Atti dei convegni

18 Dicembre 2001

2001 – CLONAZIONE E SEQUENZIAMENTO DELL’ORF 1 DEL VIRUS DELLA MALATTIA DEL BECCO E DELLE PENNE DEGLI PSITTACIDI (PBFDV)

La malattia del becco e delle penne degli psittacidi (Psittacine Beak and Feather Disease) è una patologia ad eziologia virale, scoperta negli anni settanta in Australia e attualmente diffusa negli allevamenti di pappagalli in USA e Europa (2). La PBFD è presente solo nei pappagalli e colpisce oltre 40 specie differenti (4). Il virus appartiene alla famiglia Circoviridae, ed ha un diametro di 14-20 nm. Il genoma completo di due isolati del PBFDV è stato sequenziato e pubblicato. E’ un virus a DNA, a catena singola e circolare di 1993 paia di basi (1,3). Tra le diverse tecniche diagnostiche, il metodo che offre maggior sensibilità e specificità per la diagnosi della PBFD, secondo alcuni autori (2,4) è rappresentato dalla ricerca del DNA virale tramite la PCR (polymerase chain reaction).
In Italia la malattia del becco e delle penne è presente e la sua incidenza è stata stimata essere circa del 7% (6).
Con questo lavoro si è voluto ottenere dati più approfonditi sulla presenza del PBFDV in Italia attraverso l’analisi di 7 sequenze di parte del genoma del virus, con l’obbiettivo di mettere a punto, in un secondo tempo, un test ELISA per la ricerca del Circovirus dei pappagalli.Infatti un test sierologico sarebbe più pratico e più econimico rispetto alla PCR.

18 Dicembre 2001

2001 – RICERCHE ED OSSERVAZIONI SULLO STATO SANITARIO DEI COLOMBI DELLA CITTÀ DI PALO DEL COLLE (BARI) – RISULTATI PRELIMINARI

Nella seconda metà di questo secolo si è assistito, soprattutto nelle città dell’Europa continentale, ad un aumento esponenziale del numero di varie specie volatili sinantropiche. Il colombo di città è stato individuato fra quelle che destano maggiori preoccupazioni (4). I danni arrecati dalle popolazioni di volatili sono tanto più gravi quanto maggiore è il numero di animali inurbati, divenendo intollerabili e suscitando dunque, allarmismo e proteste da parte della cittadinanza. Gli inconvenienti provocati sono di varia natura ed inquadrabili in disagi ai cittadini, rischi sanitari e danni ambientali, in particolare al patrimonio architettonico e monumentale dell’abitato (2).
In tale contesto, abbiamo effettuato ricerche sulle popolazioni di colombi presenti nel Comune di Palo del Colle, al fine di valutarne la consistenza numerica, il loro stato sanitario e gli eventuali rischi di Sanità Pubblica correlati.

18 Dicembre 2001

2001 – INDAGINE SULLA PRESENZA DELLA MALATTIA DEL BECCO E DELLE PENNE DEGLI PSITTACIDI (PBFD) IN ALLEVAMENTI ITALIANI

La malattia del becco e delle penne degli psittacidi (Psittacine Beak and Feather Disease) è una patologia ad andamento acuto nei soggetti giovani e cronico negli adulti. Determina distrofia e perdita delle penne, accrescimento abnorme del becco con fratture e necrosi del palato. L’esito della malattia è quasi sempre infausto a causa dell’azione immunosoppressiva del virus (1,4). La PBFD è sostenuta da un virus appartenente alla famiglia Circoviridae (4). Tra le diverse tecniche diagnostiche, quali biopsia dell’epitelio dei follicoli e ricerca di corpi inclusi, emoagglutinazione e inibizione dell’emoagglutinazione, ibridazione in situ (2,3,5), il metodo che offre maggior sensibilità e specificità per la diangosi della PBFD è rappresentato, secondo alcuni autori (1,4,), dalla ricerca del DNA virale tramite la PCR (polymerase chain reaction).
L’obiettivo di questo lavoro era di valutare la presenza della malattia del becco e delle penne degli psittacidi (PBFD) in Italia.

