Atti dei convegni

15 Dicembre 2011

2011 – INTERAZIONE FRA VACCINI VIVI PER LA PROFILASSI DELLA RINOTRACHEITE DEL TACCHINO E DELLA MALATTIA DI NEWCASTLE SOMMINISTRATI IN ASSOCIAZIONE AD UN GIORNO DI VITA NEL TACCHINO

L’allevamento del tacchino è condotto in sistemi intensivi che, concentrando grandi numeri di animali in spazi ed aree geografiche ridotte, creano le condizioni per una rapida diffusione delle forme infettive. Per diminuire il rischio di focolai di malattia è quindi necessario ricorrere costantemente alla profilassi vaccinale, e la corretta gestione di tali piani, assieme alla applicazione di una adeguata biosicurezza, rappresenta uno dei punti cardine per la redditività dell’impresa avicola. Costanti nel nostro Paese sono gli interventi nel tacchino nei riguardi della Malattia di Newcastle (ND) (Nota del Ministero della Salute, 2005) e della Rinotracheite del Tacchino (TRT) (Catelli, 2006).
La ND, sostenuta da ceppi patogeni di Paramyxovirus 1, è una delle più temute malattie del pollame. Essa, quando è sostenuta da ceppi altamente patogeni, ha conseguenze devastanti, non solo per l’elevato tasso di mortalità che può essere raggiunto, ma anche per il forte impatto economico che ne consegue, derivante sia dall’adozione di una politica di eradicazione, sia dalle restrizioni al commercio imposte al Paese sede di focolaio. La TRT, sostenuta dal Metapneumovirus aviare (AMPV), è fra le principali patologie virali del tacchino, ed ha diffusione pressoché mondiale. La gravità di questa forma respiratoria è influenzata dall’insorgere di infezioni batteriche secondarie (Catelli, 2009).
Per entrambe le malattie, vaccini vivi vengono spesso somministrati nei primi giorni di vita ad almeno una settimana di distanza per il timore di una possibile interferenza tra i due virus vaccinali e quindi di riduzione della protezione da essi indotta. La possibilità di associare in incubatoio tali interventi avrebbe numerosi vantaggi di ordine pratico, economico e sanitario. In quest’ottica diventa fondamentale assicurarsi che non ci siano interferenze negative fra i vaccini stessi, tali da compromettere l’efficacia delle vaccinazioni o addirittura causare effetti patologici indesiderati
L’obiettivo del presente lavoro è stato valutare, in condizioni sperimentali, l’interferenza fra due diversi ceppi vaccinali di NDV e uno di AMPV somministrati nel tacchino in associazione ad un giorno di vita, secondo un possibile schema vaccinale praticabile in incubatoio.

15 Dicembre 2011

2011 – UNA COMBINAZIONE MICROINCAPSULATA DI ACIDO SORBICO E COMPOSTI NATURALI IDENTICI RIDUCE LA PREVALENZA E LA PRESENZA DI S. ENTERITIDIS NEL POLLO DA CARNE

La relazione “Community Summary Report on trends and sources of zoonosis and zoonotic agents and foodborne outbreacks in the Europen Union” riporta che la Salmonella è la causa più frequente di epidemie di origine alimentare nel 2008.
La carne di pollame è il cibo maggiormente esposto, seguito dalla carne suina. I ceppi più frequentemente isolati di Salmonella nei focolai sono stati S.enteritidis e S.typhimurium nelle carni di pollame e suino rispettivamente.
I numeri indicano una leggera diminuzione nelle persone colpite in caso di focolai di Salmonella rispetto al 2007 (131.468 casi nel 2008 vs 151.998 nel 2007), e questo trend, confermato negli ultimi quattro anni, potrebbe essere legato all’applicazione di programmi di monitoraggio nazionali, all’interno di ciascun paese, come stabilito dal Reg. CE 2160/2003. Tale regolamento si prefigge di garantire “la messa in atto di misure efficaci per rilevare e controllare la salmonella e altri agenti zoonotici in tutte le fasi pertinenti la produzione, trasformazione e distribuzione, in particolare a livello della produzione primaria, anche in mangimi, al fine di ridurre la presenza e il pericolo per la salute pubblica “.
Mentre sono stati ottenuti importanti risultati nel corso degli anni per quanto riguarda le galline ovaiole, dove sono stati raggiunti gli standard europei in molti Paesi, non sono stati raggiunti tali livelli significativi di riduzione della prevalenza di Salmonella per i polli da carne.
Pertanto, l’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare l’efficacia di una miscela di acido sorbico e di Composti Naturali Identici (NIC) sulla riduzione della prevalenza cecale e la proliferazione di S.enteritidis in polli da carne infettati sperimentalmente.

