungere all’obiettivo definivo della sua eradicazione (Shivaprasad, 2000). La Tifosi, pertanto, è ancora frequentemente segnalata in Africa, Asia e Centro-Sud America (Kang et al., 2012), mentre in Europa resta diffusa nelle regioni mediterranee del continente (Pugliese et. al, 2011).
Uno dei mezzi utilizzati per combattere questa salmonellosi, consiste nel ricorso al monitoraggio sistematico dei riproduttori, nonché all’effettuazione di profonde e radicali disinfezioni di ambienti e attrezzature, associate ad un vuoto sanitario durevole (Shivaprasad, 2000). Tuttavia, molto spesso, per motivi di carattere economico, quest’ultimo appare difficile da realizzare sul campo, dove è comune il riscontro di allevamenti o gruppi di galline ovaiole multietà. La possibilità di individuare ed eliminare tutti i fomiti di infezione è praticamente irrealizzabile.
Da alcuni anni in molti Paesi, ai citati provvedimenti di profilassi igienico-sanitaria è stata aggiunta la vaccinazione; questo soprattutto negli allevamenti commerciali, specie quelli a vita produttiva lunga, come ad esempio le galline ovaiole.
Nel passato, la profilassi immunitaria è stata affidata a vaccini spenti, i quali, somministrati per via parenterale non hanno però sortito gli effetti sperati (Lee et al., 2005).
Più recentemente vengono utilizzati in molte aree del mondo vaccini vivi,  basati su  ceppi di Salmonella gallinarum in fase rugosa, con risultati migliori rispetto ai vaccini spenti nel ridurre l’impatto   della forma clinica della malattia (Kwon et Cho, 2011, Lee, et al., 2005, 2007, Silva, et al, 1981) .Questi risultati hanno incoraggiato la ricerca di ceppi attenuati di S. pullorum/gallinarum, più efficaci per via non parenterale, che potessero mostrare i requisiti idonei per essere impiegati come  principi attivi per vaccini vivi contro la Tifosi aviare.
La selezione sequenziale di Salmonelle fagocitate da granulociti neutrofili di mammiferi (Roof et al, 1992) o da eterofili di pollo (Kramer, 1998, Kramer et Hirl, 2001), si è dimostrata un metodo efficace di attenuazione  di ceppi di Salmonelle patogene per diverse specie animali.
In questo contesto si inquadrano le attività riportate in questo lavoro volte a testare, in trials preliminari di laboratorio, l’innocuità e l’efficacia protettiva di un ceppo di S. gallinarum (SGP695AV), attenuato per adattamento ad  eterofili di pollo, somministrato per os a polli di 37 giorni di vita.

15 Dicembre 2012

2012 – CONFRONTO TRA DIVERSE TIPOLOGIE DI ALLEVAMENTO DELLA GALLINA OVAIOLA COMMERCIALE

L’adozione di sistemi alternativi di allevamento della gallina ovaiola voluta dalla UE ha generato perplessità, quando non disapprovazione, da parte di alcuni addetti del settore, che temevano un decadimento generale della produzione. Con questa ricerca, da ritenersi ancora preliminare, ci siamo prefissi di analizzare le diverse tipologie di allevamento oggi presenti in Italia, per un  confronto delle prestazioni zoo-sanitarie fornite dalle galline e più precisamente: numero e peso delle uova prodotte, consumo di mangime, mortalità.
Mediante sopralluoghi diretti presso le aziende oggetto di studio sono stati effettuati anche controlli sui sistemi di gestione relativi alla stabulazione, comprendenti in modo particolare: il numero degli animali allevati, il numero di capannoni, il tipo di illuminazione e il sistema di ventilazione.
Torna in cima