18 Dicembre 2001

2001 – INDAGINE SULLO STATO SANITARIO DI UCCELLI SELVATICI CATTURATI NEL “PARCO NAZIONALE DEL CILENTO E VALLO DI DIANO”

Il “Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano” (istituito con D.P.R. 5/6/95) ospita differenti specie di uccelli, appartenenti soprattutto all’ordine dei Passerifomes. Sono presenti, inoltre, Laridi, Corvidi ed alcune specie di Rapaci diurni e notturni (1). Gli esemplari presenti nel parco sono rappresentati prevalentemente da specie stanziali ed alcune migratrici. Gli spostamenti effettuati da queste ultime comprendono un territorio molto vasto, che si estende dalla zona sub-Sahariana fino al Nord Europa (5).
Gli uccelli durante le migrazioni potrebbero entrare in contatto con diversi agenti patogeni, rappresentando così un rischio di diffusione e contaminazione per altri animali, sia domestici che selvatici, e per l’uomo.
Nella presente indagine è stato effettuato un monitoraggio sullo stato sanitario degli uccelli selvatici ospitati all’interno del “Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano”, ponendo particolare attenzione alla ricerca di Salmonelle e Yersinie al fine di poter ampliare le conoscenze relative alla diffusione di questi microrganismi nell’avifauna selvatica della nostra regione.

18 Dicembre 2001

2001 – PRESENZA DI Campylobacter SPP. NELLA CARNE DI POLLAME MACELLATA IN ROMAGNA

Le tossinfezioni alimentari sostenute da Campylobacter spp (in particolar modo Campylobacter jejuni e Campylobacter coli) costituiscono una delle cause più frequenti di enterite nell’Uomo. Diverse sono le fonti di infezione: consumo di latte crudo, acqua contaminata, carne di volatili, di suino e di bovino, contatto con feci infette di animali d’affezione (5). Fra di esse sia il consumo di carne di pollame cotta poco e/o in modo inadeguato, sia la sua erronea manipolazione costituiscono il principale serbatoio di infezione per l’Uomo (1). L’infezione sostenuta da Campylobacter spp. da luogo ad una enterite acuta, solitamente autolimitante, caratterizzata da febbre alta e persistente, diarrea (inizialmente acquosa e successivamente sanguinolenta) e violenti crampi addominali. Essa può dare luogo, inoltre, a complicazioni sia a livello intestinale (pancreatite, colecistite ed emorragie del tratto gastro-intestinale) sia a livello extra-intestinale, solitamente rare. Fra di esse ricordiamo la sindrome di Guillain – Barrè e la sindrome di Miller Fisher, neuropatie acute immunomediate, oltre alla sindrome emolitico-uremica (1,2).
Scopo del presente studio è stato verificare l’esistenza di una contaminazione da Campylobacter spp. nella carne di pollame macellata in Emilia Romagna.

18 Dicembre 2001

2001 – LIPIDOSI EPATICA IN TACCHINE DA RIPRODUZIONE DI 12 SETTIMANE DI ETÀ

La lipidosi epatica del tacchino è descritta come una sindrome ad eziologia incerta, di probabile origine nutrizionale. Ne sono spesso colpite le tacchine da riproduzione tra 15 e 25 settimane di età. La malattia è caratterizzata da mortalità improvvisa che può arrivare al 5% nell’arco di alcuni giorni e da gravi lesioni steatosiche e necrotiche a carico del fegato (1). La sindrome è stata finora descritta prevalentemente negli USA e in Canada. La causa primaria della lipidosi è tuttora sconosciuta. Si tratta, probabilmente, di una patologia multifattoriale in cui si associano cause alimentari, ambientali e manageriali (2). I gruppi colpiti sono generalmente alimentati con diete a basso tenore proteico ed alti livelli energetici. Nella patogenesi di questa sindrome sembrano intervenire fattori ambientali (temperature elevate e variazioni del programma-luce) che alterano l’assunzione dell’alimento favorendo l’accumulo di lipidi nel fegato.
Spesso intervengono alti livelli di perossidi che, favorendo la perossidazione lipidica, provocano lesioni vasali determinando la comparsa di edema polmonare, necrosi ed emorragie epatiche.