15 Dicembre 2011

2011 – CLONI DI ESCHERICHIA COLI DI ORIGINE UMANA ED A VIARIA RESISTENTI AI FLUOROCHINOLONI

Le infezioni extra-intestinali causate da ceppi patogeni di E. coli sono molto comuni sia nell’uomo (ExPEC) che nelle specie aviarie (APEC). Nelle specie avicole, tali infezioni sono note come colibacillosi e rappresentano una delle principali cause di mortalità con danni economici rilevanti per gli allevatori (1). I fluorochinoloni (FQ) sono considerati farmaci di scelta per il trattamento di infezioni da ExPEC e l’incremento negli ultimi anni dei ceppi FQ resistenti ha destato preoccupazione per la sanità pubblica. Questi farmaci sono ampiamente utilizzati anche in medicina veterinaria e diversi ceppi resistenti di E. coli sono stati isolati nelle specie aviarie. E’ stata così ipotizzata una probabile origine zoonotica di questi patogeni che possono infettare l’uomo attraverso l’ingestione di cibo contaminato ed in particolare prodotti avicoli. Lo scopo di questo studio è stato quello di identificare cloni FQ-resistenti nell’uomo e investigare la loro possibile origine aviaria.

15 Dicembre 2011

2011 – STUDIO DELLA CONCENTRAZIONE MINIMA INIBENTE (MIC) IN ALCUNI CEPPI DI MYCOPLASMA SYNOVIAE ISOLATI IN ITALIA.

La concentrazione minima inibente più comunemente conosciuta con l’acronimo anglosassone MIC (Minimal inhibitory concentration) è considerata il “ gold standard” per la determinazione della suscettibilità dei microrganismi agli antimicrobici tanto da essere utilizzata per confrontare le performance di altri metodi diagnostici.
In micoplasmologia la MIC può essere definita come la più bassa concentrazione di una sostanza antibiotica in grado di inibire la crescita visibile o il metabolismo di alcune specie di micoplasmi dopo un ottimale periodo di incubazione in vitro.
I micoplasmi sono organismi unicellulari privi di parete cellulare, che possono causare patologia nel Regno Animale e Vegetale e la loro coltivazione in vitro risulta “fastidiosa”..
Nel settore avicolo rivestono un ruolo particolarmente importante il Mycoplasma gallisepticum (MG) ed il synoviae (MS). In particolare il Mycoplasma synoviae può causare, nel settore da carne, forme respiratorie ed articolari con conseguente incremento degli scarti al macello,mentre nel settore della gallina ovaiola è stato recentemente associato a lesioni apicali del guscio con importanti implicazioni economiche.
L’incidenza nel territorio italiano di MS negli ultimi anni sembrerebbe essere in incremento.
Poiché la via di trasmissione verticale di questi patogeni è stata ampiamente documentata il controllo degli organismi PPLO-like  (Pleuropneumonia Organism like) nel settore avicolo industriale è basato sulla gestione di gruppi di riproduttori Mycoplasma-free e sulla attuazione di rigide misure di biosicurezza.
Nonostante tali precauzioni la prevalenza di questi microrganismi nel settore avicolo industriale non sembra diminuire. Recentemente alcuni Autori hanno proposto di raggruppare i ceppi di MS in base alla sequenza del gene vlhA. Tale gene codifica per la proteina MSP (Most Surface Protein), responsabile della citoaderenza e quindi della patogenicità.
Sulla base di tali considerazioni ci siamo proposti di analizzare la MIC di ceppi di Mycoplasma synoviae. isolati nel territorio italiano e provenienti da differenti categorie produttive industriali e cercando, ove possibile, di testare ceppi provenienti dalla stessa categoria produttiva e con differenze geniche a carico del gene vlhA.

15 Dicembre 2011

2011 – APPROFONDIMENTI DIAGNOSTICI IN ALCUNI CASI CLINICI NELLE SPECIE AVICOLE MINORI

Nel seguente lavoro saranno presi in considerazione alcuni casi clinici diagnosticati in laboratorio e riscontrati nelle cosiddette “specie avicole minori” tra le quali si possono annoverare: anatre, faraone, quaglie, fagiani, pernici, oche, piccioni, struzzi, pavoni, fenicotteri) e volatili ornamentali.