18 Dicembre 2001

2001 – APPLICAZIONE E CONFRONTO CRITICO FRA L’UTILIZZO DELLE UOVA EMBRIONATE DI POLLO E POLYMERASE CHAIN REACTIONS, PER L’IDENTIFICAZIONE DEL VIRUS DELLA BRONCHITE INFETTIVA AVIARE

Il virus della bronchite infettiva aviare (IBV) è un prototipo della famiglia Coronaviridae. È una malattia virale acuta, infettiva, sistemica ed altamente contagiosa del pollo. Presenta principalmente sintomi e lesioni respiratorie, renali o dell’apparato riproduttivo (2). Da ottobre 2000 a Luglio 2001 per ogni campione, che per dati anamnestici, clinici e anatomo-patologici rispecchiava una sintomatologia riferibile alla bronchite infettiva aviare (IBV) è stato seguito uno specifico iter diagnostico. Per la ricerca dell’agente virale si è applicata sia la metodica classica, che utilizza le uova embrionate di pollo SPF, sia la PCR. Il virus dell’IB è pleomorfo, di 80-200 nm di diametro, con genoma RNA a singolo filamento e provvisto di envelope. Il genoma virale è composto da 27.5 Kb, che codifica per tre proteine strutturali: la proteina S, la proteina M glicosilata della membrana e la proteina N fosforilata del nucleocapside. La proteina S presenta 8 determinanti antigenici, 6 in S1 e 2 in S2. La proteina S è risultata estremamente variabile, soprattutto la subunità S1. Numerosi sierotipi noti differiscono, infatti, tra loro per piu’ del 20% dei loro amminoacidi di questa proteina. La subunità S1 è responsabile della virus neutralizzazione (VN), dell’inibizione dell’emoagglutinazione (HI) e della differenziazione sierotipica (4). Con la PCR si va a ricercare ed amplificare proprio un locus genico della subunità S1, per potere determinare la presenza o meno dell’IBV.
Nel presente lavoro si è cercato di mettere a punto un efficace protocollo di lavoro per l’identificazione dell’IBV tramite PCR, e di conseguenza valutare la sua vera maggior sensibilità e specificita’ rispetto alla metodica classica, senza dimenticare la possibilità di ottenere una diagnosi in tempi più brevi.

18 Dicembre 2001

2001 – OSSERVAZIONI SUL RITMO ESCRETORIO DELLE OOCISTI IN TURDIDI IN CATTIVITÀ

Lo studio delle coccidiosi aviarie é molto antico e numerosissimi lavori sono stati pubblicati, anche riguardanti le specie di passeriformi selvatici.
La prima descrizione di Isospora dei passeriformi risale al 1893. In quell’anno Labbé riferì di aver isolato dal cardellino (Carduelis carduelis) un protozoo, che denominò Diplospora lacazii, in seguito indicato come Isospora lacazei. Da quel momento sono state pubblicate numerose ricerche sull’infezione da Isospora spp. nelle specie selvatiche, anche alcune relative alla presenza di un ritmo circadiano nella escrezione delle oocisti in alcuni passeriformi (1,2,4,6,7). Le prime osservazioni al riguardo furono fatte da Boughton (1), il quale segnalò la presenza di un caratteristico andamento nell’eliminazione delle oocisti nel passero inglese (Passer domesticus) ed in altri uccelli passeriformi. Questo Autore riuscì a dimostrare che con la normale condizione di luce diurna tutti gli uccelli esaminati mostravano più alti livelli di oocisti di Isospora spp durante le ore pomeridiane, mentre risultava invertita la comparsa delle oocisti in condizioni di luce artificiale, con buio e riposo durante il giorno e illuminazione durante la notte. Lo stesso Autore stabilì inoltre che il caratteristico ritmo di escrezione del parassita non veniva alterato da digiuno durante le ore del mattino o
del pomeriggio purchè fossero mantenuti normali periodi di luce o buio. Schwalbach (7,8) confrontando il ritmo di escrezione di Isospora ed il comportamento dell’ospite (passero e cincia) vi trovò un nesso profondo, fornendo anche importanti delucidazioni riguardo alla trasmissione dell’infezione coccidica. I passeri domestici sono uccelli gregari che si riuniscono durante le prime ore del mattino e nel tardo pomeriggio per raggiungere i luoghi di alimentazione, che vengono frequentati per più giorni consecutivi. Qui eliminano le feci più ricche di oocisti che vengono reingerite durante la toelettatura, i bagni di sabbia e l’assunzione di cibo. la massima escrezione di oocisti si ha spesso solo nelle ore notturne così che risultano infettati i loro giacigli abituali. Tutto ciò finalizzato a mantenere uno stretto rapporto ospite/parassita come successivamente confermato dallo stesso Autore anche nelle cinciallegre (Parus maior) e da Cringoli (4). Tutte queste osservazioni ci hanno stimolato a controllare se anche in altre specie di uccelli canori, come quelle del genere Turdus, comuni nelle nostre regioni, si verificasse lo stesso fenomeno.