15 Dicembre 2011

2011 – MONITORAGGIO LONGITUDINALE PER IL RILIEVO DI CAMPYLOBACTER TERMOFILI IN ALLEVAMENTI DI TACCHINI DA CARNE

Le specie termofile di Campylobacter  sono tra i principali responsabili di gastroenterite batterica umana in tutto il mondo e la causa della zoonosi più frequentemente riportata nell’Unione Europea (EFSA, 2010a). Inoltre, è sempre più frequente, e di conseguenza preoccupante, l’isolamento dagli animali, dagli alimenti e dall’uomo, di ceppi di Campylobacter resistenti nei confronti di numerosi antimicrobici, tra cui quelli di prima scelta nella terapia dell’infezione umana. Tutto ciò fa della campilobatteriosi un problema di Sanità Pubblica attuale e di notevole rilevanza.
Il reservoir del microrganismo è rappresentato dal tratto gastroenterico di numerosi mammiferi e uccelli domestici e selvatici, ma soprattutto dei volatili da reddito.
Infatti, la principale fonte di infezione per l’uomo è costituita dal consumo di carne avicola poco cotta o di prodotti contaminati da questa. Nonostante sia stato dimostrato ormai da tempo l’importante ruolo svolto dalla carne di tacchino nella trasmissione dell’infezione all’uomo (Rosef et al., 1984), la maggior parte dei dati relativi alla diffusione di Campylobacter spp. negli avicoli da reddito è relativa ai polli da carne, mentre nei tacchini sono stati svolti pochissimi studi a riguardo.
Pertanto, mentre si conosce bene l’epidemiologia di Campylobacter spp. nei broiler, molto rimane ancora da chiarire riguardo l’infezione nei tacchini da carne.
Date le scarse informazioni disponibili circa le dinamiche epidemiologiche del principale agente di zoonosi trasmessa per via alimentare in questa specie avicola allevata intensivamente per il consumo umano, il presente studio è stato intrapreso con molteplici scopi. Si è voluto indagare sulla presenza di Campylobacter termofili in allevamenti intensivi di tacchini da carne del Veneto, analizzare l’andamento dell’infezione durante l’intero ciclo produttivo (a partire dall’accasamento fino al momento del carico per la macellazione), valutare la distribuzione di specie dei microrganismi, caratterizzarli a livello genetico per osservarne la biodiversità, ed infine rilevare la sensibilità agli antimicrobici degli isolati.

15 Dicembre 2011

2011 – ENCEFALOMIELITE AVIARE (AE) NEL POLLO DA CARNE E NELLA POLLASTRA OSSERVATI NELL’ANNO 2010

L’Encefalomielite Aviare è una malattia virale che colpisce i polli, i fagiani, le quaglie ed i tacchini. E’ caratterizzata da atassia, tremori localizzati soprattutto nella regione della testa e del collo “tremore epidemico”, calo dell’ovodeposizione e riduzione del tasso di schiusa nell’ovaiola. Si descrivono due casi di Encefalomielite Aviare osservati nel 2010 nel broiler e nella pollastra. Venivano osservati gravi sintomi nervosi a 20 giorni nei broilers e tra 70 ed i 100 giorni di vita nelle pollastre. In entrambi i casi la diagnosi è stata di Encefalomielite Aviare.