18 Dicembre 2001

2001 – OSSERVAZIONI SULLA PRESENZA DI COCCIDI IN TACCHINI COMMERCIALI

Nel tacchino la coccidiosi è sempre stata valutata come un problema sanitario di entità ed importanza economica ridotta. Questa opinione è attualmente sottoposta a verifica critica alla luce del fatto che la selezione genetica, se da un lato ha migliorato le performance produttive dei soggetti, dall’altro ha reso gli animali più vulnerabili anche a patologie comuni (1, 3, 7). Inoltre la coccidiosi nel tacchino pare un’entità morbosa dai contorni non ben definiti. Infatti mancano sicuri rilievi di tipo clinico e alterazioni intestinali costanti (1, 2, 3, 5, 6, 9) e la diagnosi richiede necessariamente il riscontro microscopico di oocisti nel contenuto intestinale o nelle feci. Anche nella nostra situazione produttiva si verifica talvolta il sospetto che forme enteriche giovanili possano essere riferite a coccidiosi. Ciò soprattutto all’osservazione che il trattamento con Amprolium riduce la sintomatologia, come segnalato anche all’estero da Sandstrom (8).

18 Dicembre 2000

2000 – INDIVIDUAZIONE DELLA NUCLEOPROTEINA DEL VIRUS INFLUENZALE TIPO A IN CAMPIONI PATOLOGICI AVIARI CON TECNICA ELISA-SANDWICH

Durante l’epidemia di influenza aviaria che ha interessato le regioni del nord Italia negli anni 1999 e 2000, sostenuta da un virus tipo A H7N1, si è evidenziata la necessità di disporre di metodiche diagnostiche rapide per una prima identificazione virale. La metodica diagnostica ufficiale di isolamento ed identificazione virale, che richiede tempi di risposta più lunghi, si basa sull’impiego di uova embrionate di pollo SPF (UEP) spesso di limitata disponibilità per i laboratori. Tuttavia, essa consente l’identificazione del sottotipo virale.
D’altra parte, da tempo è possibile utilizzare una tecnica Double Antibody Sandwich ELISA, con anticorpi monoclonali, per rilevare la presenza della nucleoproteina del virus influenzale tipo A nel liquido allantoideo di uova embrionate inoculate con materiale derivato da diverse specie animali (suino, equino, aviare), uomo compreso. Notoriamente questa tecnica assicura elevata sensibilità e specificità e presenta una relativa semplicità di esecuzione; non consente però di giungere alla diagnosi di sottotipo per la quale si deve ricorrere all’inibizione dell’emoagglutinazione con gli antisieri corrispondenti.
Al fine di ridurre i tempi di risposta si è testato il metodo ELISA, anche a partire direttamente da campioni di visceri di volatili di diverse specie con sintomatologia clinica o comunque sospetti di infezione influenzale.
E’ comunque da sottolineare che gli esiti analitici al fine di una diagnosi di certezza, richiedono comunque la conferma tramite le metodiche ufficiali di isolamento ed identificazione virale.

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