15 Dicembre 2011

2011 – PRIMA SEGNALAZIONE DELLA PRESENZA DI INTEGRONI DI CLASSE 1 E 2 IN E. COLI ISOLATI DA TACCHINI DA CARNE

La colibacillosi aviare è un’infezione localizzata o sistemica provocata da Escherichia coli, batterio comunemente presente nella flora intestinale di varie specie animali, avicoli compresi. Questo batterio è uno dei principali responsabili di danni economici per mortalità nell’allevamento del tacchino. Nonostante esistano numerosi ceppi dotati di notevole patogenicità (Avian Pathogenic E. coli – APEC), negli avicoli non risulta che essi siano, salvo rare eccezioni, agenti primari di malattia ma piuttosto di patologie secondarie ad infezioni virali o ad errate pratiche di allevamento (Barnes et al.,2008).
Il controllo di tale patologia può essere affrontato eliminando o attenuando i fattori predisponenti, impedendo l’ingresso di E. coli patogeni negli allevamenti oppure controllando direttamente l’agente eziologico mediante appropriati trattamenti farmacologici. Data la difficoltà nel controllo dei fattori predisponenti e scatenanti tale patologia, la terapia con antibiotici e chemioterapici è certamente la via che più comunemente viene intrapresa negli allevamenti intensivi. Tuttavia, nonostante l’indubbia utilità nel controllo della colibacillosi e di altre forme batteriche, negli anni si è presa coscienza dei limiti che la terapia farmacologica può presentare a causa della progressiva selezione di batteri antibiotico-resistenti (Gyles, 2008).
Infatti, oltre ad una resistenza naturale che i batteri possono presentare per una o più classi di farmaci grazie alle loro caratteristiche intrinseche, nelle popolazioni batteriche stanno sempre più diffondendosi resistenze di tipo acquisito mediante trasferimento genetico orizzontale da parte di plasmidi, trasposoni e integroni oppure mediante mutazioni genetiche trasferibili solo verticalmente (Carattoli, 2001).
Negli ultimi anni sono stati condotti diversi studi volti alla comprensione dei meccanismi molecolari alla base di questo fenomeno, in particolare delle strutture geniche coinvolte nella trasmissione orizzontale tra specie batteriche di geni di resistenza agli antibiotici. Infatti,  l’elevata diffusione di resistenza nei batteri Gram-negativi è dovuta principalmente al trasferimento orizzontale di determinanti di resistenza attraverso elementi mobili di DNA, quali plasmidi, transposoni e integroni (Carattoli, 2001; Carattoli, 2003). In particolare, l’associazione tra geni cassetta e integroni è stata fondamentale nel determinare la comparsa e la diffusione della multifarmaco-resistenza, intesa come resistenza contemporanea a più antibiotici di diversa famiglia. Infatti, i batteri Gram-negativi che mostrano fenotipo di resistenza multiplo spesso presentano plasmidi che veicolano geni di resistenza mediante gli integroni.
Gli integroni sono elementi genetici capaci di acquisire geni di resistenza agli antibiotici sotto forma di cassette. Essi presentano un gene codificante un’integrasi (intI), seguito da uno o più promotori e da un sito di ricombinazione, attI, in cui i determinanti genici di resistenza, sotto forma di cassette, possono esser inseriti o escissi grazie ad un meccanismo di ricombinazione sito-specifico catalizzato dall’integrasi stessa (Lévesque, 1995). La classificazione degli integroni si basa sul grado di omologia della sequenza del gene codificante per l’integrasi intI e, delle cinque classi finora descritte, la classe 1 sembra essere la più diffusa nei batteri Gram-negativi.
Data l’importanza che tali strutture geniche svolgono nel trasferimento orizzontale tra batteri di geni responsabili della resistenza agli antibiotici, sono stati condotti diversi studi volti alla ricerca e all’analisi degli integroni e delle cassette geniche in essi contenute, sia in ceppi batterici commensali sia patogeni. Tuttavia, dalla letteratura emerge come la maggior parte degli studi si riferisca principalmente a studi condotti sia su batteri isolati da casi clinici umani che commensali e, in ambito veterinario, su batteri isolati da derrate di origine animale (Soufi et al., 2009; Bailey et al., 2010; Unno et al., 2010). Scarse sono invece le informazioni in merito alla diffusione di tali strutture in ceppi di E. coli circolanti negli allevamenti intensivi, soprattutto avicoli (Smith et al.,2007; Costa et al., 2008; Costa et al., 2009).
Lo studio e il monitoraggio dell’antibiotico-resistenza sia da un punto di vista fenotipico che genotipico negli animali è fondamentale non soltanto perché tale fenomeno può compromettere l’efficacia dei trattamenti terapeutici delle infezioni in atto negli allevamenti, ma soprattutto per la possibile diffusione orizzontale dei determinanti genici di resistenza in ceppi commensali normalmente residenti nell’intestino animale e, conseguentemente, nell’ambiente circostante (Ozaki et al., 2011).
L’obiettivo del nostro studio è stato dunque rivolto alla ricerca degli integroni di classe 1 e 2 in ceppi di  E. coli APEC multifarmaco-resistenti isolati da tacchini da carne affetti da colibacillosi allevati nel Nord-Italia.

15 Dicembre 2011

2011 – PREVALENZA DI CAMPYLOBACTER TERMOTOLLERANTI E RELATIVI FATTORI DI VIRULENZA IN ALZAVOLE (ANAS CRECCA)

L’infezione da Campylobacter spp., in particolare C. jejuni e C. coli, è considerata una delle principali cause di tossinfezione alimentare in tutto il mondo. Nonostante la malattia si manifesti in forma moderata e autolimitante, possono verificarsi gravi complicanze post-infettive come la sindrome di Gullain-Barrè (Humphrey et al., 2007).
Il pollame è considerato il più importante vettore del Campylobacter spp. e agisce come principale fonte d’infezione per l’uomo. Infatti, il consumo di carne di pollame non adeguatamente cotta e la sua manipolazione non corretta sono la principale fonte d’infezione per l’uomo (Lee & Newell, 2006).
Sono stati studiati diversi fattori di virulenza importanti per l’induzione della gastroenterite, come la resistenza ai sali biliari, l’invasione delle cellule epiteliali e la produzione della cytholethal distending toxin (CDT) (Van Deun et al., 2007). In particolare la CDT è una tossina codificata da tre subunità geniche chiamate cdtA, cdtB e cdtC (Samosornsuk et al., 2007). CDT induce l’arresto nella fase G2/M del ciclo cellulare delle cellule eucariotiche, impedendo loro di entrare in mitosi, con conseguente morte cellulare (Zilbauer et al., 2008). Inoltre, nell’ultimo decennio, è stato individuato un gene chiamato wlaN che è presumibilmente coinvolto nell’espressione della mimica gangliosidica nella sindrome Guillian-Barrè (Linton et al., 2000).
I dati in letteratura riguardo la diffusione del Campylobacter spp. nell’alzavola (Anas crecca) sono carenti. Per ovviare a tale mancanza, il presente studio è stato intrapreso con lo scopo di valutare la prevalenza del Campylobacter spp. nell’alzavola, i relativi geni codificanti la cytholethal distending toxin, nonché valutare l’eventuale riscontro del gene wlaN.

15 Dicembre 2011

2011 – ANALISI MOLECOLARE DI CEPPI DEL CIRCOVIRUS DELLA MALATTIA DEL BECCO E DELLE PENNE DEGLI PSITTACIDI IN ITALIA. RISULTATI PRELIMINARI

La Malattia del becco e delle penne degli psittacidi (PBFD) fu descritta per la prima volta negli anni ‘70 in Australia in diverse specie di Cacatua (Pass & Perry, 1984).
In seguito la presenza di questa malattia è stata riportata in numerosi altri Paesi del mondo, compresa l’Italia (Conzo et al., 1997, Bert et al., 2005).
La PBFD è stata descritta in più di 40 specie di pappagalli e virtualmente tutte le specie di Psittaciformi sono ritenute sensibili all’infezione (Gerlach, 1994; Cross, 1996), sebbene quelle originarie del Sud America siano considerate più resistenti in quanto più raramente sviluppano la malattia (Kondiah et al., 2005). Poiché la presentazione clinica della PBFD varia da specie a specie (Gerlach, 1994; Harrison, 2006), si è ipotizzato che vi possa essere una specie-specificità dei ceppi virali nei confronti delle diverse specie di pappagalli (Bassami et al., 2001; Varsani et al., 2011).
L’ultimo studio sulla diversità genetica del Circovirus della PBFD (Varsani et al., 2011) ha proposto la classificazione dei ceppi virali in 14 cluster, identificati con lettere in ordine alfabetico dalla A alla N, cui si aggiungono 3 cluster nettamente separati dai precedenti ed isolati esclusivamente da Pappagallini ondulati (Melopsittacus undulatus), per i quali è stata proposta una riclassificazione tassonomica come nuova specie “Budgerigar Circovirus” (BCV). Mentre alcuni ceppi presentano una localizzazione geografica specifica, per altri si osserva una certa distribuzione apparentemente casuale, probabilmente correlata al commercio internazionale di uccelli ornamentali.
La nostra indagine, prima in Italia sull’analisi genetica di ceppi virali della PBFD, si è proposta di identificare, con metodi biomolecolari, la presenza di Circovirus della PBFD nelle diverse specie di psittacidi detenute in cattività nel territorio italiano e confrontare le sequenze nucleotidiche di porzioni del genoma di questi, tentando di mettere in risalto la possibile variabilità esistente tra i vari ceppi in rapporto alla distribuzione geografica, alla specie e alle manifestazioni cliniche.
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